03/04/2015

Alla radice dell’ideologia gender – La scuola di Francoforte – IV Parte

Si conclude oggi la nostra indagine filosofica sulle radici del gender. Potete leggerne la prima parte qui, la seconda qua, la terza qui.

Un’ideologia che ha origini culturali vicine e lontane, ma nessuna le consente di mantenere ciò che promette: il caso della Scuola di Francoforte.

 «Timeo Danaos et dona ferentes» (Eneide II, 49)*

 

QUARTA PARTE

Come abbiamo visto, la dialettica proposta dalla Scuola di Francoforte intende condurre al superamento del reale, anche a costo di modificare la nozione stessa di realtà: reale non è più ciò che ci si para davanti nella sua incontrovertibile evidenza, ciò al quale dobbiamo adattarci in quanto dato oppositivo originario (e strutturante sia per l’io che per la società), ma piuttosto ciò che il principio di piacere determina, ciò che può essere trasformato dall’io e dalle sue voglie, ciò che non è mai dato di fatto ma solo e sempre interpretazione e racconto.

Da qui l’idea che un’autentica liberazione comporti anche la liberazione degli istinti, in modo che all’individuo possano essere restituiti il piacere e la felicità che egli ricerca immediatamente, senza opposizioni. Non a caso una delle tesi principali della Scuola di Francoforte è che nella società industrializzata ciò che importa è l’efficienza produttiva nel lavoro ed a questo scopo tutto è predisposto e regolato, compresa la sessualità, apparentemente liberalizzata ma in effetti rivolta esclusivamente all’appagamento fisico e perciò destinata a quelle manifestazioni perverse in cui è presente il sesso e quasi sempre è assente l’eros, cioè – sostengono in modo riduttivo i francofortesi –  l’amore.

Invece la libido, se fosse realmente liberata dall’ordinamento sociale repressivo, sublimandosi, si trasformerebbe in eros, in amore, di cui si arricchirebbe tutta la personalità individuale, e non sarebbe più localizzata in una sola parte del corpo. Questo nuovo tipo di società comporterebbe sicuramente un regresso psichico e sociale della libido, cioè un ritorno, per l’individuo, alla fase pregenitale e, per l’umanità, alle forme primitive di vita. Ma sarebbe anche una vittoria della libertà, dell’arricchimento interiore, della vera civiltà umana:

 BludentalLiberati dalla tirannide della ragione repressiva, gli istinti tendono verso relazioni libere e durature e generano un nuovo principio della realtà. Il sorgere di un principio della realtà non repressivo, che porti con sé la liberazione degli istinti, costituirebbe una regressione rispetto al livello di razionalità civile raggiunto. E costituirebbe una regressione tanto psichica quanto sociale: questa riattiverebbe fasi passate della libido, superate dallo sviluppo dell’io della realtà, e dissolverebbe le istituzioni della società entro la quale questo io della realtà esiste. Nei termini di queste istituzioni la liberazione degli istinti rappresenta una ricaduta nella barbarie. Se però dovesse aver luogo al livello più alto della civiltà e come conseguenza non di una disfatta ma di una vittoria nella lotta per l’esistenza e se fosse sostenuta da una società libera, questa liberazione potrebbe avere risultati molto differenti. Sarebbe sempre un rovesciamento del processo di civilizzazione, un sovvertimento della cultura – ma dopo che la cultura ha terminato la sua opera e creato un’umanità e un mondo atti ad essere liberi. La nozione di un ordine non repressivo degli istinti va saggiata anzitutto sul più disordinato di tutti gli istinti, cioè sulla sessualità. Proprio nella sua soddisfazione l’uomo doveva essere superiore, determinato da valori superiori; la sessualità doveva ricevere la sua dignità dall’amore. Col sorgere di un principio della realtà non repressivo, questo processo dovrebbe rovesciarsi. La regressione implicita in questo espandersi della libido si manifesterebbe anzitutto in una riattivazione di tutte le zone erogene, e quindi in una ricomparsa della sessualità polimorfa pregenitale e in un declino della supremazia genitale”.

Così Marcuse, sempre in Eros e civiltà. Che cosa avverrebbe allora, secondo Marcuse, in una società non repressiva con la sessualità resa veramente libera? In una società, in cui il senso, cioè l’istinto, non fosse più subordinato alla ragione calcolatrice, si instaurerebbe una forma di civiltà molto elevata perché la sessualità tenderebbe alla propria sublimazione. Essa infatti non sarebbe più esclusivamente al servizio delle funzioni genitali e della riproduzione ma ricercherebbe il piacere per se stesso, la felicità nel significato più ampio e più completo di questi termini e la libido da semplice sesso si trasformerebbe in eros.

Di conseguenza l’individuo, non più inserito in un meccanismo repressivo, che lo rende estraneo a sé stesso e ne distrugge le iniziative, si sentirebbe libero, leggero, animato da una energia fisica e psichica creativa che vuole espandersi nella costruzione armoniosa della propria esistenza e di quella di tutta la società, rivolto alla associazione con gli altri. Il lavoro cesserebbe di essere alienante, l’ambiente diventerebbe sereno, le malattie verrebbero vinte e debellate con facilità, la vita si svolgerebbe piacevolmente perché consentirebbe la soddisfazione dei bisogni e dei desideri:

