24/03/2016

Embrioni usati per la ricerca. Il parere della Corte Costituzionale

Gli embrioni sono persone.

Tuttavia vediamo come, da tempo, il diritto alla vita, fondamentale principio costituzionale (in linea teorica inderogabile), sia sotto assedio.

L’attivismo radicale, in salsa buonista e politicamente corretta, di persone influenti nel panorama politico, istituzionale, mass mediatico e sociale, diretto a consentire l’accesso senza limiti (la cui presenza comunque non renderebbe legittima tale pratica) alla procreazione medicalmente assistita non è ininfluente e, nel grande silenzio generale, la categoria più perseguitata ed indifesa della storia (i bambini) continuano a pagarne il prezzo. Ne parlavamo qui.

Sugli embrioni e sulla cosiddetta fecondazione artificiale (per la neolingua: ‘procreazione medicalmente assistita’) sono quattro i pronunciamenti della Corte Costituzionale che, dal 2009 ad oggi, hanno contribuito all’erosione di quegli argini posti a presidio di un’applicazione eccessivamente estesa della L. 40/2004.

Nel 2009 fu eliminato il limite massimo di produzione di tre embrioni, e quindi si diede il via alla ‘surgelazione’ (o ‘crioconservazione’, per confondere le acque); nel 2014 fu dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa; nel 2015 fu consentito il ricorso alla fecondazione artificiale alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche trasmissibili ai figli; in conclusione, con una sentenza del novembre 2015, la selezione degli embrioni da trasferire in utero fu derubricata dall’elenco dei reati previsti dalla legge.

Una serie di interventi che lasciano dietro di sé una scia di sangue innocente, ma che in compenso hanno consentito un progetto di selezione eugenetica da fare invidia a chi mai avrebbe pensato che, a distanza di settant’anni dalla sua morte, si sarebbero sviluppati questi metodi in tutta legalità, senza che all’applicazione di questi conseguissero processi come quello di Norimberga.

Martedì 22 marzo 2016, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla facoltà di utilizzare gli embrioni c.d. residuali (in parole povere: bambini che, per volere dei “proprietari”, si sono visti negare il diritto a nascere) per la ricerca sulle cellule staminali, negandone l’attuale possibilità. Non che la Corte abbia voluto difendere quei potenziali cittadini di cui non si sa bene che fare, ma semplicemente ha ritenuto che la scelta di rendere possibile la ‘donazione’ di embrioni per la ricerca spetta al legislatore e non alla Consulta.

Pericolo scampato? Non proprio. Anzitutto è da rilevare come la Corte abbia semplicemente affermato di non essere competente a concedere tali autorizzazione e di come tale compito spetti eventualmente all’organo legislativo; in secondo luogo, la legge 40 continua senza tregue a mietere le sue piccole vittime.

Un censimento dell’Istituto Superiore di Sanità, resi noti pubblicamente da Giulia Scaravelli, responsabile del “Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita”, in un convegno organizzato lo scorso febbraio dall’Associazione Luca Coscioni (nota per le posizioni radicali su temi quali aborto, eutanasia e legalizzazione di sostanze stupefacenti, oltre che per la solita retorica radicale anti clericale), ci rivela il numero esatto degli embrioni destinati a non nascere perché scartati dai genitori: si tratta di 3862 embrioni i cui “proprietari” hanno dichiarato di non volerli utilizzare in quello che viene definito “processo parentale” (quindi di farli nascere) e di altri 6279 in stato di abbandono, e cioè in una situazione per cui è impossibile risalire alle coppie di riferimento e che, di conseguenza, sono conservati in taniche di congelamento.

Non paghi della strage in atto, l’Associazione Luca Coscioni ha proposto una petizione al Governo, sottoscritta da 600 “scienziati” di 22 Paesi (eredi morali dell’etica targata “dott. Mengele”), affinché venga consentito l’accesso libero alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Occorre non dimenticare questi figli, vittime di pseudo medici senza scrupoli che, in nome del solito progresso scientifico (lo stesso fine che nei secoli ha legittimato i più grandi crimini contro l’umanità), non esitano a sacrificare la vita di coloro che non possono difendersi se non attraverso la lotta di chi già è nato.

Non porsi il problema, chiudere gli occhi davanti a queste ingiustizie, è inammissibile: chi non difende questi bambini è complice del massacro.

Elia Buizza

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