Anche la Cambogia è un Paese dove “i ricchi un po’ meno ricchi” vanno a prendere l’utero in affitto di qualche poveraccia, per comprarsi un bambino “che costi un po’ meno”.
Infatti gli uteri più cari sono quelli Occidentali, quelli californiani. Più si va a Est meno gli uteri costano, perché la gente è più povera e più disperata.
Da ultimo anche la Cambogia ha vietato l’utero in affitto.
Il ministero della salute cambogiana ha diramato un avviso ai circa cinque fornitori di carne umana e mediatori che operano a Phnom Penh, informandoli del nuovo divieto e chiedendo tutti i professionisti di rispettarlo.
È vietata anche la vendita di sperma e da ora in poi le cliniche e i medici specialisti che forniscono servizi di fecondazione artificiale devono richiedere il permesso del ministero per poter operare.
Il governo non ha specificato quali sarebbero le sanzioni in caso di violazione, gettando un po’ di scompiglio tra i compratori in attesa che qualche schiava partorisca il bambino ordinato. Del resto la monarchia parlamentare in Cambogia ha appena vent’anni: non è un Paese che poggia le sue fondamenta sullo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e dei principi fondamentali della democrazia fanno molta molta fatica a farsi spazio. Basti pensare che – da vent’anni, appunto – il traffico di bambini e il turismo sessuale sono tra le più profonde piaghe sociali attualmente presenti.
Speriamo che la legge che vieta l’utero in affitto sia un provvedimento concreto, che contribuisca a un risanamento sostanziale del rispetto della dignità umana nel piccolo Paese del Sud Est asiatico.
In Italia, sapete bene, l’utero in affitto è illegale, ma la legge viene bellamente aggirata, grazie anche all’inerzia delle autorità preposte a farla rispettare. Per questo è importante firmare e far firmare la nostra petizione.
Redazione
Fonte: Bio Edge
#STOPuteroinaffitto: firma e fai firmare qui la petizione
contro l’inerzia delle autorità di fronte alla mercificazione delle donne e dei bambini