09/10/2014

L’eugenetica del terzo millennio

Nonostante la diffusa mentalità eugenetica , domenica 12 ottobre, chi vorrà, potrà partecipare, in più i 200 piazze italiane, alla Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, promossa da 72 associazioni aderenti al CoorDown (Coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di DOWN), nato nel 2003. Le donazioni che si raccoglieranno concorreranno alla realizzazione di progetti scolastici e di lavoro per l’inserimento delle persone down dai 14 ai 25 anni. Il tema centrale dell’iniziativa è l’accettazione della diversità.

Negli ultimi anni, in Italia – e non solo – i bambini down sono quasi del tutto scomparsi. Si calcola siano 38mila. Un bambino su 1.200 nasce con quest’imperfezione, che deriva da un’anomalia cromosomica che può essere presente sin dal momento del concepimento.

Gli screening pre-natali sono divenuti strumenti massivi di selezione preventiva. La vita che non piace viene scartata via e la diagnosi prenatale, da strumento idoneo a curare in tempo possibili patologie, acquista sempre più una dimensione selettiva e abortiva. E’ la “cultura dello scarto” quella che domina, una forma di eugenetica del terzo millennio. Già nel ventesimo secolo, l’eugenetica era stata praticata in parti consistenti del mondo occidentale, in Svezia, anche negli Stati Uniti. I nazisti la ripresero con le leggi che avevano la finalità di migliorare la razza ariana e di sopprimere quelle inferiori e i “deboli di mente”. Ora, abbiamo l’eugenetica “democratica” del terzo millennio – assecondando il desiderio del “figlio perfetto” – che vuole decidere se una vita val la pena o meno di essere vissuta.

 

“E’ mia figlia a doversi adattare alla società, non il contrario”, disse qualche anno fa una madre inglese per spiegare la sua decisione e quella di suo marito – entrambi medici – di dare alla loro bambina, affetta da sindrome down, un nuovo volto, sottoponendola ad una serie di interventi di blefaroplastica. Il desiderio era quello di rendere “normale” la loro bambina, consentendole una vita sociale, altrimenti difficile. L’essere non viene al mondo nella sua dignità di persona, fatta a immagine e somiglianza di Dio – qualunque colore della pelle abbia, qualunque viso abbia, qualunque menomazione o imperfezione abbia – ma per piacere e adattarsi al mondo, che lo deve accogliere ed accettare. Meglio farlo preventivamente, allora, con i mezzi di cui la scienza dispone, sempre più sofisticati e invasivi. Meglio sopprimere, piuttosto che ricevere il giudizio “severo” del mondo, che accoglie solo chi “piace”. Meglio ignorare che dentro quella persona “diversa” c’è un’anima, che sa amare e vuole essere amata.

Danilo Quinto

 

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