26/03/2018

Esperienze di vita, ferite, lacrime e felicità

La Presidente di “Onora la Vita” Onlus ci ha scritto ancora delle sue esperienze di volontaria: con tante difficoltà, ma – a volte – con un esito gioioso insperato e impagabile!

Esperienze di vita, ferite, lacrime e felicità

Durante lo svolgimento della mostra “Il miracolo della Vita”, lo scorso settembre [2016, ndR], presso l’Oratorio San Luigi di Cardano al Campo (Varese), è entrata una signora in età avanzata.

Era un momento tranquillo, eravamo sole. La donna ha ascoltato tutte le mie spiegazioni inerenti la crescita fetale e alla fine è scoppiata in lacrime. Mi ha raccontato d’aver fatto tutto il possibile per avere figli, durante l’arco della propria vita matrimoniale, ma di non esserci riuscita a causa di una grave endometriosi mal curata dal ginecologo locale. La sua esistenza di moglie è stata costellata di speranze e brevi gravidanze seguite da aborti spontanei. Pur non essendolo, si sentiva in qualche modo colpevole di non essere stata capace di mettere al mondo questi bimbi che, appena concepiti, ovviamente sentiva suoi e amava. Col passare degli anni la menopausa ha posto fine al periodo fertile di questa donna totalmente aperta alla vita, tuttavia le pene nel suo cuore non hanno avuto ne.

Viviamo in una società disgregata dal divorzio, ferita dall’aborto, corrotta da leggi inique che hanno causato un grave crollo morale (come dichiarato con autorevolezza da Giovanni Paolo II, in comunione con gli altri Vescovi della Chiesa Cattolica nella Lettera Enciclica “Evangelium Vitae”, al capitolo 57).
La poverina ha iniziato a sentirsi perseguitata da amici e conoscenti con frasi davvero poco delicate quali: «Beata te che non hai avuto figli!». Queste persone dimostravano di avere scarsa sensibilità nei suoi confronti, oltre a una mentalità di base antinatalista, e hanno causato in lei, a poco a poco, una forte depressione.

Ho capito che stava vivendo una vera e grave sindrome post-abortiva. Come aiutarla? Come faccio con tutte le altre donne che hanno abortito di loro spontanea volontà: mal consigliate dai consultori, talvolta costrette dal marito, altre volte dal danzato, di fronte alla scelta “o lui o me”... (e rimarranno madri ferite durante tutto l’arco della loro esistenza. Nella maggior parte dei casi le coppie dopo l’aborto subiscono gravi traumi psicologici e il loro rapporto entra in crisi).

Ho iniziato a spiegarle che i suoi bimbi hanno avuto comunque la Vita e l’Anima: vivono accanto a Dio e amano i loro genitori. Le ho amorevolmente consigliato di dare un nome a quei bimbi da lei tanto amati, di parlarne con un buon padre spirituale e, alla ne, di “auto-perdonarsi” per quelle morti delle quali davvero non ha nessuna colpa. L’ho abbracciata e lei ha sfogato il suo dolore in un pianto liberatorio.

È ritornata tempo dopo a visitare la Mostra assieme a dei suoi parenti, che avevano dei deliziosi bimbetti, completamente rasserenata. La sua ferita si è rimarginata per il semplice fatto di essere stata messa al corrente di un fatto: che i bimbi “non nati”, che non hanno trovato posto in questo mondo, vivono comunque in Dio un’esistenza di grande Amore.

Quante persone ferite trovo durante le mie mostre e bancarelle informative! Quante coppie tradite dal loro stesso ginecologo!

A Caravaggio lo scorso settembre un uomo mi ha raccontato il suo malessere: la cicatrice nel suo cuore era ancora sanguinante dopo trent’anni.
Era accaduto che la moglie, durante la prima gravidanza, avesse avuto una gestosi. Quando la coppia iniziò l’attesa del secondo glio, il ginecologo consigliò loro l’aborto. Gli sposi erano giovani e disinformati: accettarono. L’intervento di “interruzione volontaria della gravidanza” – la cosiddetta “IVG”, una gravissima menzogna – fu, oltretutto, male eseguito.
La donna ne uscì traumatizzata e sterile. La coppia aveva da tempo fatto un cammino spirituale attraverso gli ottimi sacerdoti del Santuario di Caravaggio, ma dopo l’aborto procurato del loro bimbo la loro vita peggiorò totalmente. Per fortuna, e per grazia di Dio, i due sposi hanno continuato ad amarsi, pur vivendo con dolore la scomparsa del secondogenito. Ma le ferite causate dall’aborto (che non si può mai chiamare “terapeutico”) sono state davvero numerose.

In questo mondo male informato nessuno spiega che l’aborto non solo uccide bambini, ma ferisce in modo a volte gravissimo anche le madri e i padri...

Una mattina, come tante altre, stavo effettuando un volantinaggio antiabortista all’esterno di un ospedale in provincia di Monza, in Brianza. Scambiavamo delle idee con i passanti e coloro che entravano e uscivano dal nosocomio. Qualcuno del gruppo, nel frattempo, recitava il Santo Rosario. Erano le 9.30 quando arrivò una donna visibilmente afflitta.
La signora (che ovviamente si trovava in un momento di grave crisi morale e psicologica), vedendo le immagini sui tabelloni e sui volantini, raffiguranti feti e frasi che invitano alla riflessione, si è fermata ad ascoltare le nostre parole. Salita al primo piano, dove l’infermiera prenotava data e ora per l’“interruzione volontaria della gravidanza”, ebbe un rapido ripensamento e la ricetta del medico fu stracciata e gettata nel cestino della carta. Aveva deciso di non uccidere il glio che portava in grembo. Uscendo si è fermata a parlare con me di quanto era accaduto, con le lacrime agli occhi, emozionata. È Dio che ci fa essere presenti nel posto giusto e al momento giusto.

Abbiamo parlato e condiviso a lungo i nostri pensieri sui problemi che l’avevano portata a prendere una decisione così drastica. Poi siamo passate al lato pratico della vicenda: l’aiuto spirituale, pratico ed economico che avrebbe potuto ricevere dal locale Centro di Aiuto alla Vita.
La Regione Lombardia è l’unica ad erogare le carte ricaricabili (gestite dai Centri di Aiuto alla Vita) denominate “Nasko” e “Cresko”, che vengono aggiornate a seconda delle vere esigenze dei richiedenti. Ma, per averne diritto, avrebbe dovuto produrre il certi cato di aborto inutilizzato.

Pertanto siamo ritornate assieme al primo piano, nell’Ufficio dell’infermiera che aveva spezzato il certi cato che condannava a morte il concepito. Il ricordo di quei momenti è così emozionante che il solo trascriverlo mi fa venire i brividi. L’infermiera immediatamente si è messa a cercare nel cestino i pezzi della “ricetta” e ha confessato: «Ero talmente felice della decisione presa dalla signora da aver stracciato il foglio in pezzi piccolissimi».

Passammo a ricomporre con difficoltà il “prezioso” foglietto, come si trattasse di un “puzzle”, avvicinandone le varie parti e riattaccandole con lo scotch. Dopo una sincera e gradevole chiacchierata con l’infermiera ci siamo allontanate, abbracciate, lodando Dio per lo scampato pericolo. La mamma è stata seguita alla perfezione dal Centro di Aiuto alla Vita locale, con grande gioia di tutto il gruppo di volontariato.

Anna Maria Pacchiotti

Fonte: Articolo apparso su Notizie ProVita di Febbraio 2016, pp. 6-7


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