04/07/2013

Lettera di una mamma che ha ricevuto la diagnosi prenatale della Sindrome di Down

Premessa: se siete imborghesiti e politicamente corretti, questo articolo non fa per voi

La storia è questa: una giovane donna scopre a un certo punto della sua vita di aspettare un bambino. È una cosa che succede nella vita di una donna; solo che al bambino viene diagnosticata la sindrome di Down. Un aborto annunciato? No; qui succede il miracolo. Dopo una prima reazione di paura, la futura mamma decide di reagire e di non dar retta a chi le propone di “levarsi il disturbo” di quel figlio malato. Va avanti per la sua strada, lascia fare alla natura il suo corso, fino alla nascita. Accetta suo figlio (dovrebbe trattarsi di una cosa tanto naturale, ma oggi per molti non lo è!), e decide di raccontare la sua vicenda, a mo’ di testimonianza, in una lettera aperta.

Scrive che il primo suo pensiero è stato un desiderio di normalità, di una vita tranquilla e senza scosse, di una vita tutto sommato noiosa. La riflessione l’ha però portata a capire come le cose possano essere migliori di quelle sognate per la propria vita, grazie proprio a quel figlio diverso e non nonostante la sua presenza.
La diagnosi non ha più importanza, importa solo il bambino, o meglio la bambina, visto che alla fine era nata una bella bimba. La nuova nata aiuta la propria mamma a conoscere la sua parte migliore e la parte migliore di ogni persona; grazie alla bimba, quella mamma capisce che l’amore esiste davvero, vede persone, anche sconosciute, felici di sapere che ora al mondo c’è anche la sua bambina.
Un test prenatale non basta a spiegare, a illustrare, a preconizzare come sarà la vita di una persona, potrà solo dire come questa sarà fisicamente, se presenterà delle patologie, nulla più.
La lettera riporta anche un episodio simpatico. La bimba aveva pochi mesi e già accompagnava la mamma al supermercato. In una di queste occasioni, mamma e figlia incontrano una signora in compagnia del figlio di diciannove anni, anch’egli affetto dalla sindrome. Le donne si riconoscono unite dalla loro situazione, nonostante la differenza di età, e conosciutesi si sentono meno sole. La donna più anziana la saluta così: “benvenuta in questo bel viaggio”.

Traduzione e adattatamenti a cura di Marco Masoero

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da National Right To Life News Today in lingua inglese

di Dave Andrusko

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