21/12/2018

Parla don Aldo Buonaiuto: «Vi racconto il dramma della prostituzione e le donne salvate»

Nell’ultimo anno si è parlato spesso di legalità e di sicurezza, argomenti che sono stati peraltro al centro delle elezioni politiche del 4 marzo scorso. Eppure un problema continua a essere sottovalutato. È costituito dal numero sempre più elevato di donne ridotte in schiavitù sulle nostre strade, ragazze giovani costrette a prostituirsi da trafficanti di esseri umani senza scrupoli, che fanno business col loro corpo, anche grazie ai tanti clienti che alimentano il mercato del sesso. Un dramma che coinvolge tutti e interroga profondamente le coscienze. Da anni la Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, lotta per salvare le donne da questa orrenda forma di schiavitù. Tante di queste, grazie all’operato degli eredi di don Oreste, hanno avuto la forza di liberarsi, ma il fenomeno purtroppo stenta a crollare: anzi, proprio grazie ad una domanda sempre crescente alimentata dalla clientela non fa che proliferare. Noi di Pro Vita ne abbiamo parlato con Don Aldo Buonaiuto, che ha raccolto l’eredità di Don Benzi ed è direttore di In Terris, da sempre impegnato in prima linea nel salvataggio delle “donne crocifisse” sulle strade italiane.

Don Aldo, partiamo dai numeri. Quanto è ancora vasto e allarmante il fenomeno della prostituzione nelle nostre città?

«Purtroppo anche quest’anno abbiamo assistito al moltiplicarsi del fenomeno della tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione coatta, dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù di migliaia di donne. Oltre 150.000 sono quelle che stanno sulle strade, ma a queste vanno aggiunte quelle costrette a operare nei cosiddetti “bordelli”, nei night, negli alberghi, negli appartamenti. C’è quindi un mondo vastissimo e drammatico gestito ovviamente dalla criminalità organizzata».

Quali sono le mafie più attive nel campo della prostituzione?

«I racket della prostituzione purtroppo continuano a proliferare. Le mafie più attive sono sicuramente quelle della Nigeria e della Romania, poi seguono quelle della Moldavia, dell’Ungheria, dell’Albania, dell’Ucraina. Sono questi i Paesi da cui partono le schiave destinate alla prostituzione coatta. Le donne che incontriamo sulle strade provengono tutte da questi Paesi. Poi dobbiamo anche evidenziare nell’ultimo periodo un incremento di donne anche italiane che per comprarsi la droga si prostituiscono nelle grandi piazze di spaccio. Anche questo purtroppo è un fenomeno in continua espansione. Ma l’ingiustizia più grande è vedere queste povere ragazze, di cui circa il 37% minorenni, ostaggio degli sfruttatori da una parte e dei clienti dall’altra».

I clienti quanto contribuiscono all’incremento del fenomeno della prostituzione in Italia?

«I clienti sono a tutti gli effetti correi degli schiavisti, nel momento stesso in cui ritengono di avere il diritto di acquistare il corpo di ragazze che potrebbero avere la stessa età delle loro figlie e delle loro nipoti. Questa è la prima grande responsabilità del mostruoso crimine. Sono i clienti che permettono questo grande mercato. Non dimentichiamo che è sempre la domanda a produrre l’offerta. Ecco perché la Comunità Papa Giovanni ha continuato anche nel 2018 a promuovere e diffondere la petizione chiamata “Questo è il mio corpo” (che ha anche un sito collegato “Questo è il mio corpo.org”) per far sì che l’Italia possa finalmente uniformarsi al modello nordico, che punisce non le donne ma i clienti. In questo modo la Svezia ha ridotto notevolmente l’entità del fenomeno. In pratica è reato l’acquisto del sesso non soltanto lo sfruttamento. In Francia due anni fa si sono allineati e chissà che anche in Italia qualcuno si renda finalmente conto che è fondamentale disincentivare la domanda».

Ci sono numeri che fanno capire quanto è vasto il comparto dei clienti?

«Il numero dei clienti oscilla in un anno dai sette ai nove milioni, tutti maschi italiani che vanno sulle strade a comprare il corpo di queste ragazze».

Le donne che voi riuscite a recuperare che tipi di problemi si portano dietro? Problemi fisici o anche psichici?

«Possiamo immaginare cosa possa significare per delle ragazze, quasi tutte al di sotto dei 23 anni, farsi violentare ogni giorno da venti o trenta uomini che le usano e le mercificano. Quindi i danni psichici sono al primo posto. Poi ci sono i danni fisici, perché abbiamo donne che sono state storpiate, vittime di torture, di pestaggi, di stupri. Quindi qualsiasi prostituta esce dalla strada ridotta malissimo sia a livello psichico che fisico. Molte hanno problemi di salute difficili da recuperare».

Avete avanzato anche quest’anno delle proposte di legge per combattere il fenomeno? E come sono state accolte?

 «La nostra proposta di legge, presentata al precedente governo e poi all’attuale, prevede appunto l’attuazione del modello nordico, ossia il contrasto alla domanda. Purtroppo tutto giace in coma nei cassetti del Parlamento. Sembra non interessi a nessuno sollevare questo problema. Non vorrei ci fossero troppe connivenze».

Ultimamente c’è chi è tornato a parlare di legalizzazione della prostituzione, di abrogazione della Legge Merlin. Qual è la vostra opinione?

«La prostituzione non si può legalizzare, perché sarebbe come dire alla propria figlia che quando avrà diciotto anni potrà esporre il proprio corpo in una vetrina al centro della città, con tanto di scontrino fiscale e dichiarando le proprie prestazioni sessuali. Credo sia un obbrobrio associare un lavoro a uno sfruttamento del corpo umano, sostenendo che è naturale venderlo. Rischiamo di tornare alla barbarie. Del resto anche la Germania e l’Olanda hanno dovuto ammettere il fallimento delle politiche di legalizzazione, dopo aver appurato che anche dietro le vetrine c’è il racket della criminalità. Lo Stato non può mettersi dalla parte di chi obbliga le donne a diventare prostitute, ma deve schierarsi unicamente dalla parte di chi le vuole liberare».

Voi di ragazze ne avete salvate tante e molte di queste supportano la vostra attività con azione di testimonianza. Quale il messaggio che le ex schiave lanciano all’opinione pubblica?

«Si tratta di ragazze letteralmente crocifisse, che nel momento in cui riescono a uscire dal proprio dramma e offrono la loro testimonianza, fanno emergere il dolore e lo strazio di chi viene violentato, usato e gettato come un qualsiasi prodotto. Il pensiero va sempre alle ragazze che continuano a stare sulla strada. È commovente vedere queste donne salvate e accolte che hanno sempre una preghiera e un pensiero per quelle che sono ancora schiave e crocifisse, affinché qualcuno le possa liberare da quel giogo».

Americo Mascarucci

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