03/10/2018

Un brindisi alla vita, con Marco di Maio

Intervista all’imprenditore Marco di Maio, dell’azienda Centro Eventi and shop.

 Lei è l’ideatore della campagna Un brindisi alla vita con cui ha pensato di sostenere ProVita devolvendo una percentuale del prezzo del vostro Chardonnay in favore della nostra onlus. Come ha avuto questa idea?

Abbiamo studiato l’idea per un po’. Noi coltivavamo da tempo il progetto di sostenere le attività di una onlus impegnata a favore dei bambini e della famiglia. Potevamo dare un sostegno “base”, invece abbiamo deciso per questa forma di supporto che ci consente allo stesso tempo di lanciare un segnale a tutti coloro che entrano in contatto con la nostra azienda, stimolando la loro buona fede per aiutare gli altri. Il contributo alla vostra associazione era dovuto, perché condividiamo i valori per i quali vi battete, in quanto fondamentali per tutta la società. Io e il mio team ci siamo ritrovati, per lavoro, a un evento in occasione del quale un’azienda ha fatto una donazione a favore di un centro medico di oncologia pediatrica. Siamo rimasti molto toccati da quel gesto e abbiamo pensato quant’è importante che ciascuno di noi, compatibilmente con le proprie forze, si dia da fare per aiutare i bambini e le famiglie, che sono il futuro della società. Ci siamo perciò messi alla ricerca di associazioni che operano in questo campo ed è così che ci siamo imbattuti in ProVita.

Quali sono, secondo lei, le possibili forme di collaborazione tra imprese e onlus con cui sostenere le campagne a favore della vita e della famiglia?

Il bello è che in questo campo le possibilità spaziano a 360 gradi. Possiamo davvero intervenire attraverso qualsiasi tipo di iniziativa. Pensiamo ad esempio agli artisti; – noi gestiamo anche dei cantanti e ci occupiamo di sostenerli nella fase di esordio – ebbene, l’artista può mettere la propria arte, le proprie creazioni a disposizione di questa causa. Un cantante può incidere un singolo e pubblicizzarlo contestualmente alla causa portata avanti dall’associazione che intende appoggiare… La parte strettamente economica può essere coperta – come abbiamo fatto noi – dalla vendita di prodotti sponsorizzati; si può organizzare un evento, un convegno in cui convogliare più iniziative e focalizzare l’attenzione su diversi temi, unendo magari la dimensione gastronomica al discorso culturale. Le possibilità sono tante. In questo modo l’impresa può mettere da parte qualcosa di importante anche per le onlus.

Imprese e famiglie sono due facce della stessa medaglia: così diceva la pubblicità di una recente riunione di Confindustria. Lei che ne pensa?

Io faccio impresa per creare benessere. Con il benessere le famiglie stanno bene. E se stanno bene le famiglie sta bene lo Stato. Senza lavoro non c’è benessere: da questo punto di vista possiamo dire che lavoro e famiglia si intrecciano. Ma dirò di più. Io penso che il discorso può applicarsi anche alle onlus. Queste sono un grande motore sociale, come d’altra parte le imprese. Le due realtà sono direttamente correlate e hanno lo stesso obiettivo: costituire un sostegno, un punto di partenza. Le aziende, per dare lavoro ai cittadini e permettere loro di mantenere le famiglie, le onlus per aiutare chi è in una situazione di bisogno. In quest’ottica si può vedere che siamo tutti inseriti in una rete che ci lega gli uni agli altri.

Qual è, secondo lei, l’aspetto più importante che l’impresa deve curare per essere concretamente al fianco dei lavoratori-genitori nel sostegno alla famiglia (incentivi economici, gestione famiglia-lavoro...)?

Senza sottovalutare l’aspetto economico mi concentro di più sul discorso temporale: è importante lasciar fare esperienza ai giovani, perché senza di essa non è possibile acquisire le competenze necessarie a diventare una figura completa e pienamente formata. Ora, è importante avere le competenze per fare un determinato lavoro, così si dà all’impresa la possibilità di ottimizzare i tempi e il lavoro; e così facendo poi si affina l’arte, tanto del singolo quanto dell’azienda nel suo complesso. Il lavoratore sarà sempre più padrone di quello che fa e delle proprie capacità, diventando perciò un valore aggiunto per l’azienda. Io credo molto nel fatto che non esiste (non deve) il binomio padrone-dipendente ma piuttosto dirigente-collaboratore. Perciò di fronte a questo circolo virtuoso in cui l’azienda aiuta a crescere il lavoratore che a sua volta è poi indispensabile per l’impresa, dirigente e collaboratore diventano l’uno necessario all’altro. A questo punto mi sembra scontato che in un quadro del genere il lavoratore meriti tutto quello che l’azienda può dare: in termini e di retribuzione e di tempo.

Il presidente di Brazzale, un’azienda vicentina che ha lanciato un programma di aiuto ai lavoratori con figli appena nati, ha affermato: «Con l’iniziativa del baby bonus desideriamo non soltanto aiutare lo sforzo economico dei neogenitori ma, soprattutto, far sentire che l’azienda è felice quando riescono a realizzare i loro progetti di vita, che devono sempre restare in primo piano». Questo è un raro esempio di coraggio, anche perché lo Stato non aiuta le imprese. Secondo lei quale sarebbe il provvedimento più utile da questo punto di vista per aiutare l’impresa a sostenere la famiglia?

Io parto dal presupposto che l’impresa è una famiglia più estesa. Si lavora tutti insieme per un comune obiettivo e, come abbiamo detto, in questo modo le famiglie dei lavoratori hanno la possibilità di crescere e di vivere nel benessere. Del resto è su questa base che si fonda lo Stato: il suo sostegno è la famiglia ed è per questo che la sua politica deve essere rivolta a sostenere le famiglie. La questione fondamentale è sempre la stessa: ridurre le tasse e concedere incentivi alle assunzioni. A questo va aggiunto sicuramente il supporto al reddito familiare, perché se le famiglie guadagnano per poi dover dare una gran parte della loro ricchezza allo Stato, è evidente che c’è un problema. Il punto di partenza è capire che l’aiuto alla famiglia è sinonimo di aiuto alla società.

Vincenzo Gubitosi

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