12/09/2013

Anche nei “pof” piani di offerta formativa, entra il delirio omosessualista

Settembre, tempo di POF. Il Piano dell’Offerta Formativa tiene impegnati  gli insegnanti  in questi giorni  di ripresa dell’anno scolastico. Un impegno importante che vede i  consigli di classe  programmare   il lavoro  dell’intero anno scolastico,  nei contenuti,  nelle discipline  privilegiate, in quelle aggiuntive, nelle azioni  di continuità, orientamento, nell’articolazione modulare etc. etc.  Il Piano dell’offerta formativa è infatti “la carta d’identità della scuola: in esso vengono illustrate le linee distintive dell’istituto, l’ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività”, come si legge nell’area Istruzione del MIUR, il ministero appunto dell’istruzione, università e ricerca.

Da quest’anno i docenti  avranno per la stesura del POF un aiuto insperato. Lasciatoci in eredità  dall’abbraccio Fornero Profumo, rispettivamente ministri  del Lavoro e dell’Istruzione del governo Monti di triste memoria. Si tratta del Protocollo d’Intesa  stilato tra i due nel  gennaio 2013 “Contro la Violenza e le Discriminazioni” dove,  in nome dei diritti della persona, il rispetto verso gli altri, l’educazione alla legalità e via discorrendo, tra le tante forme  possibili  di violenza e discriminazione, che da sempre la scuola  combatte, trova un posto preminente quella  che prende  di mira  l’orientamento sessuale, l’omosessualità, la transessualità, l’identità di  genere.

Insomma, la scuola deve insegnare, d’ora in avanti, che omo è bello e che a nessuno è consentito affermare il contrario, pena l’essere tacciato di  discriminazione o violenza. I signori docenti ne prendano atto e adeguino il POF  a questo nuovo vangelo.

In aiuto  di  quanti di essi  si sono trovati un po’ disorientati e sprovveduti  a tale  bisogna  è corsa  la RE.A.DY Rete Nazionale  delle Pubbliche Amministrazioni anti discriminazioni  per l’orientamento sessuale ed identità di genere  in cui  collaborano  ovviamente  con tutto il loro peso  gli  Enti Regione  e gli  Uffici Scolastici Regionali,  che ha elaborato veri e propri percorsi formativi ed educativi (si fa per dire) cui possono attingere   gli insegnanti. Si chiama Move Up-Destinazioni alternative  quello che  in Piemonte è stato inviato a tutti i dirigenti scolastici  e agli insegnanti   dotati di posta elettronica  (ricevuto anche dalla sottoscritta  ancorché in pensione da qualche anno), ma sicuramente  anche le altre Regioni non saranno state da meno e si saranno attivate per  supportare i docenti in difficoltà sul tema.  Elaborato per  scuole  secondarie di secondo grado, Move Up mette  in soffitta i  due sessi  biologici  e dà ovviamente per acquisito con certezza apodittica  il concetto di  orientamento sessuale.  Indica  come strumenti per l’approfondimento  manuali e pubblicazioni di associazioni LGTB, che possono essere anche  interpellate direttamente e chiamate in classe. A insegnare  l’how to?  Mah. Ugualmente, tra i partner da interpellare è indicata l’AGEDO, Associazione di genitori di omosessuali (soddisfatti di esser tali…), mentre, nel più perfetto  sprezzo  del  pluralismo scolastico che informa tutto il progetto e  che raccomanderebbe di sentire tutte le campane, non si fa parola dell’AGAPO, associazione di  genitori di omosessuali che cercano aiuto  per  guarire.

Incuriosiscono  molti punti di questa guida POF. Quale attività  per allievi/e  da compiersi  nell’anno scolastico, tanto per fare un esempio, si dovrà inserire per l’aumento della sensibilità  e della conoscenza  in tema di orientamento sessuale?

Si potrebbe continuare, ma non è il caso. L’unica nota positiva è che per quest’anno l’applicazione di tale programma aberrante è facoltativa. Se il parlamento italiano arriverà ad approvare la legge sull’omofobia, rifiutarsi alla eventuale richiesta di un dirigente scolastico di introdurre nel POF le schifezze di cui sopra, comporterà per un insegnante  la condanna per omofobia. Con buona pace  della libertà di educazione.

di Marisa Orecchia

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