28/02/2017

Eutanasia per Dj Fabo: la testimonianza di Pietro Crisafulli

La morte in Svizzera di Dj Fabo è l’ennesimo caso di promozione dell’eutanasia da parte dei radicali e di tutti i “cultori della morte”.

Stanno facendo di tutto per introdurre anche in Italia la libertà di ammazzare i malati.

E poiché i mass media ignorano volutamente i tanti, tantissimi casi di quei pazienti disabili che invece vogliono vivere, noi con piacere pubblichiamo la testimonianza inviataci da Pietro Crisafulli, fratello di Salvatore, che per anni è stato inchiodato a un letto lottando senza tregua per il suo diritto a... vivere. 

Di fronte alla vicenda di DJ Fabo conclusasi ieri con la sua morte in una clinica Svizzera posso provare rispetto ma anche dolore.

La sua morte è avvenuta lo stesso momento in cui spedivo il film La voce negli occhi al Festival di Cannes.

Anche mio fratello Salvatore ad un certo punto, preso dalla disperazione, aveva deciso di porre fine alle proprie sofferenze in una clinica in Belgio; poi però cambiò idea e di questo gliene sarò eternamente grato, perché ogni istante trascorso accanto a lui per me e per tutta la nostra famiglia è stato un dono.

In realtà la morte non piace a nessuno, tutt’al più può far comodo a qualche movimento che porta avanti la cultura della morte e a chi, dall’alto delle proprie poltrone, si dovrebbe fare carico di assicurare cure adeguate e assistenza ai disabili gravissimi e alle loro famiglie.

Dietro decisioni così tragiche e senza ritorno di solito c’è il dramma di una famiglia abbandonata al suo tragico destino, c’è l’abbandono delle istituzioni. Nel caso di mio fratello e tanti casi simili purtroppo è così. Se poi la morte viene presentata come l’unica via percorribile, parlare di libertà di scelta è solo una grande ipocrisia. Gli stessi mass-media si interessano dei disabili gravi al momento del loro ultimo grido di dolore. Eppure i malati dovrebbero essere aiutati quando sono ancora in vita. E vi assicuro che la stragrande maggioranza vuole vivere così come lo voleva mio fratello Salvatore, ma questo non fa notizia come la morte.

Durante quegli interminabili anni di prigionia nel mio corpo intubato e senza nervi, ero io il muto o eravate voi, uomini troppo sapienti e sani, i sordi?“. Invito a riflettere sulle parole di mio fratello Salvatore in particolare i signori onorevoli, che sono in procinto di votare una legge che coinvolge i tanti Salvatore che vivono in Italia. Mi riferisco al disegno di legge sulle disposizioni di fine vita. Si tratta di un tema delicatissimo e la mia esortazione è quella di lasciare da parte ogni preconcetto, anche convinzione personale, perché non si possono davvero trattare questi argomenti senza calarsi in questa realtà. Occorre veramente capire cosa provano questi disabili gravi e le loro famiglie. E credetemi, la morte non piace proprio a nessuno. Fa comodo solo a quei movimenti ideologici che sostengono la cultura della morte e alle case farmaceutiche che producono gli appositi farmaci per somministrarla.

Con questo non voglio oppormi alla libertà di scelta, anzi tutt’altro. Scelta vuol dire avere un’alternativa alla morte. È infatti paradossale non garantire anzitutto il diritto alla vita, all’assistenza, alle cure. L’eutanasia viene oggi presentata come uno degli emblemi della società civile, ma io vi chiedo come fa una società ad essere civile se non tutela anzitutto il valore della vita? Come si fa a parlare di libertà di scelta quando la morte diventa l’unica via percorribile?

Ricordatevi che questi malati sono ultimi tra gli ultimi e assieme alle loro famiglie sono lasciati soli a vivere il proprio dramma. Non vengono sostenuti in alcun modo dalle istituzioni. Mi rammarica dover constatare che a distanza di anni la loro situazione non solo non è migliorata ma è addirittura peggiorata e come unico rimedio si offre la morte. Senza validi aiuti a questi disabili e a queste famiglie, ciò che voi siete in procinto di legalizzare non è altro che eugenetica travestita da falso pietismo.

Come diceva mio fratello Salvatore, le lotte devono essere condotte per invocare la vita e non per sentenziare la morte, per potenziare e sensibilizzare la sanità e la ricerca scientifica, per rendere sopportabile la sofferenza, anche quella terminale, non per giustificare il macabro inganno in una morte dolce, dietro cui si nascondono solo cinismo e utilitarismo.

Ma è evidente che tutto ciò non interessa a questa classe politica che ci governa. Per questo ho deciso di mollare tutto dopo lunghi anni di battaglia, ed in cui sono rimasto senza lavoro e senza famiglia.

Pietro Crisafulli



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