06/04/2019

WCF 2019. Parla Donazzan: «È nata una “casa comune” per la famiglia»

Le famiglie italiane e l’associazionismo familiare escono vincenti dalla tre giorni del Congresso Mondiale di Verona, dimostrando una compattezza e che ha mandato in frantumi anche le critiche degli avversari più aspri. L’assessore regionale all’Istruzione e al Lavoro del Veneto, Elena Donazzan, è più che soddisfatta dell’evento, del quale è stata uno dei più attivi promotori e non le manda a dire a quanti hanno sparato a zero verso la manifestazione, senza conoscerne il vero programma e a quanti, all’ultimo, si sono tirati indietro. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, la Donazzan ha rivolto un elogio speciale agli organizzatori, in modo particolare, al presidente del Congresso Mondiale delle Famiglie, Toni Brandi.

Assessore Donazzan, che bilancio trae dalla manifestazione di Verona?

«È stato significativo aver costruito un fronte comune molto ampio sui temi della famiglia, in particolare sulla necessità di lavorare a politiche chiare per la famiglia naturale. Anche chi, in precedenza, pur avendo una sensibilità simile alla nostra, non aveva mai cooperato attivamente, adesso sente di dover condividere una serie di iniziative. Molti cercavano una “casa comune” e l’hanno trovata in questo Congresso e nelle associazioni che vi hanno partecipato, con tutte le sfumature che le contraddistinguono. Anche quando ci si è trovati sotto attacco, la compattezza non è venuta meno e la maggior parte non hanno avuto paura. Coloro che volevano spaccarci, hanno tentato di incunearsi tra noi, stigmatizzando i politici che sarebbero intervenuti, bollando vari partecipanti come estremisti e oscurantisti, da cui i più “illuminati” del Congresso avrebbero dovuto prendere le distanze. Tutto ciò non è successo e la grande sconfitta di chi ci odia è stato vedere che quel fronte ha tenuto.

Voglio approfittare per ringraziare gli organizzatori, a partire da Toni Brandi, che è stato molto attaccato, rischiando anche personalmente: quelli come lui non dovrebbero mai sentirsi soli.

Prima ancora di vedere il Congresso, i media avevano raccontato un film tutto in negativo, poi, una volta a Verona, si sono messi a cercare lo spillo nel cuscino di piume, la macchiolina nera nella camicia bianca ma non hanno trovato nulla di tutto ciò. Adesso, allora, siamo noi a poter dire loro: “siete pieni di pregiudizi, siete voi i veri oscurantisti”. Noi, al contrario, abbiamo dimostrato di saper dibattere sui nostri temi, ci siamo confrontati con esponenti internazionali, che, sul tema della famiglia, fanno meglio di quanto si faccia in Italia. Infine, domenica abbiamo portato in piazza una manifestazione bella, educata, rispettosa e sorridente: l’esatto contrario della contro-manifestazione del giorno prima. I nostri oppositori li ho trovati in primo luogo tristi ma era inevitabile: quando hai solo parole di odio e slogan volgari, non può venirti da ridere e nemmeno da sorridere».

Smentita dunque la nomea di “medioevali” e di nemici dell’emancipazione femminile?

«Sono stata al Congresso tutti e tre i giorni e mi pare che il discorso più ricorrente sia stato riguardo a quanto servano politiche per cui la donna non debba essere costretta a scegliere tra lavoro e maternità. La maternità attiene proprio alla donna che è l’unica – con buona pace di Nichi Vendola – che può generare figli. Sono stati molti i temi trattati ma non ho sentito proprio nessuno sostenere che la donna non dovrebbe lavorare e rimanere a casa con i figli. Durante il Congresso, qualcuno ha tentato di rimestare nel torbido ma non ha trovato nulla di tutto ciò, quindi quelle accuse sono rigettate al mittente».

Quali sono stati, a suo avviso, i discorsi più incisivi?

«Mi è sembrato molto efficace l’intervento di Giorgia Meloni: è una politica di razza e si vede. Ho trovato nelle esperienze politiche ungheresi un punto di riferimento e ho ascoltato con grande attenzione e interesse la tavola rotonda di Sallusti. In particolare, il professor Meluzzi ha detto una cosa che mi è piaciuta: abbiamo abdicato alla verità per il dialogo. Ma questo, aggiungo io, è avvenuto lì fuori, noi abbiamo avuto il coraggio di dire la verità.

Nel Movimento 5 Stelle, nonostante i tentativi di dialogo da parte dell’ala pro family e leghista del governo, permane un atteggiamento di chiusura totale, come confermano le ennesime dichiarazioni ostili di Di Maio…

«Si sono palesati per quello che sono: un movimento ideologico materialista di estrema sinistra. In loro vedo soltanto un’ideologia del consumismo, quindi li trovo molto lontani dal mio pensiero, sia per quanto riguarda la spiritualità che i principi non negoziabili. Quando ha usato la parola “sfigati”, Di Maio si è ridicolizzato da solo. Non è un linguaggio da vicepremier, io che, molto più umilmente faccio l’assessore al Lavoro, misuro ogni parola, anche quando devo dire un concetto che richiede una scelta un po’ più varia dei vocaboli da usare. Da ex rappresentante di Forza Italia, poi, ho trovato molto deludente anche la defezione dell’onorevole Tajani, che pure a ogni intervista dice che è cattolico e che tiene alla famiglia. Avrei voluto che quel giorno, in qualità di presidente dell’Europarlamento, fosse stato a Verona, perché è in Europa che ci aspettano le battaglie più grandi».

Luca Marcolivio

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