30/10/2018

Trascrizioni: la famiglia non la fanno i Tribunali né gli Uffici di Stato Civile

Non più tardi di una settimana fa, ricordavamo l’approssimarsi dell’atteso pronunciamento della Corte di Cassazione che, a novembre, dovrebbe esprimersi sulle trascrizioni in favore dell’omogenitorialità, quelle cioè che riconoscono alcuni figli come aventi “due padri” o “due madri”. Segnalavamo pure, in quell’intervento, i tanti e non sempre coerenti precedenti che rendevano – e rendono – importante, per non dire fondamentale, questa sentenza, che sarà pronunciata dalle Sezioni Unite. Ebbene, non passa praticamente più settimana senza che essa non si renda particolarmente urgente.

L’ultima conferma in questo senso è venuta, nei giorni scorsi, dalla decisione del Tribunale civile di Milano con cui, con decreto, si è ordinato all’Ufficio di Stato civile del Comune di Milano di rettificare l’atto di nascita di una bambina nata negli Stati Uniti con la fecondazione assistita e la maternità surrogata, e di indicare entrambi i padri, due uomini italiani, come genitori, e non solo quello biologico. Un passaggio quest’ultimo che, se da un lato conferma la fondatezza della campagna di Pro Vita e Generazione Famiglia contro l’utero in affitto, dall’altro rimarca la necessità di un pronunciamento della Cassazione.

Un pronunciamento che c’è da augurarsi sia a breve e, soprattutto, si confermi rispettoso di un dato di realtà, e cioè il fatto che non spetta all’Ufficio di Stato civile del comune di turno chiarire come sia composta una famiglia. E questo sia perché la questione è antropologica prima che giuridica o amministrativa, sia perché la natura del matrimonio e del nucleo familiare da esso derivante non abbisogna affatto di essere scoperta ma, semmai, ri-scoperta, e quindi riconosciuta e valorizzata in contrapposizione a tante spinte che purtroppo vanno in altra direzione.

A questo proposito la citata decisione del Tribunale civile di Milano si configura senza dubbio come un tentativo – l’ennesimo – di ridisegnare i confini strutturali della famiglia aggiungendo artificiosamente, nell’atto di nascita di un figlio, quella presenza di un secondo genitore dello stesso sesso il cui limite più grande è, anzitutto, quello di essere falsa. Sì, falsa. Non perché i “due padri” non siano effettivamente presenti accanto alla bambina e magari pronti a fare del loro meglio, ma perché è lei, a pari di chiunque altro, che non può avere due padri essendo comunque figlia di una figura maschile e una femminile, che si dà il caso sia, quest’ultima, la donna che l’ha tenuta in grembo nove mesi.

Questo passaggio, l’origine di ciascuno da un nucleo composto da un uomo e una donna, deve essere ribadito con forza perché da un lato ne va del diritto dei bambini ad avere un padre e una madre e, dall’altro, esso non solo è naturale e non frutto di costruzioni sociali di alcun genere, ma risulta del tutto privo di alternative. Una delle grandi bugie di questi anni è infatti quella secondo cui, essendo l’”amore” a fondare la famiglia, esisterebbero tanti tipi di famiglie, tutti meritevoli di rispetto e soprattutto socialmente equipollenti tra loro.

Ma ciò non è vero, nel modo più assoluto. E non solo per via del già sottolineato diritto di ogni figlio a quel padre e a quella madre in assenza dei quali la sua crescita e il suo sviluppo ne risentirebbero, ma anche perché la famiglia cosiddetta “tradizionale” – quella composta da un uomo e da una donna uniti e aperti alla vita, o già con prole – costituisce un nucleo sociale che sotto tanti punti di vista (psicologico, educativo, economico, demografico) non ha semplicemente eguali. E contro questa evidenza, suffragata da innumerevoli riscontri scientifici e statistici, non c’è Ufficio di Stato civile che tenga.

Giuliano Guzzo

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