01/07/2014

Estratto dell’ultimo libro di Francesco Agnoli “Perchè non possiamo essere atei”

Lo scientismo moderno nasce quando l’uomo decide di esser sì parte della natura ma anche superiore ad essa e, quindi, di poterla governare e gestire come più crede opportuno o comodo.

I collegamenti trascendenti sciamano, i riferimenti al Creatore vengono meno e con essi il sentimento di ammirazione e rispetto verso le regole che l’ordine naturale impone.

La Vita non è più un dono ma un qualcosa da manipolare ed ordinare a seconda delle necessità: fino a dove arriva la scienza, l’uomo può giungere. Perché fermarsi dinnanzi ad una condizione di infertilità? Si può prenotare un utero in affitto oppure procedere con la fecondazione eterologa. Perché accontentarsi di un figlio che non rispecchia le aspettative? Gli embrioni possono essere selezionati. Perché dover per forza cercare un compagno del sesso opposto per procreare? Anche gli omosessuali possono diventare genitori.

Il Professor Agnoli affronta la questione da studioso –qual è- ed analizza i passaggi che ci hanno condotto a recidere ogni legame con l’ultraterreno, ragionamento che dal piano gnoseologico arriva ad avere importanti conseguenze su quello pratico, oltre che etico.

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Jacques Testart e Erwin Chargaff. Esempi di scienziati per l’uomo contemporaneo.

Una via d’uscita dal riduzionismo materialista esiste. Ed è lo sguardo sulla vita non del matematico Odifreddi, né del biologo Dawkins, né dei genetisti Watson e Crick, ma quello del biochimico Erwin Chargaff, del biologo Jacques Testart e del medico genetista Jerome Lejeune, già precedentemente citati.

Secondo Erwin Chragaff il dramma di alcuni scienziati stregoni attuali è quello di ritenere di aver esaurito il mistero della vita, quando in verità la semplice domanda, “cosa è la vita?” “è di entità tale e sconfina così sfacciatamente nel campo dell’indicibile, che c’è voluto un incremento di impudenza accumulatosi per vari e vari secoli prima che si potesse anche solo pensare a risposte sperimentali; risposte il cui numero e la cui forza espressiva, pur nelle migliori condizioni, non potevano essere che grottescamente sproporzionate all’incommensurabilità del fenomeno”. Per questo “noi non disponiamo di una definizione scientifica della vita”, studiamo cellule e tessuti morti, smarriamo nell’analisi dei “frammenti” le “sublimi fattezze della vita”.

Per Chargaff l’illusione scientista è estremamente pericolosa, non solo dal punto di vista etico, ma anche perché presuppone di conoscere a fondo ciò che ha penetrato appena in superficie, ed agisce quindi sulla realtà nell’illusione sciocca di dominarla integralmente. Specialisti, ricercatori, concentrati su un infinitesimo particolare, su un meccanismo, su una reazione, su un dettaglio separato e isolato dall’insieme, fanno di ciò la totalità della realtà, e si convincono veramente di possederla, di avere esaurito il segreto custodito dalla natura. L’ “affermazione trionfale per cui finalmente con la scoperta dell’acido desossiribonucleico è stato trovato il nastro magnetico del computer della vita”, prosegue Chargaff, dimentica che in verità il Dna può essere paragonato sì al nastro del computer, ma occorre poi capire chi sia il programmatore (non certo il caso) e quale sia la “corrente elettrica” che permette al computer di funzionare. E’ infatti difficile “ammettere che da un testo così primitivo come è quello rappresentato da una determinata molecola di Dna, possa dipendere l’incommensurabile ricchezza, che si rinnova continuamente, delle forme degli organi di uno stesso organismo, per non parlare poi del numero illimitato di esseri viventi diversi”.

Il riduzionismo è dunque la via scelta da chi, ignorando, crede di sapere, e riduce l’uomo alla bestia, la metafisica alla fisica, la libertà ai neuroni, l’eternità ad una immortalità terrestre cui solo chi abbia completamente perso l’idea più vera di uomo può aspirare. Su Dio, la vita, l’eternità, la morte, assicura Chargaff, si può apprendere molto di più dalla poesia lirica, dalla filosofia, dalla religione, dall’arte, che non dai dizionari di scienze naturali. Che molti non lo capiscano significa allora che “viviamo in tempi opachi”, “in un’epoca debole disponendo di strumenti forti”, in un tempo di ignoranza, ricca di singole nozioni. Solo così è possibile comprendere perché si è giunti a sacralizzare la massima per cui “ciò che si può fare, deve essere fatto”: “se un’arma si può costruire, la si deve costruire; se la si può utilizzare, bisogna utilizzarla. Un fanatismo diabolico nei confronti della tecnocrazia ha annullato ogni scrupolo morale o legale”. Che si tratti di bomba atomica, di manipolazione di batteri o di embrioni umani.

