14/12/2016

Amore: il principio del «terzo incluso», il dono e la famiglia

L’amore umano è un mistero. Ma è un mistero munito di leggi. Una di queste, la fondamentale forse, corrisponde al principio che Gustave Thibon denominava del «terzo incluso». Anche Platone lascia intendere che nell’amore umano vi deve essere un «terzo», un terzo essere più o meno equivalente alla somma dei due amanti: la relazione, il legame che li unisce.

Senza il «terzo incluso» l’amore degrada in mediocre egoismo a due.

Triplice, non a caso, è anche il ciclo del dono: dare, ricevere, ricambiare. Solo un Dio è capace di dare senza ricevere nulla in cambio. Un Dio che se avesse dei bisogni sarebbe un Dio manchevole di qualche perfezione. Un Dio che non sarebbe più un Dio. S’è mai visto un Dio bisognoso di qualcosa?

Ma per l’uomo, né angelo né bestia, vale diversamente. In noi convivono il bisogno e la magnanimità: il bisogno di ricevere e il desiderio di donare. Perciò le più profonde relazioni umane danno luogo a legami organici: esigono lo scambio, invocano un nutrimento reciproco. Così gli affetti sono fatti non soltanto per essere donati, ma anche per essere ricevuti.

Anche il dono, come l’amore, è al tempo stesso mistero e regola. A differenza delle regole del mercato la magia del dono però può attivarsi soltanto se le sue regole non vengono esplicitate. Svelare il mistero del dono equivale già a vanificarne i prodigiosi effetti.

C’è un luogo privilegiato del dono (e dell’amore). È la famiglia, sede di quegli affetti forti e leali che possono saldarsi solo col cemento della fedeltà. La famiglia nasce dal dono: dal dono reciproco di due estranei che si alleano nel matrimonio, dal dono di nuove vite consentito dalla loro unione intima e carnale. Ma anche gli scambi tra genitori, figli e fratelli si svolgono all’insegna del dono. Questo è tanto vero che se volessimo comprare la fedeltà di un fratello già sentiremmo, in quello stesso momento, di aver profanato qualche cosa di sacro. Il denaro, contrassegno di relazioni anonime, tra individui ignoti, scaccia il dono. Non c’è moneta per l’amore paterno, materno o filiale.

Chiara Corbella_vita nascente_amore cristiano_amoreÈ riduttivo dire che il principio del «terzo incluso» permette la formazione di una famiglia sana. Siamo più vicini al vero quando diciamo che la crisi del dono mette in pericolo la sopravvivenza stessa della società umana.

Basta pensare a cosa è successo quando, circa cinquant’anni fa, si è voluto escludere il «terzo incluso». Quando la famiglia è diventata coppia.

La mutazione genetica è stata epocale. La famiglia è una unità superiore alla somma delle singole parti. Nella coppia, per contro, si impone una specie di narcisismo a due: l’«io» precede il «noi». Per dirla con le parole di Giorgio Gaber, la coppia termina col venir meno dei brividini del cuore. Qui il sentire precede l’essere: quando non si «sente» più nulla, l’amore è finito.

Col «terzo incluso» è entrato in crisi anche il dono. La cultura del narcisismo ha creato una gigantesca civiltà della previdenza impegnata ad assicurare all’individuo una vita lunga e confortevole. Il dramma è che l’homo comfort, il tipico prodotto della società della previdenza universale, non vede ragioni per dare la vita ad altri esseri umani. Come non vedere in ogni nuovo venuto, alla luce di questa ottica spietatamente individualista, altro che un pericolo? Il figlio non viene forse a derubarci del nostro benessere? E gli sforzi per metterlo al mondo e crescerlo cosa sono se non una minaccia alla nostra prospettiva di «vita lunga»?amore_sesso_omosessualismo

Non è speculazione, non è immaginazione. È la cruda realtà dei fatti. È quanto accade in Occidente, dove si vive sempre di più (la longevità è passata dalla media di 30 anni in età pre-industriale agli oltre 70 di oggi) ma si nasce sempre di meno. Tutto un sistema di “previdenza” è stato costruito per difendere la società dalla “minaccia” dei neonati con sistemi di contraccezione sempre più raffinati.

È la prova provata che narcisismo e individualismo incupiscono tutto ciò che nobilita l’esistenza umana: la gioia, lo slancio, il coraggio. Il ripiegarsi egocentrato è caratteristica senile, è quella eccessiva prudenza volta alla custodia di se stessi che subentra di regola quando vengono a mancare la freschezza e la baldanza giovanili. Non si rischia più nulla, non essendoci nulla di più alto del proprio «io». L’amore umano avvizzisce in assenza di slancio. Senza un «terzo incluso» non si può donare la vita.

Andreas Hofer


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