15/03/2013

Gli attivisti spingono sull’argomento dell’uguaglianza di genere a sostegno dell’aborto legalizzato

Molti sostenitori dell’aborto legalizzato argomentano che esso si renda necessario a garanzia dell’uguaglianza di genere. Il peso della gravidanza e del parto ricade sulle donne e mai sugli uomini, e pertanto solo con l’accesso all’aborto le donne potrebbero essere davvero uguali e capaci di determinare il corso delle loro vite.
Il Presidente Barack Obama ha detto, in un discorso a supporto dell’aborto, “Noi dobbiamo... assicurarci che le nostre figlie abbiano gli stessi diritti, libertà ed opportunità dei nostri figli di realizzare i loro sogni.” Ruth Bader, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, ed altri affermano che il presunto diritto costituzionale all’aborto dovrebbe esser fondato sulla Equal Protection Clause (Clausola di Uguale Protezione) del XIV Emendamento (“nessuno stato... negherà ad alcuno nella sua giurisdizione l’uguale protezione delle leggi”) piuttosto che sulla Due Process Clause (Clausola del Giusto Processo – come stabilito dalla Corte nel caso Roe contro Wade). L’uguaglianza di fronte alla legge richiederebbe l’accesso all’aborto.

Diversi doveri, non diverso trattamento
Questo argomento potrebbe sembrare convincente a prima vista, ma non resiste ad un’analisi ragionata.
Primo, la disparità di doveri non è necessariamente ingiusta o contraria all’uguaglianza tra gli uomini. Ad esempio, il dovere di prendersi cura di bambini di cinque anni ricade quasi esclusivamente sui genitori di bambini di cinque anni e quasi per nulla su tutti gli altri. Analogamente neanche le leggi contro l’omicidio o l’abbandono di bambini di cinque anni riguardano qualcun altro – potremmo addirittura affermare che esse privino i genitori dell’uguaglianza di “diritti, libertà ed opportunità” rispetto ai non genitori. Ma chiaramente tali leggi non sono sbagliate.
Ed è allo stesso modo che il carico della gravidanza ricade sulle donne e non sugli uomini, e una legge che vieti di uccidere con l’aborto un bambino non ancora nato impatterebbe sulle donne in modo diverso rispetto agli uomini. Ma una tale legge non sarebbe per tal motivo ingiusta. Le stesse leggi possono toccare le persone in modi differenti in differenti circostanze, ma ciò non significa che esse trattino le persone in modo differente. Ad ognuno dovrebbe essere ugualmente proibito di uccidere un essere umano innocente. Tale proibizione non è diretta verso un particolare genere. Nessuno ha il diritto di sopprimere una vita innocente.

La gravidanza è una forma di disabilità?
Secondo, uomini e donne sono ugualmente moralmente responsabili nei confronti della loro prole, sebbene tale obbligo possa assumere diverse forme (le donne, per via della fisiologia della riproduzione umana, sono le uniche a poter restare incinte). Gli uomini rispetto alle donne possono più facilmente sfuggire ai loro doveri di genitori, ma la soluzione non è autorizzare l’uccisione di un essere umano nel grembo materno. Piuttosto gli uomini dovrebbero assumersi le loro responsabilità ed essere considerati responsabili anche di fronte alla legge se necessario.

Terzo, l’argomento dell’uguaglianza di genere presuppone erroneamente che la gravidanza sia una forma di disabilità e che per questo le donne necessitino di una procedura chirurgica “correttiva” (l’aborto) per diventare uguali agli uomini. Questa è una forma di denigrazione delle donne e delle loro capacità riproduttive, che in pratica eleva il corpo del maschio a standard della sessualità umana. “La vera uguaglianza richiede che la società accetti le donne senza intaccare la loro fertilità”, scrive Teresa Collett, professoressa di legge all’Università San Tommaso nella città di Saint Paul in Minnesota.

Le donne possono farcela
Quarto, le donne non hanno bisogno dell’aborto per raggiungere l’uguaglianza sociale ed avere successo nel lavoro. Questo non potrebbe essere più ovvio, ed opinare altrimenti non potrebbe essere più offensivo. “Perché mai assumiamo che le donne siano incapaci di gestire le difficoltà di una gravidanza con nessun altro mezzo che non sia la distruzione di una vita? È questa una visione lusinghiera della donna?” si domandava Janet E. Smith nel suo saggio del 1978 “Abortion as a Feminist Concern” (“L’aborto come problema per il femminismo”).

Scriveva ancora la Smith: “In questi giorni di opportunità senza precedenti per le donne, quando esse vanno orgogliose di potere cavarsela da sole, e quando ci sono molti enti preposti all’aiuto di donne in difficoltà, perché dovremmo assumere che le donne che rimangono incinte in un momento poco opportuno non abbiano sufficienti risorse per alimentare la vita che hanno concepito?”

Dare un bambino in adozione è un modo etico e rispettoso della vita per sottrarsi alle proprie responsabilità, ed i centri per l’assistenza alla gravidanza e le case di aiuto per le donne in difficoltà affrontano i problemi della gravidanza e della genitorialità. Ma ancora di più può e deve esser fatto in favore del ruolo essenziale che le madri svolgono nella società.

Non c’è uguaglianza nell’aborto
L’aborto, togliendo la vita ad un essere umano innocente, è una profonda violazione della pari dignità tra tutti gli uomini e non un’affermazione di essa. L’aborto legale esclude dalla protezione della legge un’intera classe di esseri umani, permettendo che essi vengano smembrati ed uccisi a discrezione di altri. La pratica dell’aborto selettivo in base al sesso (la cui legalità è sostenuta da Obama) colpisce le bambine non nate proprio in base al loro genere. Non c’è uguaglianza nell’aborto.

Nota: Paul Stark è un membro dello staff dei Minnesota Citizens Concerned for Life (Cittadini del Minnesota Preoccupati per la Vita), un gruppo pro-life diffuso in tutto lo stato.

Traduzione a cura di Francesco Santoni

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato da LifeNews in lingua inglese

Fonte: LifeNews

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