26/01/2016

Aborto mal riuscito: i bambini muoiono tra i rifiuti

L’aborto è uno degli argomenti tabù per la nostra cultura mortifera, di moda e progressista.

Non se ne parla mai, e soprattutto, non se ne parla mai male.

Se si scoprisse che negli ospedali di una regione di un Paese moderno e progredito, come il Canada, per esempio, in dodici anni sono morti 216 bambini per incuria, quale scandalo ne sortirebbe?

Se si tratta di bambini sopravvissuti nonostante fossero destinati ad essere soppressi con l’aborto, invece, non ne parla proprio nessuno.

Lifenews riporta la cifra, 216, appunto, nella sola provincia del Quebec, nel periodo 2000 – 2012. Morti tra i rifiuti ospedalieri o sui tavoli operatori senza alcun tipo di conforto, né medico, né umano.

Il Presidente di Campagne Québec-Vie, Georges Buscemi, sottolinea che i ricercatori che hanno stilato il rapporto su tali dati sono molto più preoccupati di far notare che la mortalità infantile, al netto di quei 216 che evidentemente non devono neanche essere contati, è molto più bassa di quello che appare dai numeri.

Quindi quelli che rilevano un sensibile aumento della mortalità infantile nella regione suddetta, stiano tranquilli. La “colpa” è delle indagini prenatali sempre più sofisticate che evidenziano difetti nei bambini in modo più preciso e quindi inducono i genitori ad optare per l’eliminazione del prodotto difettoso: il Canada permette l’aborto legale anche a gravidanza molto avanzata e – si sa – quei piccoletti, dalle 20 settimane di gestazione in poi, sono più duri da far fuori di quanto sembra. Sopravvivono persino alle iniezioni letali che gli fanno quando sono ancora nel grembo materno.

In tutto il Canada, pare che siano circa 500 i bambini che hanno fatto quella brutta fine. Anzi, sono certamente molti di più: 500 sono quelli registrati dall’Istituto nazionale di statistica.

Il triste fenomeno accade ovunque ci siano norme che consento l’aborto tardivo, dopo le 20 settimane, quindi negli Stati Uniti, in Europa (nel Regno Unito per esempio) e nella nostra bella Italia. Dove la massima preoccupazione è quella di tutelare legalmente i medici: non sia mai dovessero risarcire il danno da “nascita non voluta” se il bambino sopravvive.

Quei piccolini, tra l’altro, il più delle volte non hanno la forza di sopravvivere a lungo. Ma la decenza vorrebbe che fossero accompagnati alla morte con un minimo di calore umano.

E invece no. Quando c’è di mezzo l’aborto – che neanche si deve chiamare aborto, ma IVG – non vale più la decenza. Non si riconosce l’umanità di un essere umano piccolo e indifeso. Sarebbe troppo imbarazzante. Perfino la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a Strasburgo, si è rifiutata di prendere in considerazione il problema: esiste il diritto a vivere (o a morire con dignità) per un bambino che nasce vivo perché il tentativo d’ammazzarlo non è riuscito?

Francesca Romana Poleggi

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