15/12/2015

Gender, sesso e cervello: uomini e donne sono diversi

Alla macchina propagandistica della teoria gender, della cui esistenza e natura abbiamo già trattato, è giunto un assist perfetto per negare che esista una differenza di genere tra cervello maschile e femminile.

La rivista è di indiscutibile prestigio scientifico, gli autori sono di certo qualificati, la casistica è molto ampia, insomma ci sono tutti gli ingredienti per consentire al titolista di La Repubblica di scrivere: “Nessuna differenza tra uomini e donne: il cervello è unisex“.

L’autrice principale, la professoressa Daphna Joel, del dipartimento di psicologia dell’Università di Tel Aviv, ha già pubblicato altri studi in questo senso, ma indubbiamente quest’ultimo, da poco pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, è il più vasto per casistica studiata ed ampiezza delle misurazioni (materia grigia, sostanza bianca e connettività cerebrale). La conclusione dello studio è che, analizzando le aree che esprimono un dimorfismo maschio-femmina (dunque lo stesso studio parte dal presupposto dell’esistenza di un dimorfismo sessuale del cervello), la maggior parte dei 1.400 soggetti indagati mostra un’estesa sovrapposizione tra i sessi, o, per usare le parole degli autori, “la maggior parte dei cervelli sono composti da ‘mosaici’ unici di tratti, alcuni più comuni nelle femmine rispetto ai maschi, altri più comuni nei maschi rispetto alle femmine, e altri comuni ad entrambi, femmine e maschi“. Coloro che neurologicamente si situano agli estremi del maschile e del femminile sono una netta minoranza. Secondo la professoressa Joel, quindi, “non ha senso parlare di natura maschile e di natura femminile. Non c’è persona che abbia tutte le caratteristiche maschili e un’altra che abbia tutte le caratteristiche femminili, o se esistono sono molto, molto rare da trovare“.

Ma davvero questa ricerca prova che l’identità maschile o femminile è unicamente un mero costrutto sociale così come vorrebbe essere imposto dai gendarmi postisi a difesa del dogma della fluidità di genere? Niente affatto. Affermazioni forti basate su evidenze deboli contraddicono la serietà scientifica.

Per prima cosa va infatti notato che nello studio nessuno dei cervelli maschili analizzati si situava interamente nel polo femminile del mosaico e viceversa.

In secondo luogo la ricerca non spiega come sia possibile, con tutta questa sovrapposizione del mio cervello con quello di una donna, che io abbia la netta percezione della mia maschilità e una donna della propria femminilità: quale sarebbe il substrato neuro-funzionale che conduce a comportamenti sessualmente dimorfici, compresa la grande differenza sessuale nell’esposizione al rischio di malattie psichiatriche? Perché le bambine con sindrome adrenogenitale (caratterizzata da un elevata produzione di testosterone durante la vita prenatale) mostrano comportamenti nel range della mascolinità, mentre bambini con sindrome da insensibilità agli androgeni completa mostrano un comportamento tipicamente femminile? Se, come dice la professoressa Joel, non esiste una natura maschile e femminile, per quali ragioni nella casistica presentata dal professor William Reimer sul Journal of Pediatric Endocrinology & Metabolism costituita da 60 soggetti geneticamente maschi affetti da estrofia della cloaca o inadeguatezza degli androgeni prenatali, ben il 52% ha dichiarato un’identità maschile nonostante dall’inizio e per tutto il tempo siano stati cresciuti dai genitori come femmine?

Conducendo una revisione sull’argomento il dottor Tuck Ngun, biologo molecolare che studia la genetica dell’identità e del comportamento di genere all’Università di Los Angeles, ha elencato 51 studi che mostrano differenze tra maschi e femmine nei tratti cognitivi, comportamentali, nel gioco, nel linguaggio e nell’aggressività. Differenze che possono non essere colte da uno studio solamente neuroanatomico, ma privo di qualsiasi valutazione neurofunzionale, come quello in questione.

gender_ideologia-del-gender_cambiamento-di-sesso_omofobiaCome scrive su The Scientist la professoressa Margaret McCarthy, capo del dipartimento di farmacologia all’Università di Baltimora, “il cervello non è un organo unitario come il fegato o il rene, ma una composizione di molteplici gruppi di cellule indipendenti e tuttavia interattivi soggetti a fattori sia interni che esterni. Questo è abbondantemente vero per la modulazione ormonale [...] come risultato è letteralmente impossibile per il cervello assumere un’uniforme ‘maschilità’ e ‘femminilità’. Il cervello è piuttosto un mix di gradi relativi di mascolinizzazione in alcune aree e femminilizzazione in altre. In media ci sono aree che sono più fortemente femminilizzate nelle donne e altre che sono più fortemente virilizzate in un uomo, ma le medie non sono mai predittive del profilo individuale“. La differenza maschio/femmina, seppure quantitativamente superiore rispetto alla variabilità tra individui appartenenti al medesimo sesso, in termini assoluti è comunque contenuta. “È come se qualcosa spingesse i cervelli dei sessi a separarsi ed allo stesso tempo li tenesse insieme“, ha aggiunto la professoressa McCarthy.

I biologi evoluzionisti interpretano questi dati come una forma di canalizzazione idonea a resistere meglio agli stimoli. “Durante la vita embrionale e nelle prime settimane dopo la nascita molti tratti sessuali sono canalizzati assicurandosi che i maschi stiano in un canale e le femmine stiano in un canale, assicurandosi che i canali non emergano e crescano troppo distanti tra loro“. Nessuna sorpresa che gli stimoli ambientali possano rappresentare un canale importante, ma questo, lungi da essere di per sé problematico, accresce il senso di responsabilità che deve animare i soggetti impegnati nei processi educativi ed impone loro di astenersi dalla manipolazione sperimentale ed ideologica attuata su minori che non mostrano alcuna disfunzione nello sviluppo della propria identità e nei comportamenti.

Renzo Puccetti

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