29/12/2013

Bambino, ti va di morire?

Non possono guidare un’automobile, a volte nemmeno un motorino. Certamente non hanno diritto di voto. Ma possono decidere sulla loro morte.

Questa la paradossale, l’assurda, l’inconcepibile quanto folle ultima frontiera dell’eutanasia: quando la cosiddetta “dolce morte” arriva anche per i bambini, come nel caso belga di cui si sta discutendo in questo periodo, come ci si dovrà muovere le il consenso del paziente? In altre parole: quali sono le procedure per chiedere ad un bimbo se vuole morire?

Di base si prenderà a modello quanto accade per gli adulti e di lì ci si muoverà per analogia.

Si dovrà stendere un protocollo da seguire, con misure di salvaguardia da rispettare. Si dovrà inoltre sondare la capacità di comprensione del bambino su quanto sta accadendo. Dovrà essere stabilito un metodo d’approccio con il piccolo (tramite l’utilizzo di un opuscolo informativo, discussione informale con il bambino relativa alla sua prognosi ed alle opzioni mediche che gli si prospettano…) per poi certamente presentare la possibilità di procedere con l’eutanasia.

Tre saranno gli attori in campo: il bambino, i genitori ed il medico.

Di fronte ad un discorso analogo possiamo solo immaginare cosa possa passare nella testa di un minore, anche di giovanissima età, quante domande, quanti sottointesi, quante paure. Quanta la sensazione di abbandono. “Stanno dicendo che dovrei prendere la strada dell’eutanasia?”, “Pensano che la mia vita è senza speranza e non vale la pena di viverla?”, “Credono che io abbia sofferto abbastanza?” oppure “Mi prospettano l’eutanasia come scelta eroica?”.

Il sol prospettare l’eutanasia ad un bambino comporta non solo distruggere le sue certezze relazionali e di vita, ma anche mettergli in mano una pistola carica.

E poi i genitori. I genitori saranno interpellati prima o dopo il bambino? Non si sa ancora. Nel primo caso, il bambino andrebbe a trovarsi segnata una predestinazione della sua vita, scritta dalle persone che dovrebbero difenderlo a tutti i costi; nel secondo caso, si potrebbero anche trovare a dover anche contraddire il volere del proprio figlio. Quindi? Si prospetterebbe una sorta di “emancipazione” per liberare il piccolo dal volere dei genitori: strada già intrapresa e prevista nel diritto belga.

In ogni caso, genitori e figlio, dovranno ricevere informazioni sulla diagnosi, prognosi e sull’opzione eutanasia da una figura professionale: il medico. Questa non si configurerà come una mera discussione su valori neutri, come la scelta del film da guardare. Anche mettendo in campo tutte le proprie convinzioni, quando parla un medico ci si approccia ad ascoltare un parere professionale, investito convenzionalmente da un’aurea di invincibilità impropria ma efficace.

Non sarà mai, quindi, una scelta del bambino, né dei genitori. Rimarrà la decisione del medico, anche se non cogente, certamente quella di maggior impatto e con gli effetti più certi.

E se proprio si volesse dirla tutta, e ci si dovesse –come si diceva prima- muovere per analogia, sappiamo come nei Paesi Bassi l’eutanasia per gli adulti non viene prospettata come “ultima spiaggia” ma come un’opzione tra le altre. Chi ci può garantire che ciò non accadrà anche per i bambini?

Si deve vigilare su questa spirale di morte, affrontando temi anche pesanti, argomenti che possono fare male, questioni che ti rovinano la giornata (e non solo). Ma se ne deve parlare altrimenti l’effetto domino è garantito.

Redazione

Per saperne di più, leggi l’articolo in inglese pubblicato sul National Right to Life News.

 

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