14/01/2017

Abolizione dell’uomo? La sfida è epocale

Davvero magistrale la lezione di realtà impartita da Silvana De Mari al duo de La Zanzara. Cruciani e Parenzo poco hanno potuto eccepire alla cruda realtà di madre natura la quale, decretando che la generazione di nuove vite debba passare attraverso il rapporto sessuale tra uomo e donna, ha di fatto reso poco salubri – oltre che sterili – altri usi degli organi riproduttivi. Bene allora ha fatto la dottoressa Silvana De Mari a ricordare che il bios ha le sue leggi, che non necessariamente assecondano i fumi della nostra immaginazione.

Sarebbe un errore però pensare che sia sufficiente ribadire il dato di realtà per convincere chi vuole sovvertire la realtà. La logica realistica non vale per chi abbraccia una posizione rivoluzionaria. Un rivoluzionario sa benissimo «come stanno le cose». Sa che ci sono buchi in entrata e buchi in uscita. Ma non per questo si rassegna a seguire la direzione di marcia prestabilita. È precisamente l’immodificabilità di questo stato di cose quello che rifiuta. Il rivoluzionario conosce la “realtà delle cose” ma rifiuta di abbracciare la “verità delle cose”. Il “realismo” del rivoluzionario consiste nel “chiedere l’impossibile” alle opere dell’uomo. Oggi forse non è ancora possibile sovvertire le funzioni fisiologiche del corpo umano. Ma potrà dirsi lo stesso un domani, quando l’uomo sarà un cyborg?...

«Dopo ogni rivoluzione il rivoluzionario ci avvisa che la vera rivoluzione sarà la rivoluzione di domani», ci dice Gómez Dávila. L’essenza dello spirito della rivoluzione sta nel desiderio di propiziare un totale rivolgimento della realtà: il rivoluzionario attende un evento che non è ancora mai avvenuto, dunque reputato impossibile dal sentire comune. Chiedere meno che l’impossibile non è da rivoluzionari.

Oggi la rivoluzione non avanza più per mezzo delle grandiose e terribili ideologie politiche di un tempo. Adesso la rivoluzione avanza grazie alla tecnologia. Gli umili attrezzi d’un tempo erano posti al servizio dei bisogni fondamentali dell’uomo. Che facevano l’aratro, la carriola, la vanga, il carro che non fosse servire la vita umana permettendo all’uomo di procurarsi il nutrimento attraverso la natura? La tecnica postmoderna, invece, è al servizio del desiderio illimitato di potenza dell’uomo, che aspira a creare una realtà artificiale e sostitutiva. Non eleva più la natura mettendola in una relazione vivente con l’unico essere capace di spiccare sugli altri elementi della natura, piuttosto la violenta con brutalità.

Come fare allora per tornare al reale? Prima ancora che impegnarsi nella battaglia delle idee, che certo non va disattesa, il ritorno al reale esige che si coltivi il radicamento. Bisogna cioè creare condizioni di vita per mezzo delle quali l’uomo possa entrare in quotidiano contatto con la realtà, in primo luogo con la natura e con gli animali. E la tecnica deve tornare a essere funzionale a questo rapporto, non fungere da barriera separatrice.

«Tutto il pensiero della modernità che porta allo sradicamento trova una barriera inverosimile nell’uomo che vive con gli animali» (Giovanni Lindo Ferretti). C’è una profonda intuizione alla base di queste parole. È infatti nella misura in cui l’uomo perde la relazione organica e gerarchica con la natura e l’animale che viene sempre più “semplificato” e “naturalizzato”, cioè ridotto ad animale (la monade-animale di cui parla Alessandro Benigni). Così l’uomo, che non vive più con gli animali, deve vivere come gli animali.

C’è una maligna solidarietà tra l’animalizzazione dell’uomo e l’artificializzazione integrale dell’esistenza.

La natura umana, spiega Massimo De Carolis, possiede una dotazione biologica infinitamente più ricca, flessibile e complessa di quella richiesta da schemi comportamentali più rigidi e ripetitivi come quelli propri dell’istintualità animale (1). Per questo il cosiddetto “programma tecnoscientifico” mira alla «semplificazione dell’uomo» (2). Secondo questo programma il corpo umano deve progressivamente avvicinarsi alla macchina, fino a fondere le due realtà in un unico cyberorganismo. Ciò impone di semplificare i processi dell’intelligenza umana in maniera da sintonizzarli con le macchine e piegarli così alle esigenze funzionali delle tecnologie.

Le ricerche orientate al perfezionamento della comunicazione tra uomini e robot applicano pertanto il principio di semplificazione tipico del procedere scientifico, in forza del quale «si schematizzano i comportamenti umani per ridurli all’essenziale, cosicché la macchina sarà in grado di registrarli e imitarli» (3).

Questo processo, definito da Pietro Barcellona «neutralizzazione tecnica del mondo» (4), esige l’eliminazione di ogni struttura complessa, densa, costruita con arte e logica. La tendenza dominante impone di liquefare tutto ciò che, “addensandosi”, possa fungere da ostacolo alla semplificazione dell’umano. A cominciare dai corpi sociali più “solidi” (famiglia, tradizioni, classi sociali, antiche autorità, ecc.) (5).

La sfida è dunque epocale: la posta in palio non è altro che l’abolizione dell’uomo.

Andreas Hofer


(1) Cfr. Massimo De Carolis, La vita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Bollati Boringhieri, Torino 2004.

(2) Cfr. Jean-Michel Besnier, L’uomo semplificato, Vita e Pensiero, Milano 2013.

(3) Ivi, p. 31.

(4) Pietro Barcellona, Il ritorno del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1990.

(5) Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002.


#STOPuteroinaffittofirma e fai firmare qui la petizione 

contro l’inerzia delle autorità di fronte alla mercificazione delle donne e dei bambini

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.