27/12/2015

Bioetica e filosofia morale nel terzo millennio

David S. Oderberg è Professore di Filosofia presso l’Università di Reading, nel Regno Unito, e si è interessato spesso di bioetica, che a suo avviso della filosofia morale è – e deve essere – parte integrante.

Xavier Symons, vicedirettore di BioEdge, gli ha fatto un’intervista che ci ha offerto diversi spunti interessanti di riflessione sulla bioetica nel terzo millennio.

Per esempio la considerazione che i bioeticisti piegano la filosofia al fine politico che mirano a raggiungere piuttosto che alla ricerca della verità.

Tra i tanti, pone l’esempio del dibattito sulla eticità della sperimentazione sugli embrioni, nel Regno Unito: una volta deciso dalle autorità governative che andava fatta, si è andato alla ricerca di “filosofi” disposti a giustificare eticamente la cosa.

Un’altra posizione che il professore trova estremamente contraddittoria a livello concettuale è il voler distruggere un male, una patologia, una disfunzione, eliminando in primis il paziente medesimo. E’ il ragionamento di chi sostiene l’eutanasia per porre fine al dolore, l’aborto “terapeutico” per risolvere l’handicap o qualche altra menomazione. E’ un po’ come se si volesse curare il mal di testa tagliando la testa al paziente.

Il dovere primario dei professionisti del settore sanitario è quello di curare, assistere, alleviare le sofferenze delle persone, non eliminare le persone stesse. I bioeticisti che sostengono che si possa “curare” attraverso l’eutanasia e l’aborto, in realtà non hanno alcuna intenzione di “curare”.

Ciò porta a considerare che molto spesso si confonde ciò che è bene per una persona e ciò che è bene per qualcun altro, sia esso la famiglia, la comunità, o la società nel suo insieme. Dato che l’assistenza e la cura sono i compiti primari dei medici, questi devono tendere al bene del paziente, del malato, e non di altri soggetti. L’idea che il malato possa essere un “peso” per la società, o un “dolore” per la famiglia, non può prevalere sul primo dovere di diligenza del medico che è quello di prendersi a cuore il paziente, curarlo ove possibile, o fornirgli delle condizioni di vita il più confortevoli possibile (terapie del dolore, cure palliative).

Un altro esempio di grave confusione e incoerenza intellettuale è nel campo della “alimentazione e idratazione artificiali”, che una volta si chiamavano cibo e acqua. Nutrire le persone e dare loro acqua, quando da sé non riescono a procurarsene, è un gesto di umanità puro e semplice.

Ma dopo che alcuni bioeticisti, al servizio di interessi politici ed economici neanche troppo nascosti, hanno spinto per la medicalizzazione della cosa, la neolingua immediatamente ha “disumanizzato” la questione con una bella sigla “ANH” (artificial nutrition and hydration), e ormai si discute freddamente di “ritiro dell’ANH”, come se si trattasse di una procedura medica, quando si decide di far morire di fame e di sete un paziente.

La stessa funzione hanno avuto tante altre belle espressioni della neolingua volte, appunto, a prendere cinicamente distanze emotive da bambini (feti, prodotti del concepimento) o da pratiche eticamente molto discutibili come l’utero in affitto (surroga, gestazione per altri, GPA).

Un altro errore da “sofisti ignoranti”, secondo Oderberg, è quello di credere che sia naturale tutto ciò che accade nella realtà, come i comportamenti istintivi dell’individuo, e che tutto ciò che così definito “naturale” sia buono o giusto (mentre ciò che non è “spontaneo”, istintivo è innaturale e perciò è sbagliato o cattivo).

Piuttosto, un pensatore che sia degno di tale epiteto definisce naturale ciò che soddisfa la natura umana in quanto realizza la dignità dell’uomo che per sua natura è molto al disopra degli animali, delle piante e delle cose. Perciò non sarà mai secondo natura la soppressione della vita umana, soprattutto quella innocente, perché la vita umana è un sommo valore in sé, non è un mezzo che serve a realizzare dei fini (il piacere) che possono essere raggiunti o meno.

Per questo non potrà mai essere eticamente accettabile il perseguimento del bene di un individuo o di un gruppo calpestando la dignità o la vita di un essere umano (si pensi alla fecondazione artificiale, all’aborto, all’utero in affitto). Il bene della comunità deve essere dato dal bene dei singoli individui che la compongono.

D’altro canto, la natura dell’uomo è per se stessa imperfetta, in quanto finita: quindi non è eticamente lecito (ed è innaturale) far violenza agli individui non perfetti. Non è lecita l’eugenetica, in nessuna delle sue forme, ma neanche la chirurgia estetica fine a se stessa, cioè che non abbia benefici funzionali (per il fisico dell’individuo) ma sia solo la ricerca della perfezione secondo canoni estetici discutibili e soggettivi. 

Insomma, l’intervista al professor Oderberg ne lascia di spazio per la riflessione. Si può anche non condividere in tutto le sue conclusioni, ma fa comunque bene pensarci un po’ su.

Francesca Romana Poleggi

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