11/10/2013

Promuovere l’infanticidio

Siamo ben consapevoli del dilagare del suicidio assistito in Olanda. Ciò che alcuni potrebbero non sapere è che fra le vittime vi sono anche bambini neonati. Il commento che segue di Wesley Smith è stata pubblicato nell’edizione di marzo 2008 del National Right to Life News, ma è una lettura tutt’oggi necessaria perché drammaticamente attuale

L’approvazione dell’infanticidio sta manifestando una tendenza di crescita positiva. Dove un tempo sostenere l’uccisione di bambini nati con difetti congeniti rappresentava una posizione marginale, oggi è diventato atteggiamento encomiabile e persino maggioritario dopo che i medici del Centro Medico dell’Università di Groningen in Olanda hanno ammesso nel 2004 di aver fatto ricorso all’eutanasia per bambini morenti o gravemente disabili nei termini di ciò che si è chiamato il “Protocollo di Groningen”.
Il Protocollo consente ai medici di somministrare un’iniezione letale a tre categorie di neonati malati o disabili:
Se il bambino non ha speranze di sopravvivenza (anche se talvolta è una falsa diagnosi).
Se il bambino “può sopravvivere dopo un periodo di cure intensive ma le aspettative per il futuro sono  particolarmente infelici” (ma loro non hanno la sfera di cristallo… NdT).
Se il bambino “non dipende dalla tecnologia per la stabilità fisiologica” ma “la sua sofferenza è grave, sostenuta e non può essere alleviata.”
Ciò significa che non solo ai bambini morenti viene somministrata un’iniezione letale, ma anche ai bambini con gravi disabilità che non necessitino di cure intensive.

Quando la notizia del Protocollo è apparsa sulla stampa americana, alcuni dei più prestigiosi giornali e periodici professionali si sono precipitati a prenderne le difese. Non sorprende che la carica sia stata guidata dall’allora bioeticista utilitarista dell’Università di Princeton Peter Singer, che difese il Protocollo sul Los Angeles Times, equiparando l’iniezione letale ai bambini alla sospensione dei trattamenti di sostegno vitale, pur se alcuni dei bambini uccisi secondo Groningen non richiedessero cure intensive [ricordiamo che Singer è quello che recentemente ha sostenuto che una “moderata attività pedofila” si dovrebbe tollerare, NdT].

Il 19 marzo 2005, il New York Times riportava un articolo molto solidale con il Protocollo, A Crusade Born of a Suffering Infant’s Cry (Una crociata nata dal pianto di un bambino sofferente), il ritratto rassicurante di uno dei leader del movimento olandese infanticida, il dott. Eduard Verhagen, “un padre di tre bambini che ha trascorso anni nell’assistenza a bambini malati nei paesi sottosviluppati”. L’articolo lamenta che “Per i suoi sforzi a porre termine a ciò che chiama la loro insopportabile e incurabile sofferenza, il dott. Verhagen è stato chiamato dott. Morte, un secondo Hitler e peggio, soprattutto dagli oppositori americani dell’eutanasia”. Povero piccolo.

Il 10 marzo del 2005, il New England Journal of Medicine offre in prestito il proprio prestigio a due medici olandesi, permettendo loro di spiegare spassionatamente ai lettori della rivista come il Protocollo di Groningen miri a “sviluppare norme” per l’infanticidio. Possiamo confrontare questa farsa con Medical Science under Dictatorship (La scienza medica sotto la dittatura), un articolo del NEJM 1949 del Dr. Leo Alexander, che ha indagato i crimini medici dell’Olocausto a Norimberga e che ha avvertito profeticamente:

Divenne evidente a tutti gli inquirenti che, qualunque dimensione tali crimini [l’eutanasia dei disabili in Germania] abbiano alla fine assunto, hanno avuto inizio da piccoli elementi. Agli inizi solo un sottile cambiamento di tono nelle attitudini di fondo dei medici. È iniziato con l’accettazione dell’atteggiamento di base del movimento per l’eutanasia: che esista una cosa come una vita non degna di essere vissuta”.

E ora, in Ending the Life of a Newborn (Porre termine alla vita di un neonato) lo Hastings Center Report, una importante rivista di bioetica mondiale, ha appena pubblicato un altro articolo favorevole al Protocollo di Groningen, concedendo ancor maggiore appoggio all’infanticidio olandese nell’intellighentzia della bioetica. Gli autori, due bioeticisti uno olandese e l’altro americano, difendono non solo l’iniezione letale ai bambini morenti, ma anche ai disabili, scrivendo: “I critici obiettano che il Protocollo non identifica con successo quale bambino morirà. Ma sono proprio quei bambini, che potrebbero continuare a vivere, ma le cui vite sarebbero infelici all’estremo, ad aver più necessità degli interventi per i quali il Protocollo offre una guida”.

L’articolo presuppone che le linee guida proteggano contro gli abusi, ma l’infanticidio è abuso per definizione. Inoltre, anche se praticato in buona fede, le linee guida olandesi sull’eutanasia per adulti e bambini sono state continuamente violate senza conseguenze penali per decenni, e quindi perché dovrebbe un qualunque osservatore ragionevole aspettarsi qualcosa di diverso da una regolamentazione dell’infanticidio? Persino gli autori comprendono che ci saranno errori e, tipico della mentalità, si suppone che, se l’omicidio degli indifesi è praticato innanzi a una finestra aperta, sia in qualche modo più accettabile:

Determinare in un caso specifico se il protocollo sia applicabile richiederà sempre un giudizio, e perché la posta in gioco è straordinariamente alta, indipendentemente da ciò che si decide, il giudizio deve essere dato con timore e tremore. Ciò detto, però, crediamo che la trasparenza nelle decisioni riguardanti la fine della vita di un bambino, che è altrettanto importante come lo è nelle decisioni concernenti l’eutanasia negli adulti, sia adeguatamente garantita dai requisiti del protocollo“.

Non molti anni fa, quasi tutti riconoscevano che l’infanticidio è intrinsecamente e originariamente sbagliato. Evidentemente, questo non è più vero. Con lo sviluppo di una teoria della persona che nega il valore intrinseco della vita umana, e con l’etica invidiosamente discriminatoria della “qualità della vita” che permea i più alti livelli del pensiero medico e bioetico, ci stiamo muovendo verso un sistema sanitario in cui i bambini vengono abbattuti come cani e uccidere è ridefinito come atto assistenziale.
Ma il fanatismo è fanatismo e l’omicidio è omicidio, anche se si scrive “c.o.m.p.a.s.s.i.o.n.e.”

Traduzione a cura di Giovanni B. Reginato

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da National Right to Life in lingua inglese

Fonte: National Right to Life

Festini

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