02/08/2017

Ideologia gender e la scomparsa del maschio

A forza di ideologia gender propagata in tutte le salse, si è arrivati alla scomparsa del maschio.

Il femminismo prima, l’omosessualità innalzata a modello poi, e ora la moda dei transgender, dei gender fluid, degli intersessuali e compagnia cantante hanno fatto sì che la figura maschile venisse totalmente stravolta.

E se a dirlo è una come Annalisa Chirico, certamente non pro-life, né pro-family, forse ci dovremmo credere. Anche perché non è la prima volta che ne parla.

Il “genderless”

Come scrive su Il Giornale, le immagini del calciatore Federico Bernardeschi disinvoltamente vestito con la “pantagonna”, ovvero con un abito prettamente femminile, fanno pensare.

E la Chirico, oltre a valutazioni assai opinabili, ammette che sì, di questa situazione un po’ di colpa ce l’ha il movimento femminista. Negli ultimi decenni le donne (o, meglio le ideologhe femministe, che poi sono le stesse che oggi diffondono l’ideologia gender) sono state talmente concentrate nel guadagnare spazi di visibilità e protagonismo, spesso imitando e disprezzando gli uomini, che ormai il sesso maschile si è sempre più femminilizzato. 

«La femminizzazione galoppante della società contemporanea – scrive – è un fenomeno sotto osservazione che ha all’origine fattori culturali, sociali e persino biologici. [...] Donne sempre più intraprendenti e volitive, uomini spiazzati e remissivi. La parità è anche una questione di geni. Nella moda impazza il genderless, i capi che vanno bene sia per lui che per lei [...]. Nel cinema il maschio non somiglia a James Dean ma ad un essere irrimediabilmente imbranato, a metà tra Homer Simpson e Mr. Bean. Sentimentalmente irrisolto, eterno Peter Pan, inguaribile pasticcione. Negli anni di crisi economica l’uomo perde il lavoro, non è più una roccia di sicurezza economica ma naviga a vista. Nel rapporto di coppia, tra divorzi e alimenti appare come la parte più debole, alla mercé delle richieste dell’ex coniuge, il padre separato che dorme in macchina per risparmiare e non vede i figli quanto vorrebbe è un dramma dei giorni nostri. Nella pubblicità l’uomo è efebico e ammiccante, depilato meglio e più di noi femmine, erotico quanto un pupazzo della Disney, un “bambolo”» a uso e consumo di quei tacchi ruggenti sui quali facciamo carriera».

La sterilità

«Insomma – conclude – l’immagine del maschio contemporaneo non è vincente». E tutto ciò si ripercuote drammaticamente sul campo della procreazione e della fertilità: in un Paese come il nostro in cui la crisi demografica è allarmante, non è certo un buon segno.

«Secondo un recente studio dell’università di Padova – osserva la Chirico –, rispetto alla generazione dei padri i ragazzi di oggi sono più alti, con braccia e gambe più lunghe. Se gli arti si allungano, qualcosa si accorcia: il pene ha perso 0,9 cm di lunghezza. E il testosterone non se la passa meglio giacché i casi al limite della fertilità sono sensibilmente aumentati: una volta un uomo produceva tra i 300 e i 400 milioni di spermatozoi per eiaculato, adesso circa il 30% in meno. Secondo gli studiosi italiani, la sterilità maschile sarebbe raddoppiata negli ultimi 20 anni. Un’ecatombe. Tra qualche anno sarà possibile produrre spermatozoi in vitro per sopperire alla carenza maschile, e alcuni scienziati lavorano alacremente per creare un giorno in laboratorio sperma dalle cellule di una donna e uova dalle cellule di un uomo. Un traguardo che suggellerebbe definitivamente l’inutilità del maschio».

È a questo che vogliamo arrivare?

Redazione


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