17/06/2017

Il Gay Pride a Brescia non riceve finanziamenti, ma...

Anche Brescia avrà il (dis)onore di ospitare il Gay Pride, per l’occasione ribattezzato Brescia Pride, con azzardata interpretazione di cosa rappresenti motivo di orgoglio per i bresciani.

Dopo anni di propaganda “a reti unificate” (università, giornali, eventi patrocinati dal comune, manifestazioni di orgoglio lgbt di vario tipo), la Leonessa d’Italia assisterà mansueta ad un evento che va contro la sensibilità dei numerosi bresciani, che nei mesi scorsi hanno manifestato la propria contrarietà all’ondata omosessualista – senza per questo mettere in discussione il sacrosanto principio del rispetto delle persone, che rappresenta una questione da dibattere solo nell’immaginazione di chi vuole utilizzare questo tema come grimaldello per ben altri obiettivi. Prima o poi sapevamo che sarebbe toccato anche a noi subire le oscenità che regolarmente accompagnano questi eventi.

L’associazionismo gay vanta una disponibilità economica non indifferente (a Bolzano prendono più soldi le associazioni gay che l’AIDO per la donazione degli organi), oltre che gli appoggi giusti. È da tempo infatti che la vice sindaco, nonché Assessore alla Cultura, Creatività e Innovazione Laura Castelletti, insieme con i suoi collaboratori (primo tra tutti Fabrizio Benzoni), sembra dettare l’agenda di una amministrazione guidata da un sindaco che, pur astenendosi in genere da prese di posizione nette di sostegno alle rivendicazioni LGBT, ha pur sempre compiuto un gesto significativo ricevendo la composita rappresentanza del comitato organizzatore del Gay Pride.

A sorpresa, tuttavia, sia il Comune che la Provincia di Brescia hanno rifiutato di concedere il patrocinio alla parata, pur avendo appoggiato alcune “iniziative propedeutiche al corteo”. Curioso l’escamotage per non sbilanciarsi troppo, forse anche in vista della scadenza elettorale non lontana: «Il Comune non può appoggiare una manifestazione che esprime un documento politico-programmatico». Come se la Rete RE.A.DY, nella quale Brescia è stata portata dall’amministrazione Del Bono, non avesse un programma politico: forse però questa scelta, per quanto sciagurata e devastante, risulta meno appariscente e sfugge a molti dei potenziali elettori di Del Bono che, tutto sommato, non ci tiene più di tanto a farsi associare alla parata che assume di norma uno stile provocatorio, osceno o dissacratorio (si veda la vicenda dei manifesti affissi a Perugia, che sono costati al Gay Pride del capoluogo umbro il ritiro del patrocinio comunale già concesso).

Anche questa volta l’amministrazione comunale di Brescia dà dunque sfoggio delle proprie abilità nel rimanere nel mezzo, stringendo la mano da un lato all’associazionismo gay e dall’altro lato agli elettori, forse non troppo convinti dell’opportunità di un tale sfregio all’immagine di Brescia. Gli organizzatori del Brescia Pride, amareggiati per il tradimento del loro migliore alleato, non intendono arretrare di un passo di fronte a questa “battaglia di civiltà”, promettendo di marciare a testa alta «per dimostrare che i pari diritti per tutti sono uno scontato dovere istituzionale», forti del sostegno di “ben” 18 comuni bresciani (su 205). Altri comuni della provincia hanno invece deliberato un rifiuto di patrocinio e di qualsiasi altro sostegno all’iniziativa.

Stiamo a vedere quanti saranno i gay “con orgoglio”, oggi a Brescia.

Elia Buizza


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