Così la scienza, nata in casa cristiana, in Europa, dalla desacralizzatone del mondo “grande animale” degli antichi, rischia oggi di diventare magia, riportandoci alla lotta tra pensiero scientifico e pensiero magico del Cinquecento: non più conoscenza e ossequio della natura, che, interrogata, risponde e svela se stessa, ma tentativo di riplasmarla, manipolarla, la natura, sostituendosi a Dio. Il “giardino” del mondo, che nel Genesi venne affidato all’uomo, re del creato, perché “lo coltivasse e lo custodisse”, ma con un limite, non mangiare dei frutti dell’albero, diviene un immenso laboratorio di esperimenti, dove sciamani, astrologi, alchimisti e maghi, ritenendosi dotati di poteri illimitati, perché ogni frutto può essere morsicato, tentano di ridisegnare, e non di “custodire”, ciò gli è stato donato. Nell’ottica cattolica si tratta dell’eterna tentazione dell’albero della conoscenza del Genesi che si ripete: eritis sicut dei. Non è un caso che le eresie combattute nei secoli dalla Chiesa siano state sostanzialmente sempre eresie gnostiche come quella catara, il pensiero cioè di quanti vantavano di possedere una conoscenza (gnosis) divina, in nome della quale violavano il diritto naturale tramite endura, infanticidio, orge rituali ecc… Oggi quelle stesse ed altre leggi naturali vengono violate grazie agli strumenti della tecnica, divenuta neutra e svincolata da qualsiasi riferimento alla verità.

Accade così il paradosso dei paradossi: se la scienza moderna nasce quando l’uomo riconosce la sua natura spirituale, e cioè il fatto di essere parte della natura, ma anche separato e superiore ad essa per la sua anima immortale, e la sua coscienza, e osserva quindi il mondo appunto come un giardino donato, con lo stupore, l’ammirazione e la gratitudine di chi ha ricevuto e vuole conoscere, invece, con l’idea che l’uomo sia parte della natura a tutti gli effetti, e da essa esaurito, cioè con l’evoluzionismo materialista e naturalista, l’uomo, parte della natura, ne diviene l’unico e indiscutibile padrone, perché l’unico che effettualmente, di fatto, può dominarla. Non c’è più un Dio, infatti, a cui rendere conto del dono ricevuto, nessun albero o limite da rispettare, riconoscendo la propria fragilità umana, ma solo una natura cui si appartiene, dominata dalla lotta e dal conflitto, la cui evoluzione, troppo casuale, come dicono Galton, Monod, Veronesi, Hawkins, ecc., è ora in mani solamente nostre! Con il rischio che essa si ribelli e non riconosca più l’uomo come il suo signore! Come avviene ad esempio con il recente dramma della sterilità, in vertiginoso e preoccupante aumento in tutto l’occidente, a causa dell’inquinamento, della pillola anticoncezionale, degli aborti procurati, del disordinato comportamento sessuale, dei matrimoni tardivi…

Dramma così evidente che in occasione dell’anniversario della prima bambina in provetta, Louise Brown (1978), la rivista scientifica “Nature”, divenuta il tempio della religione scientista, si sentiva in dovere di rassicurare il mondo: nessuna paura, nel 2038 (sic) riusciremo a divenire padri e madri, anche se sterili, sino a cent’anni! Saranno allora a disposizione dei fortunatissimi uomini di quell’epoca, grazie al “progresso”, sperma e ovuli ricavati dalle cellule staminali della pelle, “milioni di gameti da combinare a nostro piacimento”, senza necessità di alcuna relazione carnale, anche per coppie omosessuali, singles e quant’altro. Avremo uomini che produrranno ovociti e uteri artificiali, diagnosi talmente efficaci che non verranno più al mondo “bambini malformati o con malattie genetiche”, ma solo “bambini su misura”, grazie a cromosomi “artificiali e speciali cassette genetiche”. E la sterilità sarà solo un brutto ricordo1.

E’ proprio vero, come scriveva Chargaff, che “è la prima volta nella storia del mondo che uno stolto si trova nelle condizioni di poter contaminare irrimediabilmente la biosfera”2.

Francesco Agnoli

 Estratto da: Perchè non possiamo essere atei, Verona, 2014, Gondolin

 

1 Citato sul Corriere della Sera del 18/7/2008.

2 E. Chargaff, “Mistero impenetrabile. La scienza come lotta pro e contro la natura”, Lindau, Torino, 2009.

 

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