16/12/2017

Amore, amicizia: viaggio nel cuore di Giorgio Ponte e Giairo

L’associazione “Lerici Domani” ci ha inviato un’intervista a Giorgio Ponte, a proposito del suo ultimo libro: Giairo.

E’ il secondo racconto della trilogia “Sotto il cielo della Palestina” del giovane e brillante scrittore palermitano e milanese per adozione, noto autore della commedia “Io sto con Marta!”, grande successo edito da Mondadori.

Dopo LeviPonte presenta Giairo catturando immediatamente il lettore con una trama ad alta tensione. Magistrale nella narrazione, ricco di colpi di scena dal forte impatto emotivo, Giairo ci trascina vorticosamente nel “luogo” più segreto di un uomo: il cuore. Tormentato dagli eventi di una vita che gli ha inflitto ferite profonde, Giairo vede affiorare il suo male lentamente ma inesorabilmente, in una escalation costante che culminerà nel colpo di scena più inaspettato, trascinando il lettore nella spietata e terribile lotta che vede il protagonista combattere insieme a Nathanael, l’amico di sempre. Sarà lui a tentare il tutto per tutto, mettendo a repentaglio se stesso per salvarlo. La situazione sembra precipitare finché sulla loro strada non arriva l’Unico dinanzi al quale ogni male deve ritirarsi.giorgio-ponte_amore

L’Associazione culturale “Lerici Domani” ha chiesto all’autore come mai la scelta di questo soggetto (Giairo e un omonimo del personaggio dei Vangeli).

  • La scelta è ricaduta su questo episodio, perché pur essendo raccontato in tre dei quattro vangeli, uno degli evangelisti lo descrive al plurale: nel racconto di Matteo la vicenda non coinvolge solo un uomo, ma due. Questo mi ha colpito. Mi sono chiesto: perché due? Bisogna premettere che ai tempi in cui ho scritto questa storia, stavo vivendo un’amicizia molto bella, che tutt’oggi continua, dopo più di dieci anni: la prima amicizia libera e in verità con un altro uomo. Un punto di svolta nella mia vita, dal quale ho iniziato a imparare come si ama senza possedere. Questo fratello aprì la porta a tutte le mie amicizie successive, insegnandomi con il suo affetto e la sua pazienza uno “stile” diverso, che per me è stata una liberazione rispetto a prima, quando ero troppo schiavo delle mie ferite per riuscire ad amare chiunque. Così ho deciso di raccontare la mia esperienza di liberazione data dall’amicizia, a partire da questo episodio, dove due uomini si trovano a condividere un destino comune di dolore, vendetta e redenzione.

Quale parte di te rispecchiano Giairo e Nathanael?

  • Chiunque scriva storie sa che in ogni personaggio c’è qualcosa di sé. Accade in modo inconscio, non previsto, anche quando si parla di personaggi realmente esistiti. Persino in Levi, per chi mi conosce personalmente, questo è evidente. In questo libro i personaggi sono meno, il che ha polarizzato di più certi aspetti di me. Riprendere questa storia a distanza di anni mi ha permesso, alla luce di quello che avevo vissuto nel frattempo, di capirne meglio il senso profondo. Soprattutto grazie a due amicizie più recenti molto importanti, di cui una ancora in corso. Giairo e Nathanael rappresentano due modi di amare. Il primo è l’amore che gode del bene dell’altro, ma non è consapevole del dono che l’altro è e della gratuità della sua presenza. È un amore più immaturo ed egoistico, che tiene sempre lo sguardo fisso sul proprio dolore e dà per scontato che ci sia qualcuno che si preoccupa di lui. L’amore ferito, che non si dona del tutto, che tiene a distanza, per paura di soffrire, pur godendo della presenza di chi lo ama. Nathanael invece rappresenta l’amore che sa donarsi senza chiedere. O meglio che si accontenta dello star bene dell’altro, come unica ricompensa per il proprio affetto. Che non vuole che l’altro sia perfetto, perché gli basta che ci sia: è felice solo di condividere la vita con lui, secondo ciò che l’altro riesce a dare. Io credo che si tratti di due aspetti presenti in ciascuno di noi. A fasi alterne siamo capaci di vivere ora l’uno, ora l’altro. Ai tempi in cui ho scritto la prima stesura della storia, con non poco orgoglio ritenevo di essere Nathanael. Ma oggi mi rendo conto che Nathanael è solo ciò che vorrei diventare: quello che vorrei essere capace di vivere, e di cui altri mi hanno fatto fare esperienza. L’amicizia fra questi due uomini è la speranza di una vita, ciò che tutti vorremmo: avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci ami anche se non siamo degni di amore. E se non tutti possiamo avere una moglie o un marito, certamente tutti possiamo avere almeno un amico. Qualcuno con cui testimoniare la bellezza di un amore gratuito così, che sia immagine di quello che Dio ha per noi. Un amore che apre agli altri, che libera e che non vive solo di se stesso. Giairo è un uomo che porta con se una grande sofferenza dal passato sebbene la vita nel presente gli stia offrendo ancora il modo di riscattarsi.

