09/11/2018

Spaghetti “saffici”: Lgbt è una moda. E Barilla la (e)segue

Potremmo dire che siamo alla frutta e invece no, siamo ancora al primo… e che primo! In salsa Lgbt, è proprio il caso di dire. Stiamo parlando degli “spaghetti saffici”, quelli che la Barilla ha presentato al Pasta World Championship: una gara culinaria svoltasi a Milano presso La Pelota il 24 e 25 ottobre, con  nuove confezioni di pasta (Spaghetti Nº5) disegnate da Olimpia Zagnoli. Il packaging, quantomeno di cattivo gusto (soprattutto per un’azienda alimentare come la Barilla, legata al celebre marchio del Mulino Bianco e ai celebri spot de La Famiglia del Mulino che rappresentavano una classica famiglia italiana dall’esistenza felice, immersa nel verde)  ritrae due donne una di fronte all’altra con uno spaghetto esce dalla bocca di una per finire nella bocca dell’altra. Ovviamente l’iniziativa sta meritando gli elogi sperticati del mondo Lgbt. Ormai da tempo, infatti, la Barilla è stata sottoposta a una sorta di “rieducazione” nel campo del marketing e della politica aziendale, ovviamente in salsa omosessualista.

Dopo lo tsunami mediatico che si era scatenato, qualche anno fa, contro l’amministratore delegato Guido Barilla, a causa di un suo timido pronunciamento ai microfoni del noto programma radiofonico La Zanzara, nel quale aveva osato dire che (si noti bene), pur essendo favorevole ai matrimoni gay, tuttavia la sua personale idea di famiglia rimaneva quella formata da un uomo e da una donna, l’azienda aveva subito un pericoloso boicottaggio e, neanche a dirlo, un linciaggio mediatico che l’avevano spinta per timore di un tracollo finanziario a piegarsi all’ideologia omosessualista, tanto che secondo il Corporate Equality Index, una sorta di  graduatoria stilata dall’Human Right Campaign che individua le aziende più gay friendly nel mondo, Barilla è da anni addirittura ai primi posti. Questo anche perché ormai si è rassegnata a far dirigere le proprie politiche aziendali da organizzazioni Lgbt come Catalyst, GLAAD e The 30% Club.

Insomma si può dire, a buona ragione, che la libertà di pensiero (intesa nel senso di libertà di ragionare), nel nostro Paese e non solo, costa e pure tanto! Ma, all’inverso, è sin troppo sottostimato il rischio di cadere nel ridicolo che si corre quando, per salvare capra e cavoli, ci si piega all’ideologia dominante, magari salvandosi la pelle, ma perdendo l’appoggio e il consenso dei consumatori di buonsenso.

Manuela Antonacci

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