03/07/2017

Se muore Charlie, vuol dire che è morta la democrazia

La vicenda di Charlie Gard offre spunti di riflessione molto seri. Insistiamo ad offrirne ai nostri Lettori, perché è nostro dovere (nostro di tutti, di chi scrive e di chi legge) essere vigili e consapevoli della deriva in cui ci stiamo facendo travolgere.

Alfredo Mantovano, del Centro Studi Rosario Livatino, ci fa riflettere:  «Charlie è piccolo e gravemente ammalato: ma mostra la deriva di morte in cui, con l’avallo di giudici nazionali e di una Corte che si richiama ai diritti, siamo precipitati in Occidente

E’ la prova, infatti, non solo del principio che muove i sistemi sanitari dei paesi pseudo-democratici «l’ideologizzazione dell’impiego delle risorse. Si negano chemioterapici a pazienti anziani, perché costano e non ne vale la pena vista l’ età, ma si finanzia la fecondazione artificiale di tipo eterologo».

In questo caso,  infatti, i soldi ci sono. Ce li hanno i genitori di Charlie, grazie alla raccolta fatta on line che gli ha fruttato, quasi un milione e mezzo di sterline. Allora perché l’Ospedale rifiuta di lasciar andare Charlie? Perché rifiuta perfino di lasciarlo andare a morire a casa sua? «Dovrebbero rispondere i responsabili dell’Hospital, che invece tacciono... Qui si va oltre l’uso ideologico delle risorse sanitarie: vi è una pervicacia di morte. I responsabili dell’ospedale affermano con i fatti, pur senza parlare: quel bambino deve morire perché lo abbiamo stabilito noi, né i genitori né altri hanno titolo a interloquire».

E’ la morte non solo di Charlie, ma anche della democrazia: se Charlie viene ucciso, essa si dimostra una parola vuota, un concetto formale che non ha portata sostanziale, neanche nei paesi come il Regno Unito dove si vota a suffragio universale, considerati da molti storici la “culla della democrazia”.

L’Italia, “repubblica democratica” secondo l’art.1 della nostra Costituzione, non sta messa meglio.

Sempre Mantovano, spiega su Tempi che  in Italia per far fuori un qualsiasi Charlie Gard «sono sufficienti le prassi già in vigore: sono state fatte delle scelte di tipo ideologico che non orientano le risorse alla tutela della salute dove è necessaria, ma alla tutela dei desideri. [si veda la fecondazione artificiale, anche eterologa, che grava sulla magre risorse del nostro SSN, ndR]. Per questo dico che se di una legge c’è necessità oggi non è certo quella sulle Dat, ma una legge che torni a individuare delle priorità giuste, fondate sul rispetto della persona».

In sostanza: oggi si nega agli anziani la chemioterapia: perché è accanimento terapeutico, dicono alcuni. Perché il costo è sproporzionato al risultato, dicono altri:

a che serve allungare di un anno la vita di un anziano?

Il confine tra le due fattispecie è molto sottile. Di fatto la seconda impostazione spesso comporta che vengano negate le cure agli anziani anche quando non si tratterebbe di vero accanimento terapeutico...

Redazione


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