06/08/2017

Charlie – Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere

A proposito di Charlie la Redazione ha ricevuto dalla responsabile del Comitato Difendiamo i Nostri Figli di Verona un brando che si intitolava “Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”, che è la citazione del versetto 12 del capitolo 10 della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi .

Ve la proponiamo, perché ci sembra contenere interessanti spunti di riflessione, soprattutto per i Lettori credenti.


La storia del piccolo Charlie ha tenuto con il fiato sospeso tante persone, nei posti più disparati del mondo, a vedere dalle statue illuminate o dai comuni che hanno voluto dare un segnale forte e simbolico di vicinanza alla famiglia Gard.

Certo è incomprensibile, per noi italiani, ciò che è accaduto a Londra, in un famoso e prestigioso ospedale, dove in genere si arriva per i casi difficili e complicati, e dove invece abbiamo assistito alla posizione nichilista dei medici di fronte alle malattie gravi, che non si accingono a curare se la prognosi del paziente è infausta.

Quando non si è più guaribile, tutte le terapie sono sprecate e quindi, in nome di un falso pietismo, si arriva ad affermare che il miglior interesse per il paziente sia la morte.

C’è qualcosa di peggio della morte su questa terra? Certo che c’è. E’ il sentirsi dio, il voler decidere e disporre della vita altrui, è affermare che il miglior interesse per un malato sia la morte, quella degli altri, non la propria.

Per noi italiani è inconcepibile che addirittura lo Stato, attraverso giudici e tribunali possa aver tolto ai genitori, a quella madre che lo ha portato in grembo per 9 mesi , la potestà genitoriale: quale madre vuole il male per il proprio figlio? In Italia accade per coloro che non si comportano in modo adeguato ad un genitore [ne siamo proprio sicuri?NDR].

Si rimane basiti di fronte a giudici medici e corti che, con espedienti poco credibili, vogliono nascondere la verità: l’introduzione di una prassi– forse da consolidare meglio, perché già usata- di attuare dei “trattamenti eliminatori” verso pazienti per i quali tutto è considerato sprecato.

Ma qual è il processo che ha condotto a tale prassi? Perché ciò che per noi è impensabile, lì è accaduto sotto gli occhi di tutti, senza che sia possibile arrestare il corso degli eventi? [la risposta si può trovare qui, NDR]

Ma chiediamoci quale è il nostro giudizio di fronte a colei che mette al mondo un bambino senza averlo programmato? Oppure cosa diciamo a chi usa mezzi chimici per impedire il concepimento? Quale è il nostro giudizio verso coloro che accolgono il nonno e si ritrovano ad avere meno spazio e meno tempo; o cosa pensiamo di quella vita da allettata che ha il cuore cosi forte da non riuscire a togliere il disturbo su questa terra? Che vita è quella ? A cosa serve quella vita? E giù sentenze: meglio morire.

“E voi che state in piedi, badate di non cadere”.

Questa è la stessa logica di quei giudici che giudicano non idonea alla terra la vita di Charlie, è la logica di chi dà giudizi di qualità sugli altri e sulle loro vite a volte ritenute stupide, senz’altro inadeguate, sicuramente incoscienti e a forza di fare i programmatori della nostra vita, finiamo con il programmare quella degli altri, dopo averla giudicata.
Il monito di San Paolo, allora, ci deve far riflettere, perché alla cultura dello scarto si arriva dopo un lungo percorso. Non siamo noi che dobbiamo giudicare, l’Unico vero Giudice, è il Datore della vita, a noi spetta difendere, rispettare, onorare ed amare ogni vita umana in ogni condizione e situazione.

Maria Carmela di Martino


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