22/07/2013

Omofobia, vogliono negare le differenze sessuali

Che cosa c’entra l’identità di genere, cioè l’idea che l’identità sessuale non sia più determinata dal sesso biologico della persona, con la proposta di introdurre un nuovo reato, quello dell’omofobia?

E’ rispondendo a questa domanda che possiamo comprendere meglio le implicazioni delle proposte di legge sull’omofobia in discussione in questi giorni in parlamento.

Se la questione riguardasse solamente atteggiamenti di intolleranza e bullismo o episodi di violenza e di discriminazione nei confronti di persone omosessuali, allora il problema non si porrebbe. Sarebbe sufficiente porre un’aggravante generale per tutti i reati legati all’odio e alla discriminazione, in modo da essere certi di non dimenticare nessuno, e di includere, quindi, anche gli omosessuali.

Gli odiosi episodi di sopraffazione, discriminazione e violenza, infatti, hanno come oggetto innanzitutto tutte le persone individuate come deboli o isolate, prima che appartenenti a una categoria precisa: pensiamo alle donne, che sono in assoluto le più colpite dalle aggressioni fisiche, dalla violenza sessuale all’omicidio. Pensiamo a quello che avviene nelle scuole, dove le vittime di bullismo sono prese di mira per i motivi più svariati, perché obesi, disabili, o magari “secchioni”, tanto per fare alcuni esempi.

Se per prevenire e punire questi comportamenti si sceglie la strada di individuare le categorie da proteggere, difficilmente si riesce a includerle tutte, anche perché certe tipologie di vittime non sono facilmente definibili (pensiamo per esempio alle persone particolarmente timide e introverse, che si possono facilmente isolare e trasformare in bersaglio). La proposta di un’aggravante per tutti i reati di questo genere sarebbe facilmente condivisa e approvata dall’intero Parlamento, e potrebbe essere un contributo concreto per prevenire e punire un genere di violenza che, nella situazione di emergenza educativa e di perdita di orientamento morale che viviamo, si sta diffondendo sempre più.

Ma in discussione c’è altro: si propone di introdurre un nuovo reato specifico, quello di omofobia, includendo nel testo di legge il concetto di identità di genere, un concetto che conduce alla negazione delle differenze sessuali; è questo infatti il vero punto di arrivo della rivoluzione antropologica in atto, per la quale leggi sull’omofobia e approvazione di unioni/matrimoni gay sono passaggi intermedi e obbligati.

Definire le persone attraverso le abitudini e i comportamenti sessuali – omosessuali, eterosessuali, bisessuali, transessuali, e tutte le varianti che nel tempo si vanno aggiungendo – piuttosto che in base alla propria identità sessuata di maschio e femmina, iscritta nel corpo, significa modificare i tratti dell’umanità così come è da sempre, negando la sua caratteristica fondante, di essere cioè composta da uomini e donne la cui unione feconda consente la continuità della specie. Per raggiungere una completa indifferenziazione è fondamentale introdurre l’identità di genere anche nel quadro normativo, così come viene fatto nella proposta di legge in discussione, che implica molto di più che la condanna di atteggiamenti discriminatori e violenti contro gli omosessuali.

Dei problemi sulla libertà di espressione che l’approvazione di una legge come questa porrebbe si è già detto e scritto, e l’allarme è tutt’altro che infondato: chi ci assicura che iniziative pubbliche contro i matrimoni gay possano essere ancora lecite, dopo l’approvazione della legge sull’omofobia? Potremo ancora criticare la possibilità per le coppie dello stesso sesso di accedere alla fecondazione assistita o all’adozione? Potremo dire, come ancora fa la gran parte degli psicologi e degli psicoanalisti, che un bimbo, per crescere in modo equilibrato, ha bisogno del modello materno e di quello paterno? Il rischio di un bavaglio soffocante in questo senso è elevatissimo, considerando quel che già avviene nei paesi dove leggi di questo tipo sono già in vigore.

Se la battaglia parlamentare in corso è su una legge contro l’omofobia, è bene tenere presente l’impostazione culturale a cui questa proposta appartiene e il disegno generale in cui si colloca. Includere il concetto di identità di genere nel testo legislativo è la spia di un progetto più ampio, di un percorso finalizzato a cancellare la differenza sessuale e l’antropologia naturale. L’intervista a Umberto Veronesi pubblicata sul Corriere della Sera del 19 luglio, pur con le sue ingenuità, è rivelatrice: “L’omologazione dei generi è un fenomeno positivo per l’umanità perché l’entrata in scena della donna con ruoli sempre più strategici non può che portare ad un mondo migliore, più giusto e più pacifico. Sta alla scienza il compito di contribuire alla risoluzione del problema dell’infertilità, come sta avvenendo grazie agli studi sulla fecondazione assistita, oggi sempre più necessità sociale.”.

Secondo il noto oncologo, dunque, l’infertilità maschile (che nel mondo occidentale è in forte aumento) è una sorta di inevitabile destino biologico dovuto alla profonda trasformazione antropologica e culturale che viviamo, e l’unico modo di tamponarne le conseguenze (cioè il crollo demografico) sono le tecniche di procreazione in vitro, a cui naturalmente dovranno accedere coppie di ogni tipo.

E’ questo il futuro che ci aspetta, ed è proprio impossibile scongiurarlo? Credo di no: ma dobbiamo sconfiggere il “politicamente corretto” che avanza, e che, per esempio, liquida come omofoba e pretestuosa ogni obiezione alle modalità individuate da questa legge per combattere le discriminazioni. Dobbiamo fare appello al senso comune, cioè all’esperienza viva delle persone, contro il luogo comune, cioè la diffusione di argomentazioni astratte e ideologiche ma proposte con grande dispiego di forze dalle élite europee e occidentali.  La battaglia parlamentare è solo la punta dell’iceberg: la grande battaglia si combatte sul piano culturale, e richiede tenacia, pazienza e coraggio.

di Eugenia Roccella – Deputato eletto nelle liste del PDL

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