05/01/2015

Omosessualismo e “fatto naturale”

Nella sequela di frasi fatte di cui si nutre l’ omosessualismo e la propaganda Lgbt spicca lo pseudo-argomento del “fatto naturale“.

Chi non l’ha mai sentito? Suona più o meno così:“L’omosessualità è un fatto naturale in molte specie animali, quindi non si vede perché debba essere fonte di discriminazione nel mondo umano”.

In precedenti  articoli abbiamo  analizzato le contraddizioni razionali e l’incongruenza logica dell’ideologia del gender, che è strettamente contigua a quella omosessualista.

Come i teorici del gender, così gli omosessualisti (attenzione non gli “omosessuali”, gli “omosessualisti”, che non è detto siano omosessuali) devono necessariamente fare appello agli slogan di questo tipo. Per forza: il gender e l’omosessualismo non hanno una base logico-scientifica convincente e la loro diffusione è possibile solo facendo leva sull’emotività, provocando reazioni non ragionate, da cui procedono giudizi non meditati.

Nel nostro caso, per esempio, il termine “natura” è utilizzato in modo ambiguo e porta a conseguenze logiche contraddittorie.

Prima di tutto in natura” nessuna specie si riproduce tramite relazioni omosessuali, e non occorre essere dei teorici del darwinismo sociale per trarre le logiche conseguenze di questo primo dato.

Inoltre in natura” si riscontrano forme di violenza che vanno dal maltrattamento infantile all’infanticidio, all’uccisione dei rivali o semplicemente delle prede, e quant’altro: si pensi per esempio a quanto avviene nel mondo dei primati non-umani.

Detto questo, occorre svelare la solita piroetta antropologica: come si fa a dare per scontato che l’uomo sia assimilabile in tutto e per tutto alla natura degli animali?

L’essere umano è sintesi di “natura” e “cultura” e quest’ultima è un prodotto della differenza ontologica (sessuale e identitaria) tra uomini e donne, non il contrario.

Pretendere di utilizzare il termine “natura” e “naturale” per giustificare delle pretese antropologiche fuorvianti è insensato prima di tutto da punto di vista di ciò che l’umanità evidentementeè”: differenziata in uomini e donne, maschi e femmine, che sono a loro volta complementari e portatori per l’appunto di umanità, non di mera istintualità animale.

Inoltre a chi pretende di affermare che “in natura ci sono i comportamenti omosessuali degli animali, dunque l’omosessualità è normale”, si deve ricordare che l’omosessualità non ha nemmeno tra gli animali scopo riproduttivo, ma casomai (quando raramente si presenta) di rinsaldamento di legami sociali o di scala gerarchica (nei gruppi organizzati). Ciò significa che la “natura” (intendendo con questo termine vago ciò che avviene nel mondo animale) non può essere acriticamente presa a norma morale del comportamento umano.

Natura, per parafrasare Aristotele, è un pollachòs legòmenon: ha diversi significati. Affermando che gli atti omosessuali non sono affatto naturali, il termine “natura” viene invece impiegato col significato di «ciò verso cui una cosa è finalizzata» (Aristotele: «la natura è il fine: […] ciò che ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo noi lo chiamiamo la sua natura», Politica, 1252 b 32).

Parlando dell’uomo, meglio insomma non impiegare il termine «natura» come sinonimo di «mondo animale»: l’uomo è qualitativamente diverso dagli animali e non deve ispirarsi alla natura degli animali per giustificare un suo comportamento, altrimenti, poiché gli animali si uccidono, dovremmo logicamente giustificare l’omicidio. Il fatto che nel mondo animale ci siano comportamenti omosessuali non è un buon motivo per imitarli, così come appare più che discutibile la pretesa di standardizzare qualsiasi deviazione rispetto alla normalità.

Al contrario, se è vero che un disturbo, per definizione, è una patologia che contrasta con le naturali finalità del nostro organismo, ci sarebbe piuttosto da discutere su quanto l’omosessualità sia coerente con queste finalità o su quanto possa essere davvero considerata un comportamento specie-specifico dell’essere umano. E su quanto, infine, abbia inciso la discussa derubricazone dell’omosessualità dall’ICD (cfr. manuale diagnostico dell’OMS, International Classification of Disease, 1991) sulla percezione sociale di questo problema e su tutta la discussione che ne è scaturita, fino alle contemporanee leggi-bavaglio.

Uno degli argomenti del movimento lgbt per affermare che l’omosessualità sarebbe “normale” è infatti l’affermazione secondo la quale l’APA, nel 1973, ha cancellato l’omosessualità dal suo manuale diagnostico, il DSM (Diagnostic and Statistic Manual). Pochi però ammettono che questa decisione non è stato il frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica: l’omosessualità fu derubricata dai manuali statistici grazie a una votazione (5.816 voti a favore e 3.817 contro). Non senza ironia il noto psichiatra Irving Bieber, commentò così la votazione del 1973: “Non si può davvero sostenere che la nuova posizione ufficiale riguardo l’omosessualità sia una vittoria della scienza. Non è ragionevole votare su questioni scientifiche come se si trattasse di mettere ai voti se la terra sia piatta o rotonda“.

Proseguire sulla strada dell’emotività e del finto moralismo, dove tutto è lecito, porta a sequele fallaci come questa:

1) si lamenta che considerare persone “non normali” in base ai gusti sessuali è ingiusta discriminazione.

2) si passa a vietare il termine “non-normale” per gli omosessuali.

3) da qui il salto logico: l’omosessualità diventa “normale”.

4) di conseguenza non si vede più perché una coppia omosessuale, in quanto “normale” non possa adottare bambini oppure ottenerli in altro modo (utero in affitto, etc.)

Come sempre, il richiamo all’evidenza è il migliore antidoto contro ogni teoria che più o meno subdolamente miri a falsificare la realtà:

se la relazione omosessuale è normale per l’essere umano, come mai la coppia omosessuale non è strutturalmente in grado di generare?

Ovvero: se “essere omosessuali” è “naturale” e “normale”, come mai dalle coppie omosessuali perfettamente sane – naturalmente e normalmente – non nascono figli?

Alessandro Benigni

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