20/11/2018

Silvana De Mari e il suo “no” all’anonimato dei venditori di sperma

Forte e chiara si è levata, in questi giorni, la voce di Silvana De Mari che, dalle pagine del quotidiano La Verità ha lanciato, senza esitazione, la proposta di una moratoria internazionale perché sia vietato l’ anonimato dei “donatori”, o sarebbe meglio dire venditori, di sperma.

La questione della fecondazione in vitro, infatti, pone una serie di problematiche, oltre che di ordine etico anche di ordine biologico e di ereditarietà genetica. Ci riferiamo in modo particolare alla questione della “donazione” dello sperma perché, incredibile ma vero, persino nell’industria che fabbrica le persone, dove tutto sembra essere perfettamente studiato, pianificato, secondo una catena di montaggio implacabile (vendita di ovuli – vendita di sperma – utero in affitto) e dove ogni singolo, agghiacciante, passaggio viene giustificato alla luce di una mentalità buonista che trasforma un grave atto di crudeltà, come quello di mettere deliberatamente al mondo orfani di padre o di madre, in un atto d’amore, qualcosa può andare storto.

Il caso concreto riportato dalla De Mari, a cui alludiamo, fa riferimento a una vicenda del 2015, ma l’episodio citato dalla dottoressa è solo esemplificativo di una moltitudine di situazioni simili verificatesi in questi anni che stanno diventando allarmanti per la loro gravità e per la frequenza con cui si verificano. In questo caso specifico, stiamo parlando di un “donatore” di sperma danese, portatore di una malattia genetica, la neurofibromatosi di tipo 1, dolorosissima, progressiva, inguaribile e potenzialmente mortale che sarebbe stata rilevata, nel 2015, da una donna diventata madre proprio acquistando lo sperma di un “donatore”, guarda caso danese, su un sito internet e che avrebbe visto manifestarsi la stessa malattia nel proprio figlio.

L’aspetto ancora più inquietante della vicenda consisterebbe nel fatto che, da un’indagine, sarebbe emerso che almeno 100 bambini sarebbero figli biologici di quest’uomo e dunque potenzialmente a rischio di ammalarsi della sua stessa, terribile, patologia ma, per l’anonimato garantito ai “donatori” che li solleverebbe da ogni genere di responsabilità, i figli di quest’uomo, non avendo la possibilità di conoscere e verificare il nome del proprio padre, non avrebbero nemmeno la possibilità e il diritto a una diagnosi e quindi a un’eventuale cura tempestiva. Per questo motivo, la De Mari, sulle pagine de La Verità sottolinea come i test medici eseguiti sui “donatori” non possano limitarsi solo all’Aids e all’epatite, considerato che le malattie genetiche sono innumerevoli. Per non parlare poi del fatto che spesso i venditori di sperma, pur di ottenere il compenso promesso dalle agenzie per la “donazione”, mentono sulle proprie reali condizioni di salute nascondendo talvolta anche seri problemi mentali, come schizofrenia, bipolarismo e narcisismo.

Insomma, alla luce di tutto questo (ma si potrebbero versare fiumi di inchiostro per elencare anche gli inquietanti risvolti etici legati a questa assurda pratica) la De Mari invoca una moratoria internazionale per vietare l’anonimato dei venditori di sperma perché «L’ interesse superiore del minore è conoscere il padre, conoscerne il nome e il viso, incontrarlo…»; insomma perché, essendo impossibile, oggi, immaginare l’abolizione di una pratica intrinsecamente cattiva come questa, si tenti almeno di circoscriverla a uomini, non solo sani, ma che abbiano il coraggio poi di presentarsi come il padre di un bambino venuto al mondo con la fecondazione  eterologa...

Manuela Antonacci

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