07/05/2019

L’indecenza elevata (ancora) ad arte con la fontana di Ontani

Inaugurata il 7 aprile alla presenza del sindaco Massimo Gnudi e di una folla chissà, forse divisa tra il divertito e il disgustato, forse completamente entusiasta – non importa – la fontana di Luigi Ontani si erge davanti alla stazione dei treni di Vergato (Bo). «L’opera», leggiamo su Bologna Today, «rappresenta un fauno adulto (simbolo del fiume Reno) con un putto sulle spalle (simbolo del Torrente Vergatello) mentre la testa maestosa e severa di un vecchio Tritone (incarnante l’Appennino) si erge dal fondo della vasca circolare cingendo l’intera l’opera. Infine l’uovo su cui poggia il gruppo centrale è un riferimento al monte sacro Montovolo, caro all’artista».

Cara all’artista sarà la “sacralità” del monte dal punto di vista pagano, evidentemente, dato lo stile conferito alla scultura. Il fauno, infatti, come da tradizione pagana, è raffigurato fin nei minimi particolari secondo i canoni “priapeschi”, per usare un rimando alla mitologia greco-latina. Per essere più espliciti possiamo citare Mirko De Carli, leader del Popolo della Famiglia, per il quale «la fontana di Ontani è oscena, offende i bambini e va rimossa. Andrò a Vergato», ha dichiarato, «per ribadirlo con una diretta Facebook mentre leggerò tutti i messaggi indignati che mi hanno mandato. Oltre tutto sono stati usati anche dei soldi pubblici, in particolare 50 mila euro dal comune di Vergato».

La reazione di De Carli è dovuta al fatto che «le opere di questo artista sono discutibili e scabrose, questa fontana in particolare rimanda al tema dell’androgino e quindi al superamento del maschio e della femmina e consiste in un fauno con un grosso fallo eretto e un bambino sulle spalle». Noi ci limitiamo a notare che da tempo, ormai, le strade e le piazze, per non parlare degli spettacoli pagati con i soldi pubblici, sono impregnate di un neopaganesimo che offende il più elementare senso del decoro dovuto innanzitutto sì, ai bambini, ma non solo a loro. Potremmo star qui a sottolineare la malizia che accosta l’indecenza del fauno all’innocenza del putto, o a indugiare su certi prevedibili dettagli idraulici, ma non ne vale la pena. In una società normale una scultura del genere non sarebbe neanche pensata; in una società appena decente non troverebbe posto in alcun luogo pubblico e, qualora ciò avvenisse, sarebbe presto divelta; nella nostra società incontra il plauso delle istituzioni e i risolini dei minus habentes.

Chiediamo, con apposita petizione, che venga rimossa al più presto. No, non siamo bigotti, né scandalizzati – come potremmo, abituati come siamo alle più oscene pubblicità pornografiche per le nostre città? – ma ci limitiamo a contemplare il declino di una civiltà che non ha più nemmeno quel barlume di lucidità necessaria per distinguere il bello dal brutto, il conveniente dallo sconveniente, il pubblico dal privato.

Vincenzo Gubitosi

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