29/06/2018

La censura ai tempi dei social: l’ipocrisia di Facebook

Il sito web LifeSiteNews, preziosa fonte di notizie attinenti alla bioetica (in particolare, ma non solo), subisce nelle ultime settimane una censura costante da parte di Facebook che, di recente, ha annunciato una nuova “linea dura” che vieta tutte le cosiddette “inserzioni politiche”, se non sono rispettate condizioni molto rigorose.

Ebbene, nella lista dei «temi di rilevanza pubblica», Facebook inserisce, oltre all’evergreen “aborto”, anche l’indefinita e indefinibile voce: “valori”. In altre parole, tutto. Tutto ciò di cui si può occupare una redazione che scrive su temi legati alla vita, alla libertà e quindi all’agire morale; proprio come LifeSite (e ProVita).

Dopo aver implementato questa nuova politica, Facebook ha immediatamente iniziato a bloccare quasi tutti gli annunci del sito, tra cui le pubblicità (Facebook ads) che usa durante le campagne di raccolta fondi per chiedere donazioni ai fan/lettori di Facebook. Così facendo, il social network sta impedendo di comunicare a quasi un milione di utenti la campagna estiva di LifeSite per la raccolta fondi. Le ragioni che hanno addotto dal centro assistenza sono, secondo la definizione del redattore Steve Jalsevac, «orwelliane».

Nello scambio di e-mail avuto con un responsabile, la redazione di LifeSite ha ricevuto, tra le altre, questa risposta: «Credo che ciò che sta causando la disapprovazione degli annunci sia proprio la foto che volevate pubblicare. […] È possibile che l’argomento scelto per i tuoi annunci sia la causa della mancata approvazione. […] Dal momento che resta un argomento scottante per alcuni utenti, può essere offensivo per Facebook mostrarlo da parte sua o permettere che sia mostrato».

Il grimaldello utilizzato, mai come in questo caso, ha nome e cognome: politically correct.

Le foto incriminate sono quelle che abbiamo messo in copertina di questo articolo e verrebbe da chiedersi cosa c’è di offensivo nell’immagine di una mamma in dolce attesa, dei piedini di un neonato o di un embrione nel grembo materno. Certo, verrebbe da porsi questa domanda se non fosse ormai chiaro l’intento dei principali canali mediatici del mondo, di far sparire dal dibattito pubblico anche solo il ricordo della battaglia condotta “in nome di chi non può parlare”…

Al momento la “linea dura” sembra essere circoscritta agli Usa (almeno in versione sistematica), ma c’è da aspettarsi che la normalizzazione giunga presto anche da noi. Occorre dunque reagire subito, soprattutto alla luce dei più gravi segnali che arrivano dall’Unione Europea; o saremo costretti ad attizzare quei fuochi di chestertoniana memoria…

Vincenzo Gubitosi

P.s.: Nella foto in evidenza, le foto censurate da Facebook.

Fonte: LifeSiteNews

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