06/02/2016

Discriminazione, uguaglianza e realtà oggettiva

Dell’elaborato discorso tenuto al Senato dalla senatrice Cirinnà, in difesa del DDL che porta il suo nome, il passaggio riportato di seguito sembra quello più pregnante dal punto di vista dei principi:

“La gran parte degli italiani sa che il contrario della parola discriminazione è uguaglianza. Attenzione questa non è ideologia ma semplicemente giustizia! Tenetelo a mente colleghi: ogniqualvolta violeremo il principio di uguaglianza avremmo prodotto una discriminazione e ci esporremo al vaglio di ragionevolezza della Corte Costituzionale.”

Andando a cercare la definizione di discriminazione sul Merriam Webster, si trova la seguente dizione:

  • “La pratica di trattare una persona o un gruppo di persone in modo ingiusto e diverso da altre persone o gruppi di persone.
  • La capacità di riconoscere la differenza tra le cose che sono di buona qualità e quelle che non lo sono.
  • L’abilità di capire che una cosa è diversa da un’altra.”

Esistono quindi tre tipologie di discriminazione molto diverse l’una dall’altra.

La prima definizione è di facile comprensione e tratta del caso in cui una persona o una popolazione vengano trattate in modo ingiusto rispetto agli altri unicamente in base al colore della pelle, o in base all’etnia, condizioni precostituite alla nascita non passibili di cambiamento e dunque al di fuori di ogni controllo individuale. Il popolo LGBT afferma di rientrare in questa categoria, infatti la discriminazione in base all’orientamento sessuale e l’identità di genere viene spesso paragonata a quella in atto un tempo contro i neri d’America. Bisogna però dire che già all’interno del gruppo LGBT le situazioni non sono omogenee, i gay, infatti, insistono sul fatto che sono nati così e dunque la loro sarebbe una condizione immutabile, così come il colore della pelle e l’appartenenza a un determinato popolo.

procreazione_sterilita_fertilita_desertoAmmesso, e non concesso, che la born gay theory sia un dato di fatto inoppugnabile, il problema sorge allora per le altre due componenti del gruppo, le lesbiche e i transessuali, per i quali invece vale il discorso esattamente opposto dato che per loro vige il principio secondo il quale la biologia non è destino, tant’è vero che possono cambiare ruolo e genere a piacimento. Forse è il caso che i legislatori risolvano questa incongruenza di base prima di parlare di discriminazione del mondo LGBT.

La seconda definizione parla di discriminazione come capacità di riconoscere tra le cose di buona e cattiva qualità. Anche in questo caso il tema è di facile comprensione: è evidente, infatti, che nel momento in cui decidiamo di andare al cinema a vedere un film se ne scegliamo uno perché riteniamo che sia migliore rispetto agli altri, discriminiamo tutti gli altri. Tralasciamo l’equiparazione del secondo esempio al caso di specie perché il discorso potrebbe assumere dei toni moralistici che non servono in questa sede.

La terza definizione sembra essere la più importante, nel caso di specie, perché ci dice che discriminare significa capire che una cosa è diversa da un’altra.

Non ritiene la senatrice Cirinnà, e i sostenitori del suo DDL, che le unioni omosessuali e quelle eterosessuali rappresentino due condizioni intrinsecamente diverse?

In che modo può diventare discriminatorio affermare il dato di fatto inoppugnabile che le coppie eterosessuali sono oggettivamente in una condizione diversa rispetto a quelle omosessuali?

L’uso del termine discriminazione utilizzato nel ddL Cirinnà ne contraddice in pieno il significato, e dunque non si tratta di giustizia che dovrebbe essere garantita dai giudici della Corte Costituzionale, come afferma la senatrice, bensì l’affermazione che la neve è nera, ben sapendo che la neve può anche diventare nera ma solo dopo è stata calpestata e infangata.

La Rosa Bianca

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