07/11/2013

I deliri sessual-pedagogici dell’OMS e gli applausi di “Avvenire”

In questi giorni molti giornali e siti hanno parlato del documento “Standards for Sexuality Education in Europe” elaborato nel 2010 e tornato ora alla ribalta come primaria fonte di ispirazione di una bozza di risoluzione passata di recente all’esame del Parlamento Europeo e intitolata “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”. Il documento, firmato dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute e dalla sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consta di 65 pagine nelle quali si espongono dettagliatamente le linee guida utili alle “autorità competenti” per impartire l’educazione sessuale ai minori cominciando dai loro primi giorni di vita (!), per poi diventare materia di studio obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie.

Qualche veloce cenno al contenuto del documento è sufficiente a rendere l’idea di ciò che bolle in pentola e che, in modo strisciante, comincia già ad essere operativo. Perché, si sa, è sempre bene prendersi avanti.

Dagli 0 ai 4 anni si prevede il diritto dell’educando “di indagare la propria nudità e il proprio corpo”, con il correlativo dovere dei docenti di “informarlo sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile” rassicurandolo che “il piacere delle parti intime è aspetto normale nella vita di tutti”; il fanciullo di 4-6 anni va invece stimolato alla “condivisione dei suoi problemi sessuali” e confortato in merito al fatto che “qualsiasi sentimento è ok”; appena più avanti, dai 9 anni, il discente andrebbe messo in grado di “decidere in modo responsabile se avere o non avere esperienze sessuali”, con tutto il corredo di informazioni e competenze necessarie per districarsi tra le “differenti tipologie di contraccettivi” e per comprendere il “loro uso”.

E poi avanti, in una avanzata travolgente di “prevenzione di gravidanze indesiderate”, pillole del giorno dopo, “diritto di aborto” (sic!), fecondazione artificiale, maternità surrogate. Sì, perchè anche le coppie omosessuali hanno ovviamente il diritto a fabbricarsi dei figli, e infatti: se dagli 0 anni ai 4 anni – sempre secondo il nostro documento – bisogna intanto spiegare al pargolo che gli spetta “il diritto di scoprire la sua identità di genere”, dopo i 4 anni si deve renderlo edotto “sull’amicizia e sull’amore tra persone dello stesso sesso” e sulle varie tipologie di famiglia, perché si generi in lui una “favorevole disposizione verso l’uguaglianza di genere nei rapporti interpersonali e nella scelta del partner”.

Questo, e molto altro ancora (appunto, 65 fitte pagine di istruzioni).

Bene. Di fronte a certe enormità, di fronte all’autentico stupro collettivo perpetrato ai nostri figli dallo strapotere totalitario sovranazionale che sta imponendoci a marce forzate ogni aberrazione pansessualista, qualsiasi commento dovrebbe risultare superfluo. Soprattutto se il commentatore sia per avventura l’organo ufficiale di informazione della Conferenza Episcopale Italiana.

Avvenire, invece, ben si guarda dal contrapporsi frontalmente ad organismi che, magari, torna utile non inimicarsi del tutto, e si esibisce in una folle acrobazia ermeneutica; per affrontarla, si avvale del solerte aiuto dell’esperto di turno, blasonato “collaboratore” nazionale dell’ufficio CEI per la pastorale famigliare, uno (testuale) “del calibro di Michelangelo Tortalli, medico sessuologo clinico, membro della Federazione italiana sessuologia scientifica”.

Il dottor Tortalli – che ci sorride in foto dalla pagina del quotidiano – esordisce elogiando i molti aspetti positivi del documento, che – afferma – apre l’educazione sessuale “a un approccio olistico” (cioè, spiega: “che comprende la persona nel suo intero”) e così “si sforza di compiere un passo avanti rispetto al passato, non riducendo la sessualita` a un singolo evento ma proponendola piuttosto come un ‘progetto’ capace di coinvolgere la vita biologica”. Si rallegra poi del fatto che i genitori siano “i primi referenti della scuola nell’educazione sessuale” così come “referenti devono essere «la comunita`, le organizzazioni religiose e le altre agenzie che operano a contatto coi giovani»”. Plaude convinto, infine, giudicandoli davvero favorevolmente “sorprendenti”, ai “passaggi che riguardano la spinosa questione del ‘genere’ (in inglese gender)”, che esprimerebbero attenzione a garantire che bisogni e problemi diversi, legati alle differenze maschile-femminile, trovino risposte adeguate.

Certo poi – lo ammette bontà sua anche il nostro luminare, ma prudentemente posponendo ai complimenti la pars destruens del suo intervento -, seguono “indicazioni pratiche in molti casi discutibili”. Per esempio, nell’insegnamento dagli 0 ai 4 anni si partirebbe con suggerimenti dettati da assoluto buon senso, come il promuovere “tenerezza e contatto fisico come espressioni di amore e di affetto”, per approdare a qualche “assurdita`” come la “masturbazione infantile precoce” e, tra i 4 e i 6 anni, quella delle “relazioni tra persone dello stesso sesso”.

Per i successivi rilievi critici – che riguardano le istruzioni all’uso nonché al modo di procurarsi preservativi e contraccettivi a nove anni, l’insegnamento del diritto all’aborto (che, effettivamente, non sta tanto bene chiamare così), al coming out (cioè la dichiarazione della propria omosessualità) e  alla fecondazione assistita  a dodici anni – il dottor Tortelli cede però la parola alla sessuologa Paola Di Maria.

Forse gli pareva, altrimenti, di infierire troppo.

L’esperta di sostegno rileva come, nella sua seconda parte, il documento difetti “di quel senso ‘olistico’ annunciato all’inizio”  e indulga in una “visione della sessualità` appiattita sulla biologia e del tutto priva di orizzonti di significato veri”. Una visione, conclude commossa la signora, “di cui i nostri bambini – cosi` sensibili e disorientati – non hanno davvero bisogno”.

Queste le posizioni del giornale dei vescovi.

Sconcerta incappare in simili vette di tendenziosità dispensate dalle colonne di un quotidiano sedicente cattolico, che – sulla carta – dovrebbe essere capofila nella guerra contro la dittatura laicista che ci attanaglia in una vera e propria morsa suicida. Sconforta apprendere che, per Avvenire, rapinare i bambini della loro innocenza e i loro genitori del diritto di educarli, in fondo e fino a un certo punto, vada pure bene; basta non esagerare.

I nuovi mostri che allungano le mani sui nostri figli e vogliono indottrinarli al pensiero unico pansessualista sanno ora di contare su di un alleato insperato.

Che dire? Chissà che al direttore Tarquinio o a qualche collaboratore della CEI sovvenga, sia pur tardivamente, l’unico commento che al riguardo sarebbe suonato opportuno:

«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Marco: 9,42)

di Elisabetta Frezza

Festini

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