“Abbiamo parlato dell’autosublimazione della sessualità. Questo termine significa che, in condizioni specifiche, la sessualità può creare rapporti umani di alta civiltà, senza essere assoggettata a quella organizzazione repressiva che la civiltà costituita ha imposto all’istinto. Per lo sviluppo dell’istinto ciò significa regredire da una sessualità al servizio della riproduzione a una sessualità in «funzione del piacere da ottenere da zone del corpo». Con questa restaurazione della struttura primaria della sessualità, il primato della funzione genitale è infranto – ed è infranta anche la desessualizzazione del corpo, che ha accompagnato questo primato. Ampliati in questo modo, il campo e l’obiettivo dell’istinto diventano la vita dell’organismo stesso. In virtù della sua logica interna, questo processo suggerisce, quasi naturalmente, la trasformazione concettuale della sessualità in Eros. Alla luce dell’idea di una sublimazione non repressiva la definizione freudiana dell’Eros che lotta per «formare la sostanza viva in unità sempre maggiori, in modo che la vita possa essere prolungata e portata a uno sviluppo più alto» acquista qui un significato più ricco. L’impulso biologico diventa un impulso culturale. Il fine genera i propri progetti di realizzazione: l’abolizione del lavoro faticoso, il miglioramento dell’ambiente, la vittoria sulle malattie e sul deperimento, la creazione del lusso. Tutte queste attività sgorgano direttamente dal principio del piacere e costituiscono allo stesso tempo un lavoro che associa l’individuo in unità maggiori”. (H. Marcuse, Eros e civiltà)

gender_rivoluzione sessuale
Il movimento hippy degli anni ’60 ha incarnato la “liberazione sessuale” teorizzata da Marcuse

Si noti lo slittamento continuo del concetto di amore: l’istinto  coincide  con  l’eros,  che  la  civiltà  classista  non  conosce  perché rende funzionale l’eros alla pura riproduzione del sistema. Nel capitalismo l’istinto è o genitale o è riproduttivo. Solo l’eros può superare i criteri dell’efficienza, della  produttività  finalizzata  al  profitto: un istinto erotico che è il principio del  piacere è conservato dalla memoria nell’inconscio:

“La  nostra  civiltà,  per  parlare  in  termini  generali,  è  fondata  sulla  repressione  degli  istinti.  La  civiltà  è  innanzitutto  progresso  del lavoro [….]. Poiché  la  civiltà  è  principalmente  opera  dell’Eros,  essa  è  innanzitutto  sottrazione  di  libido:  la  cultura  ricava  una  gran  parte  dell’energia  psichica  di  cui  ha  bisogno  sottraendola alla sessualità (Eros e civiltà).

E’ in questo quadro, insomma, che possiamo comprendere dove ci sta portando l’ondata rivoluzionaria viscidamente in atto da mezzo secolo a questa parte, un’ondata di Relativismo e Nichilismo dotati di una forza teorica senza precedenti, capaci di realizzarsi subdolamente nel mondo sociale come non è mai avvenuto nella storia dell’umanità. E’ solo in questo quadro che possiamo presagire dove ci porterà quest’ansia di liberazione dai vincoli, da ogni verità, da ogni struttura ed in particolare da ogni struttura strutturante, com’è la famiglia naturale.

I segnali sono già ben visibili:

Denatalità: L’Istat ci dice che il calo delle nascite nel 2014 ci ha portati al livello minimo dall’Unità d’Italia (5000 in meno rispetto al 2013, e per la prima volta il calo ha coinvolto anche le mamme straniere).

Aborto: (nel 2008) I dati Oms dicono che in un anno ci sono mediamente 44 milioni di aborti nel mondo. Nel mondo una gravidanza su cinque finisce con l’aborto.

Divorzio: Separazioni e divorzi in crescita. Il matrimonio dura in media 15 anni. Dati Istat: la tendenza è in continuo aumento. Nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2011 si è arrivati a 311 e 182. L’età media alla separazione è di circa 46 anni per i mariti e di 43 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 47 e 44 anni.

Eutanasia: I dati statistici nazionali riportano che in Olanda i casi di eutanasia nel 2012 sono cresciuti del 18% rispetto all’anno precedente e sono addirittura raddoppiati rispetto al 2006.

Eutanasia infantile: Lifenews ci informa che nel solo 2013, 650 bambini sono stati uccisi in Olanda (eutanasia infantile) perché o i loro genitori o i medici hanno giudicato insopportabili le loro sofferenze.

Conseguenze mediche della rivoluzione sessuale: Le conseguenze sanitarie della rivoluzione sessuale si incominciano a concretizzare all’inizio degli Anni Ottanta: sarcoma kaposi (dal nome dello scopritore, un dermatologo ungherese, patologia tumorale correlata all’Aids), della stessa Aids. Nel 1984, non a caso, vengono chiuse le Terme di San Francisco. Partono i programmi anti-Aids e tuttavia tra il 1992 e il 1996 l’Aids è la prima causa di morte tra i giovani statunitensi. Il business economico correlato è gigantesco: si pensi anche soltanto alle nuove medicine, ai nuovi vaccini, ai nuovi strumenti di cura. Affari grandi dunque per il cuore dell’impero, New York. Perché gli altri ormai contano poco o niente. All’AIDS va ad aggiungersi la ripresa virulenza, soprattutto tra i giovani, nei paesi sviluppati, delle altre malattie sessualmente trasmissibili.

Dunque, più che guardare a ciò che surrettiziamente l’ideologia gender promette e alla sua ansia di liberazione da ipotetiche schiavitù (accettate acriticamente come tali), mi sembra sia il caso di guardare più avanti, a cosa effettivamente questa rivoluzione antropologica porta con sé. Il dono, come sempre, può essere tutt’altro che buono.

*(… aveva ragione Laocoonte: meglio essere

sospettosi, quando vengono proposti certi doni)

Alessandro Benigni

 

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