13/05/2015

Aborto: l’olocausto bianco

La legalizzazione dell’aborto segna il ritorno di Re Erode: ha provocato “L’olocausto bianco”.

E’ questo il titolo dell’ottimo saggio di Enrico Pagano, edito da Il Cerchio: l’Autore ci ha inviato queste note di presentazione dell’opera che volentieri condividiamo con i nostri lettori.

Apprendo che in America le minorenni hanno bisogno di una speciale autorizzazione dei genitori, qualora vogliano recarsi in un Solarium. In compenso, hanno l’assoluta libertà di accedere all’ospedale per abortire (dal termine latino abortus, da ab-orior, “venir meno nel nascere, non nascere, morire”), per eliminare per sempre un essere umano: il proprio figlio.

In Italia vi sono leggi speciali che puniscono con pesanti ammende, e, a volte con il carcere, chi uccide i piccoli di alcune specie di animali. In compenso i piccoli umani, che valgono qualcosa in più, possono essere liberamente eliminati nei primi tre mesi, e, anche dopo, se solo siano malformati.

I costi? Nessun problema, paga tutto lo Stato, cioè noi, tu ed io!

Tra le recenti modifiche al codice della strada spiccano l’obbligo di soccorrere gli animali feriti e la possibilità di passare con il rosso – mettendo in pericolo la vita altrui – se si ha a bordo una bestiola contusa.

Che senso ha sanzionare l’omissione di soccorso ad un gatto, in uno Stato dove si autorizza e si finanzia la libera soppressione di un essere umano inerme ed innocente?

Esiste una differenza tra la vita di alcuni uomini, che pesa come montagne, e la vita di altri uomini, che pesa come piume, come sosteneva Mao? Esistono dei non-uomini, come affermava Hitler? L’uomo è riducibile ad un fatto economico, come sosteneva Marx? L’uomo discende dalla scimmia, come propugnava Darwin? L’uomo è semplicemente ed unicamente le sue pulsioni sessuali ed il principio del piacere, come argomentava Freud?

Qual è la posta in gioco?

Mi sento spesso ripetere : “Sul piano dei principi sono d’accordo con te, non si può eliminare un essere umano, ritengo, però che questa nostra convinzione non si possa imporre con la forza a qualcun altro”.

La libertà e la tolleranza per ciò che possono o non possono fare gli altri è indifferenza (falsa neutralità, perché finisce con il fare il gioco del soggetto più forte, specie quando si viola il cosiddetto “minimo etico”: non uccidere).

Da una parte, quindi, l’interesse dei più forti (i nati), dall’altra il diritto alla vita dei più deboli (i non ancora nati).

Bludental
I primi, con il loro potere assoluto, scelgono il futuro dei secondi senza il loro consenso.

Qualcuno è arrivato a definire i non nati non persone e l’attuale situazione di ultra-nazismo, dove le cliniche che praticano su larga scala l’aborto nulla hanno di diverso dai campi di sterminio ( Marshall McLuhan ).

Questo accade quando le cosiddette conquiste civili dei più forti violano i diritti fondamentali dei più deboli.

Quale clamorosa e mortale contraddizione affligge chi si è sempre battuto, a parole, per la giustizia e la solidarietà sociale, per l’uguaglianza tra gli uomini ma è, poi, puntualmente e regolarmente a favore dell’aborto e della sperimentazione e la manipolazione dell’embrione? Vale a dire contro il diritto fondamentale alla vita, degli esseri umani più deboli ed indifesi?

Malgrado le sterili acrobazie dialettiche, non potrà mai essere seria, autorevole e credibile una etica sociale che non sia preceduta da una autentica etica della vita.

Vi è poi il rischio che il linguaggio scientifico superi quello antropologico e umanistico, celando il vero soggetto da proteggere. Abbiamo mai sentito dire ad un ginecologo: “Signora, le si è impiantata una blastociste nell’utero”; “Signora, il suo prodotto del concepimento cresce regolarmente”?

Sono consapevole che qualcuno, al cospetto di queste dissertazioni, mi definirà subito e nell’ordine: intollerante, estremista, integralista, omofobo, fondamentalista, antisemita, nazista e, dulcis in fundo, persino feticista.

Qualcun altro, poi, giudicherà il mio aspetto dal “viso inespressivo”.

Di tutto ciò assai poco mi importa, essendo certo che, come sosteneva Uberto Scarpelli, filosofo del diritto e positivista, “il problema dell’aborto non è un problema marginale, né un problema puramente tecnico, ma è il luogo critico di una cultura intera, di una visione del mondo”.

Semplicemente, avverto l’obbligo morale di manifestare la mia contrarietà per una legge che suggella il primato del più forte sul più debole; in un paese nel quale si manifesta – giustamente – per la tutela dei beagle, dei panda e della foca monaca, mi è parso necessario dedicare tempo e risorse alla difesa dell’essere umano inerme che ha l’unica colpa di non essere ancora nato.

Compromessi, mediazioni e transazioni sulla pelle del prossimo più debole, non è possibile farne.

Finalmente – grazie ad un editore coraggioso – si esce da luoghi più o meno catacombali, e si grida pubblicamente questa scottante verità.

Enrico Pagano

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