22/02/2018

La vita da single è migliore. O forse no...

Il vecchio che ritorna. Ogni tanto, con strategie diverse, i media insistono sul fatto che la vita da single sia migliore. Si avrebbero più libertà, non si avrebbe nessuno cui rispondere, si disporrebbe di più tempo libero e – come sostiene l’ultimo articolo sul tema pubblicato sull’Ansa attorno a San Valentino – i vantaggi dei single contemplerebbero anche il fatto che «essere ‘liberi’ migliora la forma fisica e il peso, stimola la crescita personale e la creatività, migliora i rapporti sociali».

Ovviamente queste affermazioni sono suffragate da ricerche che vengono spacciate per scientifiche, ma che forse – se si scava – si scoprono essere ideologicamente orientate. Solo guardando gli studi citati nell’articolo menzionato si vede la fragilità alla base della tesi portata: per esempio si dice che gli uomini sposati, e soprattutto i papà, peserebbero in media due chili in più (due chili! Una cosa irrisoria in una persona normopeso...) rispetto ai single, anche se – e qui la contraddizione è lampante – viene riconosciuto che gli uomini sposati mangiano più sano. Ancora: una ricerca afferma che la solitudine, se non viene vissuta in modo negativo, aumenterebbe la creatività sul luogo di lavoro... ma come si misura la creatività? E come si fa a dire che una persona magari poco creativa professionalmente, non sia invece un’artista in altri ambiti della vita?

Tuttavia ormai lo abbiamo imparato: alle ricerche scientifiche si può far dire quello che si vuole, più o meno. Ma a che pro insistere su quanto “bella e salutare” sia la vita da single, penserà qualcuno? La risposta interessa vari settori, ma forse il più incisivo rimane ancora quello economico: i single sono degli ottimi consumatori. Un single, infatti, non riesce ad abbattere i costi fissi come fa una famiglia; si pensi banalmente all’affitto, che è una voce di spesa mensile molto corposa: ebbene, un single che vive in un mini appartamento, paga la stessa cifra di una coppia che vive in un locale dalle dimensioni simili. Ancora: un single paga i costi di una macchina che, normalmente, in famiglia viene usata da più di una persona. E via discorrendo.

Si potrebbe poi aprire un ampio capitolo su quanto siano influenzabili i single – in quanto molto più attenti alle logiche sociali per ovviare al pericolo di rimanere “esclusi”, “tagliati fuori” dal mondo – o sul narcisismo e l’edonismo che regolano spesso la mentalità di massa, per la quale il sacrificio (necessario, e anzi base, dell’essere in relazione con altre persone) e la capacità di andare oltre le emozioni del momento non sarebbero valori da perseguire...

Tuttavia la cosa forse più importante, al di là di proporre i limiti della visione che vorrebbe esaltare la vita da single, è spiegare perché vivere in coppia, formare una famiglia, è quanto più corrisponde alla natura umana: l’uomo, infatti, è un essere in relazione. Nasciamo all’interno di una relazione (uomo e donna, che ci hanno generati), cresciamo grazie a una relazione (teoria dell’attaccamento primario) e ci formiamo e definiamo sempre più in relazione agli altri (crescita personale). Se annullassimo tutte queste relazioni, annulleremo la possibilità che vi sia una progressione del genere umano. Senza relazione non c’è l’uomo e non c’è l’umanità, intesa come concreto sviluppo delle virtù razionali e morali che l’uomo ha in dote.

Concludendo, dunque, il fatto di essere single non è una colpa, anzi per molte persone è una sofferenza, e non è neppure una condanna, dal momento che si può trovare un proprio modus vivendi anche in una condizione di solitudine: tuttavia non è uno stile di vita da incoraggiare; al contrario invece della famiglia, che è e rimane un contesto generativo, in senso sia fisico, sia interiore.

Teresa Moro


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