Come mai precipita nel buio?

  • Giairo precipita perché in realtà non ha mai reciso dal suo animo i sentimenti di rabbia, di rancore e di dolore che lo legano al passato. Non li ha vissuti fino in fondo per poterli lasciare andare. Il male che ignoriamo infatti, magari sminuendolo, ci rende schiavi nella misura in cui, non ammettendolo, non ci permettiamo nemmeno di perdonarlo. Come una ferita trascurata che si infetta e ammala l’intero corpo. Per quanto lo ignoriamo, esso permane e copre tutto il resto, impendendoci di vedere quanto bene ancora abbiamo da vivere. Giairo invece di essere grato per ciò che gli era stato donato, continua a trascinarsi nel dolore di ciò che ha perso, malgrado la vita gli stia offrendo la possibilità di una rinascita attraverso le persone che nel presente sono rimaste al suo fianco.

Ad un certo punto un evento fa precipitare la situazione. Giairo finisce incastrato in un tunnel senza uscita, ma quando lo capisce è troppo tardi. Perché? Può accadere davvero di ritrovarsi persi e non sapere come ci si è finiti?

  • Ciò che accade per Giairo è la conseguenza di un cammino graduale di dolori mai affrontati, espressi e quindi perdonati, i quali uno dopo l’altro si stratificano dentro di lui allontanandolo da Dio e dagli altri. Il passo successivo a quel punto è molto breve. Come chi arriva a meditare il suicidio: non ci arriva dall’oggi al domani. La morte entra nel suo cuore molto prima. E se non si apre quel cuore e si tira fuori quel male, nessuno potrà raccoglierlo, finché esso finirà con l’uccidere interiormente chi lo porta. La situazione concreta che conduce a fare un gesto del genere è solo l’ultimo passo. Lo stesso, in termini spirituali, accade per Giairo: per troppo tempo il suo spirito resta ancorato al proprio buio interiore, e nel momento in cui iniziava a intravedere una luce attraverso la presenza della moglie, esso subisce l’ultimo attacco, quello decisivo che lo trascinerà in un baratro. È allora che entra in gioco Nathanael, il quale sacrifica se stesso per amore dell’amico.

Una scelta consapevole, ma diremmo folle. Perché?

  • Nathanael affronta l’amico e la sua parte oscura sapendo benissimo che il nemico contro cui si sta schierando è più forte di lui, ma sceglie lo stesso quel destino perché per lui sarebbe insopportabile restare in disparte di fronte alla sofferenza di Giairo. Sa che se non può togliere quella sofferenza dalle sue spalle, almeno può aiutarlo a portarne il peso con la sua presenza. A volte è così: di fronte ad alcuni mali non possiamo fare altro che restare in silenzio con la nostra presenza impotente. Perché quella presenza è comunque qualcosa. La percezione del dolore infatti è tanto più grande quanto più restiamo soli nell’affrontarlo.

Una serie di avvenimenti e personaggi secondari, introducono l’arrivo di Gesù nella vicenda. Fra questi Urìa, un ragazzetto su cui ti soffermi a lungo.

  • Il personaggio di Uria ha lo scopo di stemperare la tensione del racconto, fino a quel momento molto intenso. Attraverso la sua presenza un po’ lieve si fanno accenni al contesto nel quale si svolge l’episodio in questione, e agli eventi che lo precedono nel racconto evangelico. Come per Levi, desideravo mostrare come ogni singolo fatto raccontato dagli evangelisti abbia avuto ripercussioni su molte più persone di quante se ne conservi memoria.

Rispetto a Levi, in questo racconto il tempo dato a Gesù è molto più lungo. Ti soffermi molto nel descriverlo in modo dettagliato.

