30/12/2018

Mancano “donatori” di gameti per la fecondazione artificiale. Si propone un “rimborso”

La notizia riportata sabato 22 dicembre dal Corriere della Sera circa la proposta avanzata al Ministero della Salute in un incontro del 18 dicembre, di rimborsare con almeno 600 euro le donatrici di ovuli destinati alle fecondazioni eterologhe (fecondazioni effettuate con ovuli o spermatozoi esterni alla coppia), mi ha fatto non poco indignare, senza contare che verranno ovviamente rimborsati anche i donatori di sperma (mica si vorrà discriminarli).

La fecondazione eterologa, diventata legale nel 2014 a opera di una magistratura ideologizzata, che a suon di sentenze si sostituisce sempre più al volere dei cittadini (la legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale all’articolo 4 comma 3 riporta chiaramente: «È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo»), non prevede alcuna modalità di rimborso ai donatori: le donazioni di ovuli e gameti maschili devono essere gratuite.

Inoltre non essendo la procedura di fecondazione eterologa una cura (con la fecondazione assistita non si tratta una patologia: l’infertilità o la sterilità rimarranno tali), ed essendo pericolosa per le giovani che dovrebbero “donare” gli ovuli (rischio di sterilità e tumori a causa dei bombardamenti ormonali, ai quali si devono sottoporre per l’iperstimolazione ovarica), è chiaro il motivo per cui non ci siano dei volontari che facciano queste presunte “donazioni”.

A quelli che, come il sottoscritto, sono invece donatori volontari di sangue o di midollo osseo, donazioni che salvano vite umane, viene elargito un toast industriale e una bottiglietta d’acqua, altro che i 600/1000 € che si vogliono riconoscere ai donatori di ovuli e sperma. E chi paga tutto questo? Sempre noi contribuenti, perché anche la fecondazione assistita è entrata nei L.E.A., grazie al governo Gentiloni, di infausta memoria.

È una notizia censurata dai media, ma i bambini nati con la fecondazione assistita presentano spesso importanti complicanze a medio e lungo termine. La letteratura scientifica documenta tassi più elevati di basso peso alla nascita, parti pretermine, malformazioni congenite, rischio di sviluppare tumori e gravi malattie cardiovascolari per invecchiamento vascolare precoce (segnalato sul Journal of American College of Cardiology).

Inoltre le coppie non sono mai messe a conoscenza dei rischi, in spregio al consenso informato. I bambini nati con la fecondazione artificiale sono generalmente meno sani dei bambini nati in modo naturale. Perché è impossibile in laboratorio operare i meccanismi di selezione naturale, che la natura attua durante il concepimento. Inoltre le coppie che si sottopongono alla fecondazione in vitro non vengono neanche informate che questa procedura genera sovente uno stress fortissimo nei genitori, in particolare sulla madre, coinvolta in iperstimolazioni ovariche e altri trattamenti medici causandole non di rado gravi depressioni, oltre che un’alta conflittualità coniugale, soprattutto in caso di ricorso all’eterologa.

Il recente omicidio-suicidio di Pina Orlando deve far riflettere. Questa povera mamma disperata aveva partorito tre gemelle con la fecondazione artificiale, una delle quali morta subito, le altre due gravemente malate (una delle due gemelline era nata completamente cieca, l’altra avrebbe avuto per tutta la vita deficit deambulatori). Gli scompensi ormonali dovuti ai farmaci utilizzati per la fecondazione assistita (oltre alla notizia della bimba morta e delle altre due malate) hanno indotto la donna a gettarsi con le due neonate nel Tevere.

A fronte di tutti questi rischi non viene neanche messa in evidenza la scarsa percentuale di successo di questa tecnica: in Italia il 13,3% (dal registro nazionale Pma, procreazione medicalmente assistita, antilingua che intende la fecondazione artificiale). Tale percentuale scende al 5% quando l’età delle donne è superiore ai 40 anni e al 2% quando l’età delle donne è maggiore di 43 anni. Nessun imprenditore sano di mente produrrebbe un prodotto sapendo che per l’87% non funzionerà.

Non dimentichiamo inoltre che a tale basse percentuali di successo si deve aggiungere che la fecondazione artificiale è di per se occisiva, non è possibile infatti effettuarla senza sacrificare embrioni umani (su 70.000 embrioni prodotti nascono solo 6.000 bambini con una morte embrionaria del 96%).

Mons. Germano Zaccheo diceva che: «la fecondazione assistita è un atto gravemente contrario alla morale e al diritto. Essa infatti riduce l’uomo-embrione a oggetto come mezzo per ottenere una gravidanza; incoraggia la selezione eugenetica dei concepiti per l’eliminazione dei difettosi; crea le premesse per l’uccisione dei gemelli con l’aborto selettivo nel caso di gravidanze plurime. In una parola dobbiamo proclamare con fermezza che la Vita umana è e deve restare intangibile, in tutti i momenti, dal concepimento alla sua fine naturale».

Il controsenso è che a noi contribuenti da una parte fanno pagare milioni di euro per uccidere con l’aborto dei bambini che ci sono già, e dall’altra ce ne fanno spendere altrettanti per creare la vita in provetta non calcolando poi le drammatiche conseguenze che derivano dall’andare contro natura.

Il vero legame che unisce la legge 194/1978 e la 40/2004 sulla fecondazione artificiale è la loro natura iniqua: sono entrambe leggi gravemente ingiuste che uccidono vite umane, che servono a finanziare un’ideologia mortifera a discapito dell’uomo e che meritano quindi l’integrale abrogazione.

Giorgio Celsi

Fonte: Corriere della Sera

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