13/11/2018

Parla Zecchi: «Asia Bibi è l’emblema vivente di un odio religioso che si è fatto legge»

Alle 14 in piazza del Campidoglio il sit-in di solidarietà per Asia Bibi, la donna pakistana di fede cattolica condannata a morte per blasfemia, assolta dalla Corte Suprema ma tuttora a rischio in Pakistan, dove è stata trasferita in un luogo protetto per sfuggire alla furia dei fondamentalisti islamici. La manifestazione organizzata da CitizenGO Italia, ha visto anche l’adesione dell’associazione Pro Vita, oltre che degli esponenti di partiti politici come la Lega e Fratelli d’Italia. Anche Pro Vita indosserà le magliette nere con la lettera “N” in arabo che CitizenGO Italia distribuirà al sit-in, ossia quel simbolo che i miliziani dell’Isis erano soliti segnare sulle case dei cristiani per indicare gli infedeli, destinati al martirio. Noi di Pro Vita abbiamo chiesto un commento allo scrittore e giornalista Stefano Zecchi già ordinario di estetica presso l’Università degli Studi di Milano.

Cosa pensa del sit-in in programma a Roma a sostegno di Asia Bibi?

«Questo tipo di iniziative spesso lasciano il tempo che trovano, ma in questo caso devo dire che si tratta di una manifestazione molto utile, se non altro perché punta l’attenzione sul grado di aggressività che c’è in certa parte del mondo islamico, dove si continua a rischiare la vita perché si professa una fede diversa. E in questo caso a minacciare la libertà di fede non sono i terroristi, ma il governo stesso con il ricorso a una legge sulla blasfemia che paradossalmente rende legale la discriminazione religiosa. Questo è intollerabile e va gridato».

C’è chi chiede che l’Italia conceda l’asilo politico ad Asia Bibi. Lei sarebbe favorevole?

«Credo che sarebbe un gesto straordinario utile a dimostrare l’alto tasso di civiltà del nostro Paese. L’Italia è civile nel momento in cui accoglie le differenze religiose, ma lo è anche nel difendere il diritto alla libertà religiosa di chi, come Asia Bibi, è perseguitata a causa della propria fede. Vede, purtroppo ai giovani manca una cultura delle differenze, molti non sanno nemmeno la differenza fra l’essere cristiani o musulmani se non in modo generico. Invece è importante che siano educati alla conoscenza delle culture diverse anche per capire come il fondamentalismo generi mostri. Asia Bibi è l’emblema vivente di un odio religioso che si è fatto legge, cosa che da noi sarebbe impensabile, mentre in certe parti del mondo non soltanto è lecito, ma è addirittura una prassi».

C’è chi dice che la vicenda di Asia Bibi interroghi anche l’Occidente che con troppa superficialità ritiene di poter integrare le culture diverse, favorendo l’immigrazione e il multiculturalismo. È d’accordo?

«L’integrazione ritengo sia già ampiamente fallita. Questa di norma dovrebbe basarsi sul rispetto reciproco che però non esiste».

In che senso?

«Nel senso che noi siamo chiamati ad accogliere e far sentire il musulmano a casa, consentendogli di poter conservare la propria fede professandola liberamente. Ma se ciò avviene rinunciando alle nostra tradizioni, allora significa che l’integrazione è fallita. Se per integrare l’islamico a scuola o sui luoghi di lavoro io sono obbligato a rimuovere i crocifissi, i presepi, a proibire le recite natalizie, a ignorare che l’Italia è un Paese con solide radici cristiane, fino a negare persino a un prete di mettere piede dentro un istituto scolastico per benedire le classi, allora non abbiamo capito nulla. Perché integrazione significa mantenere la propria identità, rispettando quella del Paese ospitante. Devono essere gli altri ad accettare la nostra civiltà se hanno davvero l’intenzione di integrarsi. Civiltà significa accogliere, non cancellare le tradizioni. Nessuno deve imporre nulla all’altro, ma l’altro non deve pretendere null’altro che il diritto ad essere accolto e rispettato».

Americo Mascarucci

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