17/03/2017

La morte e mortificazione dell’uomo. Bisogna combattere!

Dove stiamo andando? Che fine farà l’uomo?

È proprio dell’altro giorno la notizia che ha gettato il mio animo nello sconforto: dopo il caso della povera donna di Padova che non riusciva ad abortire per colpa dei “crudeli” obiettori, il direttore sanitario dell’ Ulss 6 Euganea nel padovano (Unità locale socio sanitaria), Domenico Scibetta ha annunciato la nascita del centro unico per gli aborti.

A seguire, si è fatto un gran discutere di eutanasia e di suicidio assistito, ossia di soppressione dell’uomo: soprattutto non posso non notare il massiccio attacco dei mass media nei confronti dei cosiddetti medici obiettori. Sento cori di femministe, di donne “libere” – per “libere” intendo la pornodiva Valentina Nappi – affermare che se vuoi fare il ginecologo non puoi essere obiettore.

Per contraddire le “signore” mi basta poco, mi basta citare il giuramento di Ippocrate che in due punti fondamentali afferma: «Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento». E ancora: «Giuro di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona». Quindi, essendo ogni medico tenuto a tener fede a tale giuramento, i ginecologi obiettori sono gli unici che hanno i titoli per essere ancora definiti medici.

Sforzi di retorica ed esercizi di dialettica a parte, una clinica statale dedicata esclusivamente all’aborto non si differenzia molto da un lager nazista o da un gulag russo. Non si fa altro che ripetere che dobbiamo imparare dalla storia, ma i signori in questione – che si ergono a maestri – dalla storia non hanno imparato proprio nulla.

La donna merita tutto il sostegno possibile, la donna seppur proprietaria del suo utero non è proprietaria della vita di un piccolo uomo che – suo malgrado – non ha avuto scelta. Quando affronto la tematica dell’aborto sono tre solitamente le obiezioni che mi vengon poste come un mantra omicida: «Se il bambino è frutto di violenza?», «Se la donna non desidera la gravidanza o ha problemi psichici?», «Se il bambino è malato?».

La mia risposta ai primi due quesiti è più semplice del previsto: supporto statale. Lo Stato deve sostenere e supportare la donna durante la gravidanza: con supporto psicologico, sicurezza nella conservazione del posto di lavoro, assistenza medica e – nel caso fosse necessario – alloggi dignitosi necessari fino dal concepimento del bambino e alla sua eventuale successiva adozione. Lo so, è una soluzione sicuramente più costosa di un aborto, ma decisamente più umana.

Al terzo quesito la mia risposta è ancor più semplice: se il bambino è malato e non adatto la vita sarà la natura a fare il suo corso, non c’è bisogno che l’uomo si sostituisca ad essa. Sembra quasi che in questo periodo storico si stia facendo un gran lavoro per far accettare ai popoli la morte: aborto, eutanasia, suicidio assistito. Si sta creando una sorta di diritto alla morte, ma cosa succederebbe all’uomo se un domani queste pratiche divenissero socialmente accettate? Vista la crisi artificiale che porta al collasso il sistema sanitario non sarà più semplice convincere le persone che è giusto sopprimere gli invalidi e gli anziani di una certa età?

Permettetemi poi un piccolo ragionamento a margine: se ad essere abortito fosse lo scopritore della cura del cancro? La morte genera morte ed è una responsabilità che come uomo non voglio. Rimanendo sul laico, nel momento in cui c’è la fusione dei due gameti ed avviene il crossing over, si è creato un patrimonio genetico unico ed irripetibile. C’è chi parla per amore del “diverso” eppure appoggia la terminazione del diverso stesso ogni giorno. Io come uomo non posso girarmi dall’altra parte mentre avviene il più grande genocidio di innocenti della storia.

Come uomo mi rifiuto, non posso non combattere. Se con le mie parole avrò convinto una sola donna a non estirpare il frutto del suo grembo, avrò vinto; se una sola vita sarà salva grazie a questo articolo avrà vinto l’umanità tutta. Io non credo che il progresso sia nell’omicidio, io sono e resto fermamente convinto – per non perdere la mia umanità – che il progresso non sia accettazione e libertà alla morte: io credo che il progresso sia salvaguardia e amore per la vita, con il contributo e la solidarietà di ogni uomo della collettività.

Vincenzo Ziccardi



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