24/12/2015

Matrimonio gay – Parlamento greco e Platone

Tutti quelli che avevano avuto una boccata d’acido alla notizia del referendum sloveno contro il matrimonio gay, si sono riconsolati pochi giorni dopo.

Il Parlamento greco, infatti, ha legalizzato le unioni civili omosessuali.

Da un estremista di sinistra, come Tsipras, ce lo si poteva aspettare. Soprattutto dopo che lo stesso Tsipras, eletto con la promessa di fare fuoco e fulmini contro l’Unone Europea, si è poi fatto blandire dalla Merkel e compagnia. E in tempo di crisi generale, sappiamo quanto la Grecia in particolare sia ricattabile dal punto di vista economico. Non stupisce quindi che Tsipras abbia immediatamente avallato l’attuazione dell’agenda omosessualista.

L’avevano promesso, del resto, i principali partiti greci (compreso Nea Democratia) firmando un impegno congiunto alla fine di settembre con la ILGA Europa.

Può anche darsi che il popolo greco sia contento così.

Non lo sarebbe, però, un “vecchio” greco come Platone [ne abbiamo già parlato mesi fa. Chi non ricorda o non ha letto proceda pure qui]: nel Simposio, il grande, antico, filosofo (nato e morto ad Atene più o meno nel 428 e nel 348 avanti Cristo, rispettivamente), fa dire a Socrate che l’amore non è ciò che gli altri commensali credevano (l’attrazione dei “mezzi” verso il “complementare”), ma piuttosto l’attrazione che l’anima umana ha per la perfezione e per l’Assoluto. 

Nelle Leggi Platone si rivela dichiaratamente “omofobo” (meno male che non c’era la legge Scalfarotto, ai suoi tempi): dice, infatti, che bisogna rispettare le leggi di natura per conquistare la virtù, condanna i rapporti sessuali che non siano tra uomo e donna adulti, al fine di procreare; critica quelli che  hanno “corrotto la norma antica e secondo natura relativa ai piaceri sessuali” e dice che “ il piacere sessuale è stato dato secondo natura sia alle femmine che ai maschi perché si accoppiassero al fine di procreare, mentre la relazione erotica dei maschi con i maschi e delle femmine con le femmine è contro natura e tale atto temerario nasce dall’incapacità di dominare il piacere”.

La legge, secondo Platone, deve indurre i cittadini a vivere nella castità e nel dominio di sé. E se proprio alcuni non resistono all’attrazione dei piaceri contro la legge naturale “sia presso di loro cosa bella compiere di nascosto questi atti (…), mentre sia turpe il non farli di nascosto”.

Ultima nota, a margine, sulla condanna della pedofilia. Nella Repubblica (un’altra fondamentale opera di Platone) c’è scritto che la legge deve comandare al maestro che “prova affetto (erastés) per il suo discepolo (ta paidikà)” che “lo ami e lo accompagni e lo tocchi come farebbe un padre con il figlio; con il suo consenso e avendo come fine la contemplazione e la conoscenza del bello. Mai dunque dovrà accadere o sembrare che si vada oltre questi limiti”.

La famiglia fra uomo e donna è il fondamento istituzionale esclusivo di tutte le civiltà e di tutti i popoli, da sempre. E’ ovvio, è banale. Ma a dirlo, oggi, si viene tacciati di omofobia. Per fortuna anche Platone è dei nostri.

Francesca Romana Poleggi

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