05/03/2017

UNAR, Anddos, orge gay... il buio in una stanza!

Il servizio de Le Iene del 20 febbraio non ha solo denunciato lo scandalo di fondi pubblici destinati ad associazioni che alimentano il business del sesso gay, ma ha anche scoperchiato un vaso d’ipocrisia. L’UNAR, struttura pubblica istituita al fine di «contrastare ogni forma di discriminazione fondata sull’appartenenza etnica e religiosa», e per legge solo quelle, nel tempo ha esteso la sua azione anche al filone omosessuale, finanziando circoli LGBT.

Questi circoli, come rivelato dalla fonte anonima intervistata nel servizio, sono locali a pagamento che, grazie all’etichetta di associazione di promozione sociale «senza fini di lucro», evitano di pagare le tasse sull’ingresso, sulle bibite e sui massaggi che vi si consumano. Coperto dalla retorica della lotta all’omofobia e della liberalizzazione sessuale, un mondo di stanze buie (dark room) e di labirinti, in cui vagano pezzi di umanità, si agita alla ricerca dell’orgasmo a buon mercato.

Sul portale di una di queste associazioni (che, come rivelato da ProVita qui, sarebbe proprio quella incriminata nel servizio) alla voce circoli si legge: «Sono luoghi sicuri, pensati per il tuo benessere, dove potrai condividere esperienze, trovare accoglienza, manifestare appieno la tua sessualità ed essere pienamente te stesso». In realtà, come ha dichiarato in un’intervista ad Andrea Zambrano su La Nuova Bussola Quotidiana Luca di Tolve, autore del libro Ero gay, «giovani fragili, inesperti, a cui nessuno spiega nulla dell’amore umano, del progetto di Dio, del dolore e della sofferenza. Entrano nei locali mostrando la tessera dell’associazione di appartenenza, che garantisce l’esclusività del club e vengono dotati di preservativi a vagonate. Poi per loro inizia la giostra infernale tra glory holes, labirinti e sling room, tra saune promiscue e sale massaggi dove l’obiettivo finale è quello di usarsi senza relazioni. Solo sesso. Solo disperazione».

Il sesso ridotto ad una macelleria di membri scorporati, a coiti disanimati, là dove il buio serve a dissimulare le identità personali e a sotterrare il bisogno di amore nei gorghi di amplessi occasionali. Perché le tenebre non sono tanto il peccato moralisticamente inteso, ma sono l’incapacità di relazione, il cancellare il nome e il volto, quel volto d’altri che, come scriveva E. Lévinas, «distrugge ad ogni istante ed oltrepassa l’idea a mia misura», a mio consumo, quel volto che esprime l’inviolabilità della persona, la sua incoercibilità in ogni disegno che la riduca, che voglia impossessarsene. Deprivato di ogni potenzialità di incontro, vi si svolge un sesso desolante, che condanna all’irriconoscibilità, all’anonimato, alla spersonalizzazione. Conati inesprimibili di un’umanità inquieta alla ricerca di un amore improbabile, dannata da una quotidianità fatta di dolore e riservatezza.

«All’interno di questi circoli non nasce mai l’amicizia. Tutto è finalizzato al sesso […]. Non esiste la relazione umana», dice ancora Luca Di Tolve rispondendo all’intervistatore. Non c’è tempo per fermarsi a parlare o solo per guardarsi in faccia. La frenesia del consumo ammattisce ogni esitazione.

«Sarebbe sbagliato identificare così tutto il mondo omosessuale», ma resta che questa mancanza di relazione va al cuore dell’ontologia dell’umano, nel momento in cui interdice la diversità sessuale, l’essere maschio e femmina. Locali per soli uomini, senza il femminile, laddove non arriva la graziosità, la tenerezza premurosa e attenta, quella fantasia che colora di profumi la vita, il vezzo e la leggiadria. Il tutto internato nell’olezzo di corpi goffi e madidi. Nessun gesto di tenerezza, di affetto, di delicatezza: ovunque possesso. Nessuna pace o felicità intatta, ma intimità violate in un’esecuzione, più che fisiologica, meccanica del sesso.

«La massima sventura è la solitudine tant’è vero che il supremo conforto, la religione, consiste nel trovare una compagnia che non inganna, Dio», scrisse un giorno Cesare Pavese che con Dio ebbe un difficile rapporto. «Tutto il problema della vita – scriveva ancora – è questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri». Ed è questo forse che può portare a confondere la purezza dell’amore con la dissolutezza del dominio, della sottomissione, della violenza, della brutalità. Perché l’intimità dell’amore non può essere violata, ma solo donata, in quanto solo col dono d’amore la diversità e l’originalità insite in ogni persona si sciolgono e si effondono nell’umanità come un profumo primaverile.

Clemente Sparaco


 


AGISCI ANCHE TU! FIRMA LE NOSTRE PETIZIONI

NO all’eutanasia! NO alle DAT!

#chiudeteUNAR


Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.