19/11/2015

Gender – La giornata internazionale dell’uomo

In pochi lo sanno, in tempo di gender, ma il 19 novembre ricorre la “Giornata internazionale dell’uomo“, secondo una tradizione iniziata nel 1999 (ma arrivata in Italia solamente nel 2013: si sa, siamo arretrati...).

Quest’anno in Inghilterra questa festa sarà particolarmente sentita: sarà infatti al centro dell’agenda parlamentare. “L’iniziativascrive Simonetta Sciandivasci su Il Foglio – si deve alla pervicacia del conservatore Philip Davies [...] la mozione Davies è stata approvata e lui ha dichiarato di aver agito ‘in the spirit of gender equality’, perché, così come l’8 marzo si discute dei problemi delle donne, bisogna che il 19 novembre si rendiconti lo stato dell’arte di suicidi maschili, diritto alla paternità, aspettativa di vita, violenze domestiche e omicidi“.

Eppure in tempo di gender questa festa può essere letta in maniera positiva soprattutto per due motivi.

Da un lato non possiamo che rallegrarci del fatto che, in barba all’imperversare ideologico, in maniera indiretta essa riafferma il fatto che esistono due sessi e che le persone, dunque, o appartengono alla metà del mondo XX, oppure alla metà XY.

Questo, di conseguenza, ci dice anche che i fautori del gender in fondo sono destinati a perdere. La ragione – per quanto obnubilata possa apparire nel contesto odierno – prima o poi prende sempre il sopravvento.

gender_modaIl secondo aspetto da sottolineare di questa festa è che, nell’intento con cui è stata istituita, contribuisce a valorizzare gli uomini. Il che, di questi tempi, non è una brutta trovata. E’ infatti sotto gli occhi di tutti il fatto che viviamo in una società fortemente femminilizzata, dove gli uomini virili sono la minoranza e sono considerati, ci si passi l’espressione, ‘inadatti al vivere sociale’. A questo si unisce poi la continua propaganda sul femminicidio, sulle quote rosa, sulle discriminazioni nei confronti delle donne... che altro non fanno che rimandare un’immagine estremamente negativa degli uomini. E’ quindi chiaro che i ragazzi tenderanno a seguire modelli più femminili, il che però comporta una perdita per la società nel suo complesso (uomini, donne, bambini).

Su questo tema, non a caso, lo psicologo Roberto Marchesini nel suo libro “Quello che gli uomini non dicono – La crisi della virilità” (Edizioni SugarCo), propone un decalogo di “indicazioni, il più possibile concrete, per aumentare la consapevolezza della propria virilità” (p.93).

Eppure la maggior parte delle donne apprezzano, e desiderano, uomini pacificati con la loro natura integralmente (fisicamente, ma anche nella personalità) XY.

Perché, alla faccia del gender neutral, gli uomini depilati e complessati alle donne non piacciono. Noi bastiamo – e avanziamo – già a noi stesse: abbiamo però bisogno di uomini virili, così come ne hanno bisogno i nostri figli.

Teresa Moro

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

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