17/10/2017

Lettera al Direttore: «Io, vittima della censura di Facebook»

Un nostro stimato collaboratore, Giuseppe Fortuna, ci ha mandato questa lettera per rendere nota la censura di cui è stato vittima su Facebook. Censura che, tra le altre cose, ha colpito un commento relativo a un post pubblicato sulla nostra pagina ufficiale.

Siamo ancora liberi di esprimerci in favore della vita e della famiglia?

«Io, vittima della censura di Facebook»

Egregio Direttore,

mi presento: sono un libero pensatore. Non trovo parole migliori per descrivermi e nello stesso tempo introdurre il motivo per cui le scrivo.

Le scrivo, infatti, perché credo fermamente nel dialogo, nello scambio di idee, nella libertà di opinione. Ci credo così tanto che, pur concordando con Umberto Eco sul fatto che i social media abbiano dato «diritto di parola a legioni di imbecilli», sono convinto che anche “l’imbecillità” meriti di essere provata, discussa e accantonata. Le scrivo perché non accetto che si dica «Non accetto che si dica…». Le scrivo, insomma, perché credo che chiunque abbia il diritto di essere ascoltato.

Viviamo, inutile nasconderlo, nel mondo in cui l’opinione pubblica è guidata non da re o dittatori, ma da se stessa. Viviamo nell’epoca del gregge in cui ciascuno segue la pecora che lo precede in un cerchio chiuso, su un pascolo costruito ad arte chiamato società 2.0.

Senza giri di parole, sappiamo bene che ad oggi i social media più usati sono tre, con Facebook che mantiene un notevole distacco verso i concorrenti: una bacheca su cui chiunque può dire quello che vuole (forse).

E così imperversano pagine che, per un like in più, diffondono notizie false, previsioni apocalittiche, cure mediche improbabili, o ironizzano in modo decisamente poco rispettoso su aspetti delicati della vita di altre persone con toni volgari e carichi di odio.

Per cinque anni ho provato a scuotere i censori di Facebook segnalando post e intere pagine che rientravano in almeno una delle categorie suddette, ricevendo solo il classico e laconico suggerimento di “Non seguire più la pagina” o nasconderla. Come se nascondere il problema equivalesse a risolverlo.

Potrà dunque immaginare, caro Direttore, la mia meraviglia (ma neanche tanta) quando oggi mi sono trovato un mio post rimosso poiché violerebbe le regole di Facebook. Strano, davvero. In questi cinque anni mi ero formato l’idea che in realtà non esistesse un codice di regole da poter violare, ma evidentemente mi sbagliavo. Probabilmente, semplicemente, non so interpretare correttamente il decalogo nascosto dei social media.

Censura_Facebook_Fortuna

Ed ecco quindi, caro Direttore, che mi rivolgo a Lei per chiederle di aiutarmi a capire in cosa il mio post possa essere risultato lesivo di un codice comportamentale che, su altri fronti, accetta senza batter ciglio minacce, offese al Credo, bestemmie, gesti scurrili immortalati in esibizionistici selfie.

Glielo chiedo per tranquillizzarmi. Glielo chiedo perché vorrei sentirmi dire: «No, non ci siamo proprio! Non ci si esprime così! Una bestemmia la capisco, si dice così per ridere, ma questo post non va bene!».

Vorrei insomma che mi distogliesse dall’attanagliante idea che il mondo stia sprofondando miseramente nel peggiore dei mondi possibili: quello in cui non si hanno più neppure gli strumenti per fare marcia indietro.

Giuseppe Fortuna


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