17/04/2018

Uomo, dove sei? Una “chiamata alla battaglia”

Una ‘chiamata alla battaglia’, affinché l’uomo contemporaneo recuperi la sua dimensione virile, di guida amorevole, di custode responsabile

Dov’è finito l’uomo? Viene in mente il passo biblico in cui Dio chiede ad Adamo: «Dove sei?» (Gen 3,9). Nel Giardino dell’Eden, il primo uomo si nascondeva a causa del peccato. Oggi, invece, lo speci co maschile si nasconde anche per altri motivi.
In primo luogo, a causa del femminismo, che talora, all’inizio, ha sollevato istanze per certi versi accettabili, poi ha straripato, costringendo l’uomo ad arretrare, puntando sui sensi di colpa ‘pariopportunisti’.
In secondo luogo, a causa del dottor Spock e degli esperti che, come lui, hanno chiesto ai padri di educare i figli in modo permissivo (la marcia indietro è stata tardiva e non ha prodotto frutti apprezzabili).

In terzo luogo, a causa dei mutamenti sociali e tecnologici che hanno chiesto all’uomo di fronteggiare sfide impegnative e problemi (crisi, disoccupazione), senza però dargli un adeguato sostegno. Infine, a causa dell’ideologia gender (connessa al femminismo radicale), che vuole erodere i fondamenti stessi dell’identità maschile e femminile per dare vita a un individuo di genere neutro, al di là delle dimensioni sessuate che sono e saranno sempre solo due.

Il risultato? L’uomo ha smarrito se stesso, perdendo in autorevolezza, responsabilità, capacità di proteggere la famiglia. Certo, esistono le eccezioni (i tanti uomini impegnati in favore delle iniziative per difendere la famiglia lo dimostrano): al tempo stesso, però, ognuno può costatare quanti uomini conducono la loro esistenza cristallizzati in un’adolescenza perenne, incapaci di indicare la strada e di prendere per mano.

Qualcuno ha parlato di “crisi del padre”: è vero, ma, prima ancora della gura paterna, è entrata in crisi la virilità, intesa qui come la “qualità propria dell’uomo forte, sicuro di sé e risoluto, coraggioso, che si manifesta nelle sue azioni” (dal dizionario Treccani).

Attualmente all’Adamo moderno viene suggerita una via per ritrovare se stesso: l’armonizzazione della parte maschile e femminile.

Così molti uomini «non sanno che il loro ‘essere uomini’ va costruito giorno per giorno, attraverso un costante dialogo fra la parte maschile (razionale) e femminile (emozionale). Ma è proprio questa determinazione a non arrendersi alla fatica del ‘dibattito interiore’, e anzi a tenerlo vivo pur nelle dif coltà della vita, il centro dell’identità di un uomo moderno. Per chi lo vuole, questa possibilità di crescita si presenta nella vita di ogni giorno» (Maschi in crisi d’identità, Riza.it). Il punto è, però, che questa strada, oltre ad essere oggettivamente complicata, sembra ambigua in partenza: esiste davvero una parte femminile nell’uomo, o è solo un’ipotesi glia delle teorie che tendono a mascolinizzare le donne e a femminilizzare gli uomini?

Anche la Chiesa si interroga sul problema dello smarrimento dell’uomo contemporaneo. Il vescovo americano Thomas Olmsted, di Phoenix, ha scritto una lettera alla sua diocesi e incoraggiato la produzione di un cortometraggio, chiamato significativamente A call to battle, perché combattere (per proteggere) dovrebbe essere la vocazione dell’uomo. Il filmato si apre con un monito: «Non sei stato creato per la comodità, sei stato creato per la grandezza».

Attualmente all’Adamo moderno viene suggerita una via per ritrovare se stesso: l’armonizzazione della parte maschile e femminile.

Mai in tutta la storia dell’umanità – in così poco tempo – si sono viste tante spose senza sposo e tanti figli senza padre. Perché l’uomo ha perso le coordinate per essere un vero sposo e padre. Da qui l’invito agli uomini perché capiscano che l’amore è sacrificio e autocontrollo, perché si confrontino spiritualmente e fraternamente con altri uomini e si impegnino a diventare virili come Dio li ha voluti. Attendiamo fiduciose la risposta.

Claudia Cirami

Fonte: articolo pubblicato sulla rivista Notizie ProVita di marzo 2016, p. 26

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