11/02/2019

Pornografia in rete. Parla Gandolfini: «Una tassa per l’accesso ai siti equivoci»

La pornografia in rete è una piaga senza precedenti, in primo luogo perché esposta senza controlli alla fruizione di minori. Quale via di uscita? Più che nella censura, la soluzione sta nell’educazione. Ad affermarlo, a colloquio con Pro Vita, è il presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, Massimo Gandolfini. Il neurobiologo e psichiatra è stato tra i relatori del convegno Pornografia, minori e sicurezza in rete, ospitato giovedì scorso in Senato e promosso dal senatore Simone Pillon, vicepresidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza.

Tra gli altri partecipanti al dibattito: Lorenzo Fontana, Ministro per la Famiglia e la Disabilità; Filomena Albano, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza; Nunzia Ciardi, Direttore Polizia Postale e delle Comunicazioni; Domenico AiromaSostituto Procuratore del Tribunale Napoli Nord e vicepresidente Centro Studi Rosario Livatinodon Aldo Buonaiuto, esponente dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Presenti anche alcuni rappresentanti di colossi del web e della telefonia mobile, come Google, Tim, Vodafone, Wind. A introdurre i lavori, il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Gandolfini, quali sono stati i contenuti del convegno? A quali conclusioni siete pervenuti?

«Abbiamo realizzato un evento straordinariamente importante, che ha riscontrato grande partecipazione. I numeri della pornografia in rete sono impressionanti: grazie agli smartphone, molti minori iniziano ad accedere a contenuti pornografici già in tenera età e intorno ai 9-12 abbiamo il primo picco. Secondo quanto dichiarato da Youporn, Milano e Roma sono rispettivamente al primo e al secondo posto tra le città italiane nella fruizione della pornografia online. Siamo quindi di fronte a una vera e propria emergenza sociale e antropologica. Sfruttare immagini, significa sfruttare persone che diventano pornodipendenti, in una spirale di consumo e di morte veramente impressionante. Abbiamo voluto alzare il sipario su questa perversione e lanciare un messaggio affinché la politica e la società facciamo qualcosa per porvi un limite».

Le famiglie italiane sono molto preoccupate per il dilagare della pornografia in rete: che speranza si può trasmettere loro?

«Come popolo del Family Day, stiamo facendo di tutto per aiutare le famiglie e ci poniamo al loro fianco. Siamo disponibili a qualunque proposta utile per fermare questa piaga. Al tempo stesso, stiamo facendo pressing sulle forze politiche e sul Parlamento, affinché siano elaborate delle strategie dissuasive che possano porre un freno al fenomeno. Certamente i social network hanno una responsabilità enorme: ci è stato che, avendo queste società sede all’estero, in particolare dagli USA, è quasi impossibile bloccare i loro contenuti. Si può invece evitare la fruizione sul territorio nazionale. Tutto quello che si può fare, si deve fare. Non serve a nulla farsi prendere soltanto dallo sbigottimento, dall’amarezza, dalla preoccupazione, bisogna prendere anche delle contromisure: è ciò che stiamo cercando di portare avanti, a livello sia governativo che parlamentare. La pornografia è una droga e, come tale, dà dipendenza, quindi, una possibilità – forse non risolutiva ma sicuramente da prendere in considerazione – è quella di imporre una tassa che limiti l’accesso a questi siti per i minori: 20-30 euro sono tanti per un adolescente. Queste cifre non andrebbero a fare cassa ma sarebbero utilizzate per alimentare qualunque altra iniziativa che possa bloccare la pornografia in rete. Poi, naturalmente, c’è un grande lavoro culturale da portare avanti: siamo stati assai soddisfatti della presenza al convegno di molti studenti dei licei romani, accompagnati dai loro avveduti e virtuosi insegnanti, presidi e dirigenti scolastici. In questo modo i giovani sapranno che la pornodipendenza determina anche condotte sessuali perverse, che possono aprire la strada a comportamenti criminali e punibili penalmente come la pedofilia o lo sfruttamento della pedopornografia».

Un altro problema legato al rapporto tra minori e internet è il cyberbullismo. Spesso questo fenomeno è stato strumentalizzato per campagne contro l’omofobia in ambito adolescenziale. Qual è la posizione del Comitato Difendiamo i Nostri Figli?

«Ribadisco che l’introduzione di materiale scolastico che promuova l’educazione di genere e l’indifferentismo sessuale, non solo pregiudica la costruzione di una personalità armonica e coerente con la propria sessuazione biologica ma apre anche alla tragica idea che il genere può essere liberamente scelto, con tutte le condotte sessuali che ne derivano. Troviamo che tutto questo sia un vero e proprio veleno culturale. Da questo punto di vista, sia da parte del Miur che del Ministro Fontana, abbiamo trovato massima disponibilità alla promozione di un’educazione sicura e rigorosa, al fine di arginare questo tragico trend culturale e sociale. Da parte loro c’è davvero una collaborazione convinta, per cercare di fermare questa tendenza. Tutto ciò non deve avere nulla a che fare con la lotta contro le discriminazioni. Il bullismo e le altre discriminazioni devono essere condannati sempre e comunque, indipendentemente dal terreno del comportamento sessuale. Nessuna persona deve essere oggetto di bullismo. Questo, però, non deve diventare un cavallo di troia e un pretesto per fare sdoganare modelli educativi che, di fatto, anche per la dipendenza che creano nella ricerca di forme sessuali sempre più “aperte”, non fanno altro che demolire ulteriormente la personalità dei bambini».

Luca Marcolivio

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