31/07/2017

«Il cancro saprà togliermi la vita, ma io non lo aiuterò»

Maggie Karner era una donna americana innamorata della vita.

Una donna luterana, di mezza età, con tre figlie, molto attiva nelle opere di assistenza e beneficenza della sua chiesa, anche in paesi del terzo mondo. In un video pubblicato su You Tube, Maggie spiegava come abbia avuto la diagnosi di avere un tumore al cervello, che non lascerà scampo.

Dice di essersi subito identificata con la ventinovenne Brittany Maynard, non solo per la malattia, ma anche per tante questioni di gusti e carattere che sono emerse dal suo video. Dichiara di sentirsi più fortunata di lei, perché è più anziana e ha dei figli grandi, ma condivide con Brittany le stesse paure, le stesse angosce, gli stessi momenti di depressione e di ansia, dovuta alle sofferenze della malattia e al non conoscere esattamente quando la morte arriverà. Però Maggie non decide di farsi uccidere come Brittany, Maggie prega.

«Prego di poter mantenere il mio tumore sotto controllo con le più recenti terapie per prolungare la mia vita, un altro anno, o magari di un mese, o anche solo di un giorno».

Maggie grida chiaro e forte che il cancro saprà certo toglierle la vita, ma lei certo non lo aiuterà: «Il suicidio non è la risposta al cancro al cervello».

E conclude con considerazioni dettatele dalla ragione e dalla natura: dietro le associazioni che propagandano l’eutanasia e la loro estrema gentilezza con i malati gravi, ci sono comunque degli interessi: sono molto ben finanziate dalle stesse lobby che finanziano l’aborto, la contraccezione e anche gli attivisti Lgbt.

Il suicidio assistito, inoltre, mette le persone più vulnerabili a rischio di cedere ad un momento di debolezza, ad un periodo di stanchezza.

Del resto, i momenti bui vanno e vengono molte volte nella vita di tutti, ma la morte viene una volta sola ed è irreversibile! E in tutti i paesi che si definiscono “civili”, dove la legalizzazione della “libera morte” è avvenuta, la situazione è degenerata, al punto che gli stessi fautori dell’eutanasia sono tornati sui loro passi.

È vero, dice Maggie, il cancro, come altre malattie debilitanti, non è dignitoso: ti annichilisce, ti sottopone a situazioni a volte umilianti, oltre che dolorose. «Ma non mi toglie la mia dignità finché intorno a me ci sono persone che mi vogliono bene, che si prendono cura di me con amore e con le loro preghiere». E – spiega Maggie – è bene riflettere su quanto sia utile, formativo, positivo, nonostante il dolore, per le persone sane assistere i cari ammalati: non privi, Brittany, i suoi cari del dono altissimo che può far loro nel lasciarsi accudire e curare...

«Così come lo stupro non solo non è amore, ma neppure un “rapporto” sessuale, così l’eutanasia non conforta e non aiuta i moribondi». È solo ribellione a ciò che davvero è intollerabile per l’orgoglio umano: non la sofferenza, né la morte in sé, ma il non avere il controllo sulla vita e la morte.

Maggie ha pianto con Brittany nel vedere il suo video. Maggie la poteva comprendere come nessun altro. Maggie l’ha pregata di non uccidersi e di confidare nel fatto che la morte non è l’ultima parola perché la Vita ha vinto la morte e il Risorto è ancora qui, vivo fra noi, per infondere coraggio e speranza a chi lo invoca con un po’ di fede.

Francesca Romana Poleggi

Fonte: Notizie ProVita, marzo 2015, p. 16


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