11/09/2018

Utero in affitto: la Spagna vuole legalizzarlo

In Spagna si è acceso il dibattito sull’utero in affitto, a seguito della proposta di legalizzazione promossa dal partito Ciudadanos-Partido de la Ciudadanía che, per bocca del suo presidente Alberto Rivera Diaz, ha affermato che il raggiungimento di questo intento sarebbe – riporta Il Giornale – «un passo avanti come l’aborto e il matrimonio gay».

L’intento del partito, che in tutta la Spagna conta circa 150.000 mila membri, è quello di presentare una proposta di legge per legalizzare la pratica dell’utero in affitto entro l’anno, per far sì che la Spagna diventi a tutti gli effetti un «Paese moderno».

Ma cosa significa essere “moderni”? Forse uccidere i bambini nel grembo materno con l’aborto, sovvertire il concetto di famiglia e consentire che i bambini vengano considerati alla stregua di oggetti e le donne sfruttate?

Oltre a questo, in ossequio al decalogo del politically correct, Rivera Diaz ha anche affermato che la proposta di legalizzare l’utero in affitto è di matrice «altruistica». Altruistica per chi? Per i bambini che vengono scientemente privati della loro mamma? O per le donne che vendono il loro corpo, accorgendosi più tardi dell’errore compiuto (qui una testimonianza molto forte di una bis-“mamma surrogante”)?

La realtà è che accogliere un figlio è un gesto altruistico (si donano il proprio corpo, le proprie energie, il proprio tempo, le proprie risorse economiche, etc.), mentre comprarlo è un atto di puro egoismo: un bambino non è un diritto, è un dono e, proprio in quanto tale, non è scontato nemmeno per le coppie eterosessuali, che trovano iscritta nella natura la loro fertilità, figuriamoci per coppie non preordinate a generare (non si può neanche parlare di sterilità, per le coppie gay: la sterilità è una sorta di patologia,  laddove c’è un meccanismo che non funzione. Due persone dello stesso sesso hanno lo stesso grado di fertilità delle pietre, per intenderci).

Tornando alla Spagna, la proposta del Ciudadanos-Partido de la Ciudadanía non ha lasciato indifferenti le Femen, che sabato 8 settembre hanno protestato – ovviamente seminude – durante una riunione del partito svoltasi a Malaga. Sulla pancia delle due attiviste la scritta: «La mia pancia non si affitta!». Su Twitter, poi, il gruppo ha esplicitato ancora meglio la propria posizione: «Femen contro Albert Rivera e la sua politica a favore dell’utero in affitto. Lo sfruttamento non è un’opzione». Come dire, il motto «l’utero è mio e lo gestisco io» non tramonta mai, ma almeno in questo caso viene utilizzato in favore di donne e bambini, e non contro di loro, come accade invece nel momento in cui si parla di aborto.

Teresa Moro

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