15/10/2018

Utero in affitto: la povera Erin, la buona Rachel, la piccola Scottie

Eccola qua: servita su un piatto d’argento dal Corriere della Sera la storia pietosa, il caso umano commovente e stracciacuore che serve a dare un’emozione forte a proposito di una pratica ignobile come l’utero in affitto.

Così vengono sollecitate le corde emotive del Lettore e la razionalità viene sopraffatta dal sentimento: «Povera Erin! Quanto ha sofferto! Quanto è buona Rachel! Che bel lieto fine!... bhè in questo caso l’utero in affitto non è stato un male...».

Scrive il Corriere: «Per anni ha tentato di avere un figlio, con nove inseminazioni artificiali, 600 iniezioni e sei aborti. Ma Erin Boelhower, 33 anni, residente in Illinois negli Stati Uniti non ha mai perso la speranza di coronare il suo sogno ed è scoppiata in lacrime quando la sua migliore amica, Rachel Checolinski, 34 anni, le ha donato una nuova vita, offrendosi come madre surrogata. Lo scorso gennaio due embrioni di Erin sono stati impiantati nell’utero di Rachel e a fine mese è stata confermata la gravidanza. La piccola Scottie è nata il 19 settembre scorso».

Mettiamo per un momento da parte le lacrime di commozione e accendiamo l’interruttore del cervello.

«Nove inseminazioni e sei aborti»

C’è un’imprecisione. Sono stati sei gli aborti subiti dalla povera Erin a gravidanza iniziata. Ma avendo fatto 9 cicli di inseminazione, i bambini morti sono stati minimo minimo 18. Senza contare che molto verosimilmente sono stati assemblati più di due embrioni per ciclo e alcuni sono stati scartati o sono andati persi nel processo di congelamento e scongelamento.

Che il numero di embrioni sia molto maggiore lo lascia presagire anche il dato delle 600 iniezioni che – come è verosimile – sono state necessarie alla stimolazione ovarica. La povera Erin se l’è rischiata di brutto (chissà se l’hanno informata dei rischi a lungo termine che conseguono l’iperstimolazione ovarica...), ma le hanno spremuto ovuli in abbondanza e verosimilmente qualche fratellino della piccola Scottie sta lì surgelato nel feezer. Metti che a “mamma” venga voglia di un altro bambino...

Quindi l'”amore” di questa mamma per i suoi figli è stato tale che, per averne uno, ne ha sacrificati per lo meno una ventina.

«Due embrioni»

Chissà poi se alla piccola Scottie racconteranno che aveva un fratellino gemello: anche lui andato perduto – scomparso davvero – in tutto l’ambaradan senza troppi rimpianti. Non sarà mica che l’hanno eliminato perché una gravidanza gemellare per la buona Rachel era obiettivamente troppo onerosa o adirittura pericolosa? O forse aveva qualche malformazione? Comunque va aggiunto un altro bambino al computo delle vittime.

«Le ha donato una nuova vita»

Possiamo credere – perché a pensar bene non si fa peccato – che la buona Rachel abbia davvero “donato” la piccola Scottie alla povera Erin. Allora non si tratta di “utero in affitto” ma di “utero in comodato gratuito”. Ammesso quindi che la buona Rachel non abbia visto un centesimo in cambio della piccola Scottie, resta però il dato reale: la bambina è stata regalata dalla madre vera a un’altra donna (madre biologica, a quanto pare: ma che vuol dire “madre” biologica? E’ un falso: la madre è chi partorisce. La donatrice di gameti non è una madre vera.) Un regalo di Natale, probabilmente, visto che la piccola è nata a settembre. Comunque, la piccola Scottie è stata trattata come un oggetto.

La frase usata da Cristina Marrone sul Corriere è ambigua e “neolinguesca”, cioè non vera. La buona Rachel semmai ha “donato la vita” alla piccola Scottie, come fa ogni mamma a ogni latitudine, in ogni tempo. Alla povera ErinRachel ha regalato una bambina, sua figlia, frutto delle sue viscere. Rachel è la madre di Scottie. E non vogliamo soffermarci a pensare cosa le sia passato nel cuore e nel cervello per i nove mesi in cui l’ha tenuta in grembo dicendo a se stessa: «Non mi devo affezionare, non è “mia” figlia». Ha senz’altro causato un forte stress a sé e alla bambina, producendo elevate dosi di cortisolo... (qui, la voce della scienza in proposito). Ora la sta allattando. Anche ora non vogliamo proprio essere nei suoi panni. Tra madre e figlio c’è davvero «un legame che mai nessuno potrà rompere», come dice la povera Erin alla fine.

... «un legame che mai nessuno potrà rompere»

Così afferma la povera Erin. E invece loro romperanno questo legame, quando la bambina-regalo verrà consegnata alla povera Erin. E quando la bimba strarà male, si farà male, litigherà con la mamma adottiva, dovrà fare danza piuttosto che pianoforte, la buona Rachel starà lì a guardare senza mettere bocca?

«Quando Scottie sarà grande le racconteremo quanto è stata importante Rachel»

Ciò vuol dire che le spiegherete che la buona Rachel è la sua mamma vera e che l’ha regalata alla povera Erin che voleva tanto un figlio? E come ci rimarrà la piccola Scottie? Forse capirà il trauma sofferto da piccola? Capirà il perché di certi disturbi psichici o dell’apprendimentoQuando sarà  staccata dalla mamma che l’ha partorita e in questo caso l’ha perfino allattata, come la prenderà? E per quanto tempo l’allatterà? Le si toglierà il seno tutto insieme o gradualmente? Chi lo decide? Dobbiamo sperare davvero che le due donne siano amiche per la pelle, perché di motivi per discutere e litigare ne verranno fuori parecchi. Ecco perché normalmente chi compra i bambini con l’utero in affitto li toglie subito alla madre, alla quale non li fanno neanche vedere.

«È scoppiata in lacrime»

No, cari lettori. Noi non facciamoci commuovere dalle lacrime di gioia della povera Erin. La pratica dell’utero in affitto, da qualsiasi punto di vista la guardiamo, è una barbarie sconfinata. Non facciamoci abbindolare dalle storie strappalacrime: Rachel non è “buona, è quanto meno una sprovveduta (e ci auguriamo per lei che riesca a superare il trauma che si è autoinferta); Erin non è “povera”: è un’egoista senza scrupoli (non poteva adottare un bambino bisognoso?).

Di “povera”, in tutta questa vicenda ce n’è una sola: la povera Scottie.

Francesca Romana Poleggi

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