11/06/2019

Analisi del Testo “Maschio e femmina li creò”: il pensiero della Chiesa sul gender

Da qualche anno a questa parte, in cui l’emergenza educativa si è fatta sempre più impellente, i vescovi e la Chiesa in generale hanno cominciato a interrogarsi sempre di più sulla questione del gender, diventata anch’essa un’emergenza, considerato il dilagare, negli istituti scolastici, di numerosi progetti “educativi” veicolanti tale ideologia ad alunni di scuole di ogni ordine e grado (spesso a partire dagli asili!).

Diverse domande sono state poste da parte dei Pastori alla Congregazione per l’Educazione Cattolica per capire la posizione che sia le scuole sia le università cattoliche sono tenute ad assumere riguardo tale argomento. Per questo, proprio durante i lavori dell’Assemblea Plenaria della Congregazione, nel febbraio 2017, si è deciso di affidare a uno scritto il pensiero della Chiesa su questo delicato argomento. Stiamo parlando di Maschio e femmina li creò. Scorrendolo si legge subito una denuncia del pericolo del “disorientamento antropologico”, a causa del clima culturale del nostro tempo che ha fortemente contribuito a «destrutturare la famiglia» e ad affermare «la tendenza a cancellare le differenze tra uomo e donna, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale». 

Ancora più chiaramente viene affermato che la missione educativa si trova di fronte alla sfida che «emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata Gender che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e  femmina. L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo».

Dunque una visione dell’uomo e della donna contraria a quella cristiana. Infatti, come si riporta a chiare lettere nel documento, «la visione antropologica cristiana vede nella sessualità una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare  con  gli altri,  di  sentire, di  esprimere e di vivere l’amore umano. Pertanto, essa è parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo. Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società». Pertanto «l’educazione affettivo-sessuale deve considerare la totalità della persona ed esigere quindi l’integrazione degli elementi biologici, psico-affettivi, sociali e spirituali».

Inoltre, premettendo che «l’educazione all’affettività ha bisogno di un linguaggio adeguato e misurato», vengono individuate poche istanze che possono essere prese in prestito dagli studi di genere: una di queste è che ai bambini e ai giovani si insegni a rispettare ogni persona nella sua peculiare condizione, affinché nessuno, a causa della proprie condizioni personali  (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa essere discriminato e maltrattato. E lo stesso varrebbe per la pari dignità tra l’uomo e la donna che nell’ambito della missione educativa, come si legge nel documento, va approfondita e sottolineata. Insomma la non discriminazione deve riguardare tutti gli esseri umani e non solo “categorie protette”, perché non ci siano alcuni più uguali degli altri e per evitare le solite strumentalizzazioni del tema serio del bullismo, usato spesso come cavallo di Troia per introdurre proprio l’ideologia del gender.

Manuela Antonacci

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