  • I Vangeli ci forniscono un immagine di Gesù, per ragioni logistiche, parziale rispetto alla complessità della sua persona. Basti pensare che non viene mai raccontato nulla del suo aspetto fisico, ad esempio. Ciò che si è salvato nel resoconto dato dai testimoni della sua vita è stato selezionato secondo quello che si riteneva più importante trasmettere ai fini dell’annunzio. Questo a scapito di quegli aspetti più umani e “normali” che certamente Gesù, in quanto uomo, doveva avere, e che si intravedono per deduzione dalle situazioni nelle quali lo si trova coinvolto: lo scherzo, l’affettuosità, la goliardia. Nel libro ho cercato perciò di dare risalto a quegli aspetti più belli legati alla sua dimensione corporea, fisica, nella quale si manifesta la sua piena divinità. Particolarmente con l’abbraccio ai due protagonisti, ho raccontato la mia idea di paradiso: stare per sempre fra le braccia di Dio. Qualcosa di cui a sprazzi possiamo fare esperienza quando riposiamo tra le braccia di qualcuno che ci vuole bene. Gesù è seguito da una folla molto particolare, persone diverse per età, ceto ed estrazione sociale. Lui, il Re dei re, si propone da subito fuori dagli schemi. Questo invece è un aspetto molto rappresentato nel vangelo: la regalità di Cristo che si manifesta nel servizio; un autorevolezza che non viene sminuita dall’umiltà e un’umiltà che non nega la Sua divinità. Ho cercato di rappresentarLo così anche nella mia narrazione: la Sua autorità traspare da ogni suo gesto semplice, che in sé non avrebbe nulla di regale, ma che non viene meno perché essa Gli è propria per natura, né viene sminuita nell’accompagnarsi a gente dalla più diverse estrazioni e reputazioni, cosa anche questa che viene raccontata esplicitamente nei vangeli. È qualcosa di interiore che si legge in trasparenza in un umanità che è fatta di forza quanto di tenerezza. Come in Levi, anche in questo romanzo Gesù è l’unico di cui non conosciamo i pensieri, ma che viene mostrato attraverso gli occhi di chi lo incontra per la prima volta senza sapere chi è: è un uomo attivo, che si dà da fare, che guida gli altri nel fare le cose, mentre le fa egli stesso. Un vero maestro che insegna mostrando.

Al racconto dedichi una lunga parte conclusiva sul “dopo”: come mai questa scelta?

  • Ciò che conta, sia in Giairo, che in Levi è proprio il dopo. Quello di cui non si parla mai. Perché è nel dopo che si vedono gli effetti di un incontro di questo tipo. Se non c’è un cambiamento, quell’incontro rimane un episodio isolato all’interno di una vita che va avanti per forza di inerzia. Qualcuno diceva: “vorrei che ogni persona che incontro non fosse la stessa dopo avermi incontrato”. Con Gesù questo dovrebbe valere più che per chiunque altro. La differenza di estensione fra il “dopo” di Giairo e quello di Levi, nasce dal fatto che mentre in Levi ogni riconciliazione inizia prima dell’arrivo di Gesù, e il suo intervento serve “solo” a compierla, per Giairo e Nathanael il perdono e la riconciliazione partono dall’incontro con Lui, ma non si concludono lì. C’è un pezzo di cammino che loro devono fare, che non poteva venire omesso. Il rischio sarebbe stato di rendere “magico” un intervento che invece ha bisogno della collaborazione dei protagonisti per compiersi e che altrimenti non sarebbe stato realistico. Come in ogni conflitto: Dio può intervenire, ma se non c’è la volontà delle due persone di ritrovarsi, nemmeno Lui da solo può forzarli. Giairo e Nathanael sono stati salvati, ma se non affrontano tutti i non-detti tra di loro, questa resterebbe una liberazione a metà. Solo perdonandosi possono sanare fino in fondo il loro male. Ma per perdonarsi devono prima ammettere che un male ci sia stato, per quanto non fosse volontà di nessuno dei due. E questa è una verità che ogni uomo è in grado di riconoscere. Infatti forse non tutti hanno fatto esperienza di un incontro con Dio, ma tutti possono fare esperienza della pace che viene dal perdonare e riconciliarsi: e questo ha qualcosa di talmente grande da risultare soprannaturale, anche per chi in quel soprannaturale non ci crede ancora.

Sia Giairo che Levi sono ordinabili in tutte le librerie del circuito Mondadori e Feltrinelli sotto l’etichetta “Youcanprint”, oppure si possono acquistare su Amazon o Ibs, sia in formato cartaceo che digitale. I libri di Giorgio Ponte sono inoltre disponibili su iTunes e Kobo, come ebook.

Associazione Lerici Domani


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