29/10/2015

A “Radio Anch’io” propaganda gay di prima mattina

Affinché un concetto passi, lo si sa, bisogna parlarne. Così, goccia a goccia, si annullano i tabù, si crea un apposito vocabolario, si invocano le predisposizioni genetiche o il diritto alla libera scelta, si dà ampio spazi a casi estremi, si approda alla discussione politica, finché... zac!, ecco la legge!

Nel passato questo percorso – che risponde a un preciso modello d’ingegneria sociale, The Overton Window («La finestra di Overton»), dal nome dell’ideatore – è stato messo in campo punto per punto per rendere accettati e poi legalizzati diversi temi sensibili: si pensi, su tutti, all’iter che ha portato alle leggi sul divorzio e sull’aborto.

Ultimamente questa stessa strategia è stata adottata per favorire l’introduzione dei matrimoni gay (per la neolingua, le “unioni civili”) e lo sdoganamento dell’utero in affitto (per la neolingua, la “gestazione per altri”). Ecco quindi spiegato perché oramai di questi temi si parla ovunque: nei salotti TV, mentre si è in fila alle poste, sulla metro intanto che si va al lavoro, eccetera. E tutti si sentono in dovere, oltre che in potere, di esprimere la propria opinione. Si gioca sul sentimento, sul senso di appartenenza a un mondo in continua rincorsa del progresso (o forse del decesso?), sul relativismo di pilatesca memoria per cui “Io non lo farei mai, ma...”.

Naturalmente in tutto questo i mass media giocano un ruolo fondamentale. Non ci dilunghiamo qui nel dimostrare come la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione sia asservita a logiche economiche e di potere totalmente avverse alla causa della famiglia naturale e della vita, perché sarebbe come dimostrare che le foglie sono verdi in estate. La questione è ovvia a chiunque voglia guardare la realtà senza paraocchi.

Quel che vogliamo fare è invece parlare brevemente del programma “Radio Anch’io” – in onda nella prima parte della mattina su Rai Radio 1 – che mercoledì 28 ottobre ha dato spazio a un (fazioso) dibattito sul matrimonio gay e sull’utero in affitto, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato sull’impossibilità di trascrivere, in Italia, unioni tra persone dello stesso sesso.

Ospite in studio Marilena Grassadonia, neo-presidente (dopo Giuseppina La Delfa) dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, cui si sono associati gli interventi in collegamento di Monica Cirinnà, Eugenia Roccella, Luigi Amicone, Francesco Belletti, Giovanni Maria Flick e Lucio Malan.

Il conduttore, Giorgio Zanchini, pur volendo sembrare super partes, non è riuscito a celare la sua posizione pro-gay. Basti sapere che le Sentinelle in Piedi sono state definite un “movimento oltranzista cattolico“...

matrimonio_si_gayIn ogni caso, sono due gli aspetti assolutamente fuorvianti su cui vorremmo richiamare l’attenzione, fermo restando che gli spunti emersi sono moltissimi e meriterebbero tutti un approfondimento.

Innanzitutto è importante fermarsi sull’affermazione di Monica Cirinnà secondo cui, con il suo disegno di legge, non s’intenderebbe introdurre in Italia il matrimonio gay. Affermazione cui Eugenia Roccella ha lucidamente replicato: “E’ un matrimonio. Basti vedere che sono state fatte scelte diverse per i conviventi eterosessuali e omosessuali. Se non è matrimonio, ma diritti per conviventi, non sarebbe necessaria alcuna separazione sulla base – discriminante – dell’orientamento sessuale“.

In seconda battuta è interessante notare come si sia subdolamente tentato di far passare la pratica dell’utero in affitto – nome cha dà tanto, tanto fastidio a chi ne porta avanti la legalizzazione – come “un atto d’amore” per una coppia sterile (omo o etero). Perché – ha affermato la Grassadonia – “la donna non è un contenitore di cui si affittano parti. [...] <Le donne> decidono in maniera assolutamente consapevole (sic!) che quello che stanno portando in grembo non è loro figlio, ma stanno facendo quest’atto d’amore per una coppia di papà, piuttosto che di una mamma e di un papà“.

Insomma, affittare il proprio utero è stato fatto passare come un gesto altruistico, quasi si facesse volontariato. Peccato che si stia parlando di persone: di donne e di bambini di carne. E peccato che dietro vi sia un business che rende gli individui pari a degli oggetti da baratto.

Tutti sono capaci di raccontare bugie sulla pelle degli altri. Ma ai bambini chi ci pensa? Altro che l’hastag #figlisenzadiritti lanciato dalle Famiglie Arcobaleno... qui ci vorrebbe una bella riflessione sul #dirittodeifigli ad avere una mamma e un papà e a crescere in una famiglia.

Questo il link per chi volesse ascoltare l’intera puntata di “Radio Anch’io”: http://www.rai.tv/dl/portaleRadio/media/ContentItem-795021cd-621c-4672-9e2f-7fd413804f73.html

Teresa Moro

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